CAPITOLO III

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Non ci volevo credere: un perfetto sconosciuto era in camera mia, seduto a gambe incrociate, proprio sopra l'armadio. Ma soprattutto era lui, il ragazzo con la felpa, lo stesso ragazzo che avevo visto durante la partita e lo stesso dell'incidente con Ryan.

Inutile dire che finii per svenire.

Mi risvegliai la mattina successiva con un forte mal di testa e persi addirittura un giorno di scuola da quanto dormii.

Guardai per qualche secondo il cellulare appoggiato sul comodino; mi saltò subito all'occhio il messaggio di Merith: era preoccupata perché mi ero dimenticata di avvisarla una volta arrivata a casa. Sicuramente era in collera con me, inoltre avevo anche saltato scuola quel giorno, in effetti avrebbe potuto pensare mi fosse successa qualsiasi cosa: che fossi morta, che non fossi mai arrivata a casa, insomma, tutte cose negative. Decisi così di mandarle un messaggio vocale per rassicurarla

- Ciao Merith, scusami, ieri notte sono crollata e non sono riuscita a mandarti il messaggio, spero vivamente che tu mi possa perdonare, magari ci vediamo questo pomeriggio, ti va? -

Spensi lo schermo del cellulare e andai nella sala da pranzo, dovevo chiedere a mia madre perché non era venuta a svegliarmi, così, appena la vidi le chiesi - Mamma, perché non mi hai svegliata? - Lei mi guardò con aria arrabbiata - Non ti ho svegliata? Saranno stati dieci minuti di inutili tentativi! -

Rimasi interdetta, come avevo fatto a non accorgermene? Incominciai a pensare che tutto era dovuto al sogno strano della scorsa notte, o almeno, così credevo.

Decisi comunque di togliermi ogni dubbio chiedendo a mia madre - Non hai sentito nessun rumore ieri? -

Mi guardò pensierosa e poi disse - No... non mi è sembrato di avere sentito qualcosa, perché? -

Abbassai lo sguardo e poi le confidai l'intero episodio cercando di ricordare il più possibile - Ecco, ieri sono tornata a casa e l'ultimo ricordo che ho è quello di un ragazzo sopra il mio armadio che mi chiedeva se avessi paura. -

Mia madre mi guardò attonita e poi balbettando rispose

- Magari è solo un sogno, capita molto spesso di avere sogni che sembrino reali, soprattutto quando si è sotto stress. -

Sentire quelle parole mi rassicurò, infondo, era di sicuro solo stress.

Come me, anche mamma la vedevo molto sciupata, quindi, presi la situazione in mano e le chiesi

- Perché non esci con papà oggi? Sono anni che non vi prendete del tempo per voi, so badare a me stessa ormai. -

Non dimenticherò mai la faccia che fece mia madre, iniziò prima con un sorriso di approvazione, ma poi tornò seria - No tesoro, devo dare una pulita alla casa, ti sei dimenticata che tra qualche giorno arriva Sydney? -

Sydney era la mia sorella maggiore, se così si può definire: andava al College, ragion per cui, rimaneva per mesi lontana da casa, concedendosi delle visite appena poteva.

Sydney era il mio opposto: aveva i capelli castano chiaro e gli occhi color nocciola, inoltre rimaneva leggermente più alta di me, circa 10 centimetri.

Non mi feci bloccare dalla risposta di mia madre, così, provai a proporle una soluzione -Perché non lasci fare a me? Pulirò io la casa oggi, certo, magari non sarà splendente come quando lo fai tu, però, ti troveresti con meno lavoro da fare. -

Sembrava avesse funzionato dato il suo sorriso a trentadue denti, quindi continuai a provare a convincerla A che ora torna papà? - le chiesi.

- Non saprei, credo che oggi avrà la giornata piena, quindi, presumo torni per le sette di sera. - mi rispose.

Un amico invisibile [COMPLETO] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora