CAPITOLO XXII

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Jackson trovò la pace qualche giorno più avanti, esattamente il ventisei dicembre, non riuscimmo nemmeno a passare l'ultima notte dell'anno insieme.

Ricordo bene quella notte del ventisei; eravamo nella mia stanza, dove tutto iniziò. Il suo corpo si illuminò, ricordo che mi guardò profondamente negli occhi.

– È giunta l'ora. – disse mentre sorrideva.

Quel sorriso non era sicuramente sincero, ma nascondeva una forte tristezza, se solo fosse stato ancora in vita avremmo potuto passare il resto dei nostri giorni assieme e di questo Jackson se n'era sempre pentito, ma infondo, la colpa era anche mia, avrei dovuto accorgermi di lui molto tempo prima e tutto questo non sarebbe accaduto. A causa della mia ingenuità nel seguire persone sbagliate solo per avere una vita più semplice e a causa della sua resa di fronte ai problemi nella vita, entrambi, n'eravamo usciti sconfitti.

– Mi stai di nuovo lasciando... mi avevi promesso che saresti rimasto per sempre. – dissi con tono singhiozzante.

– Non piangere, sai che sarò sempre con te, lo sono sempre stato. –

– Non puoi sparire... hai sempre qualcosa da risolvere: me. Io ti amo e il tuo nuovo compito è non lasciarmi più. –

– Allyson non posso darti ciò che dovrei: un figlio, una casa, insomma, una famiglia...non posso... portarti all'altare. –

Poco prima di sparire pronunciò le sue ultime parole.

– Quando vedrai scritto "Ti amo", in qualsiasi posto esso sia e ti tornerò in mente beh...ricordati che sarò lì con te al tuo fianco sempre... anche se tu non potrai vedermi. –

– Jackson, ti prego no! – urlai piangendo.

Ci fu solo un suo sorriso e poi la luce si fece più intensa; lo portò via con sé per sempre.

Mi appoggiai al muro, per poi scivolare a terra in lacrime.

Da quel giorno cambiai completamente: mi chiusi in me stessa, non parlavo con nessuno e mangiavo sempre di meno; lo stomaco mi si chiuse per lo strazio.

Tornai a Sacramento priva di obbiettivi, nemmeno in Alan riuscivo a trovarne uno. Ogni tanto mi chiamava durante il viaggio, non risposi nemmeno una volta: era una palla al piede per me.

La mia famiglia si accorse della mia tristezza, ma non dicevano nulla, in effetti, cosa potevano dire?

Si limitavano ad un semplice "Tranquilla, torneremo a Princeton durante le vacanze estive."

Se solo sapessero che non avrebbe cambiato nulla...

I mesi a venire li passai ammazzandomi con lo studio; volevo passare l'anno, era l'unico obbiettivo che mi era rimasto.

Lasciai persino il club delle cheerleader, ormai non mi importava più di nulla.

Con Courtney non avevo più il rapporto di prima, ho sempre pensato che fosse dovuto alla mia assenza nella festa di Capodanno, come biasimarla, le avevo promesso che ci sarei andata, ma invece... cercavo in tutti i modi di non darmi nessuna colpa, nemmeno per quella stupida festa.

Per quanto riguarda Alan, mi aveva stufata: non m'importava più nulla di lui e lui stesso non faceva nulla per farmici ripensare.

Non ci vedevamo mai e per fortuna oserei dire...ci sentivamo solo per chiamate, ma che finivano sempre in litigio.

– Allyson, mi fai preoccupare. Ti vedo sempre più pallida e magra, non mi rispondi mai al telefono e mi eviti in continuazione: non abbiamo più il rapporto di prima. –

– Per quanto hai intenzione di continuare con queste chiamate? Sarà almeno la decima in venti minuti. –

– Mi vuoi dire che ti prende?! È ancora per quel Jackson?! Allyson, basta con questa storia! Quello stupido nemmeno esiste, ma anche se fosse reale, si è sparato! È stato un vigliacco, se davvero ci teneva a te avrebbe curato la sua pazzia. –

– Lui non è pazzo! O meglio, non lo era... comunque! Lui non è pazzo e tantomeno irreale! Esiste! Non mi vuoi credere? Fai come meglio credi, ma di sicuro non ti devo delle giustificazioni ogni volta che senti che stai perdendo! –

– Che ti prende?! Parli di lui come se fosse la fine del mondo! Ci manca solo che l'hai baciato e questo film diventa di genere Fantasy. –

– Perché no?! Che ci sarebbe di male?! –

In quell'istante ci fu un silenzio di cinque secondi nella chiamata...

– Ma tu non l'hai baciato, andiamo, baciare un fantasma ahah è impossibile, no? –

Quella pseudo risata era un palese sinonimo di paura.

– Perché non me lo chiedi, Alan?! –

– Vi siete baciati...? –

– E anche se fosse?! –

Alan fece qualche secondo di silenzio, per poi chiudere la chiamata senza salutare.

Mi alzai rapidamente dalla sedia su cui ero seduta per l'intera chiamata; ero in camera mia, ma in una frazione di secondo, ero nel buio più totale.

Caddi a terra con le ginocchia, iniziai a respirare sempre più affannosamente, per poi, accasciarmi al suolo; ero svenuta.

Non so quanto tempo passò, ma mi risvegliai in un letto di ospedale, attorno a me, c'era mia sorella con i miei genitori.

– Allyson! Come stai?! Infermiere! Mia figlia ha ripreso conoscenza! Tesoro come stai?! Tutto ok?!–  mia madre continuava a fare queste domande nel panico più totale.

– Sarah, smettila, la stai assillando...– disse mio padre bacchettando mia madre.

Mi guardai spaesata per qualche istante, non sapevo cosa mi fosse accaduto, come ultimo ricordo, avevo solo quello di essermi alzata per poi cadere come un sacco di patate.

– Cosa è successo? Perché sono qui? –

– Ti abbiamo trovata stesa a terra... abbiamo chiamato immediatamente l'ambulanza e il medico che ti ha visitato ci ha subito detto che era grave. – disse mio padre tristemente.

– Il medico ha detto che è che dovuto ad un digiuno prolungato, ci devi delle spiegazioni, Allyson. – continuò mia madre.

– Lo so, mi avete visto sempre mangiare normalmente, ma andavo in bagno a vomitare tutto. – confessai.

– Per quale motivo?! Sei impazzita?! –

– Mamma non urlare...ti prego...–

– Hai rischiato di morire...–

– Mamma non urlare...– dissi a voce bassa.

– Non sto urlan... Allyson... Allyson! –

Vidi nuovamente tutto sfocato, anche le luci più intense; sentivo solo il rumore del monitor che segnava i valori vitali: ero sicura che la linea stesse diventando sempre più piatta.

In quel giorno, fui dichiarata morta per arresto cardiaco, la mia vita giunse al termine.

Aspettavo solo che Jackson mi venisse a prendere per portarmi con sé, sapevo che da quel momento in poi potevo smettere di avere paura.

Un amico invisibile [COMPLETO] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora