Beatriz's P.O.V.
"Deve essere stato difficile per voi abbandonare la vostra famiglia, signorina Mendoza" le aveva detto Catherine durante il colloquio per la sua assunzione. L'aveva fissata per qualche minuto e poi si era raddrizzata sulla sua sedia "Non ho tempo per i soliti convenevoli. Ora dovete essere sincera: mi garantite che non siete entrata in America clandestinamente? Che non avete la polizia alle spalle?" Le aveva domandato la donna.
Beatriz aveva annuito seria: "Ve lo garantisco. Non mi permetterei mai di chiedere lavoro se ci fosse anche la minima possibilità di mettervi in pericolo." Le aveva risposto seria.
Tutte menzogne. Beatriz era venuta dalla Spagna con una nave da carico. Era riuscita ad infiltrarvisi di notte e la mattina dopo era partita. Il motivo? Semplice. La sua famiglia era troppo povera per sopravvivere, e aveva pensato che forse in America avrebbe avuto più possibilità.
Aveva riflettuto molto sulla sua partenza. Ogni giorno andava in biblioteca per imparare a parlare inglese, e alla fine di un mese aveva appreso le conoscenze necessarie per diventare una donna delle pulizie. Bisogna ammettere che in un'altra epoca, in un'altra realtà, forse in un'altra vita, la ragazza sarebbe davvero potuta diventare qualcuno. Era dotata di quella fredda mente calcolatrice che non si può acquisire nel corso del tempo. Bisognava nascerci.
Era stata sua nonna a darle l'idea di imbarcarsi su una nave da carico. Era stata lei a crescerla, insieme a i suoi dieci fratelli. Sua madre non era mai a casa. "Lavorava", o almeno come lei affermava. Sarebbe forse troppo scontato aggiungere che né lei né i suoi fratelli conoscevo il padre, e Beatriz sospettava che nemmeno sua madre lo sapesse.
Abuela... la sua dolce nonna... la donna più dolce e affascinante che avesse conosciuto. Quanto le mancava.
Entrambe costudivano un segreto.
***
<<Come fa a fare così freddo?>> mi dico mentre ritorno alla casa dei miei padroni. Sono stata davvero fortunata. Solitamente, ho sentito dire, i debutti in società si prolungano fino a tarda serata, perciò ho avuto tutta la sera libera. Sto per infilare la chiave nella toppa della porta quando noto che è rimasa socchiusa... ero sicura di averla chiusa a chiave.
La apro lentamente, e per poco non tiro un urlo: un uomo è seduto sulla poltrona in salotto.
La chiave mi cade a terra accompagnata da un suono metallico.
L'uomo sobbalza e si alza di colpo. Si gira verso di me e, anche se la stanza è illuminata solo dalla luce smorzata della luna, noto che è Will.
Rimaniamo immobili a fissarci per vari secondi, indecisi sul da farsi. Dalla sua espressione capisco che non dovrebbe trovarsi qui, e penso che dal mio sguardo terrorizzato lui riesca a cogliere che non posso uscire di notte.
Mi schiarisco la voce:
<<Siete tornato da tanto?>> gli chiedo imbarazzata. Ma che domanda è??
<<Circa un quarto d'ora fa.>> risponde lui.
<<In carrozza?>>
<<No>>
<<Siete tornato camminando??>>
<<Volevo fare una passeggiata.>>
"Una passeggiata di sei chilometri!" Vorrei dire, ma mi trattengo.
Il silenzio cala di nuovo fra di noi.
<<Volete una tazza di té?>> gli domando.
Lui sembra rifletterci un attimo e poi annuisce stanco.
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Unknown
General FictionCosa potrebbe succedere se le persone si accorgessero che i sogni sono qualcosa di vivo? 1885 Yuki Watson un tempo viveva in Canada, a Toronto. Un tempo sua madre era viva. Ma quando aveva dodici anni lei se ne è andata dalla sua vita. Morta nel so...