CAPITOLO XX

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Mi ritrovai improvvisamente sdraiata sull'asfalto: la macchina non mi aveva colpita.

Rimasi perplessa per qualche istante, non ero pazza, quella macchina l'avevo vista per davvero, ma com'era possibile che non avevo subito nessun danno fisico? La mia domanda trovò subito risposta non appena mi accorsi di un giovane sdraiato sull'asfalto: avrei riconosciuto quella felpa grigia tra mille. Il guidatore scese come una furia dalla macchina, chissà, forse ne approfittò perché ero una ragazza.

– Ehi! Guarda prima di attraversare! – mi urlò contro.

– Io ero sulle strisce, dovrebbe essere lei a fare più attenzione. – ribattei.

– Che cosa?! –

L'uomo iniziò a scaldarsi troppo e a venirmi incontro con fare aggressivo, iniziai ad avere paura per la sua ira ingiustificata, poi improvvisamente lo vidi a terra: il ragazzo lo aveva placato con grande forza buttandolo a terra per poi salirgli sopra e pestarlo.

Nessuno ebbe il coraggio di intervenire, così, dopo che l'uomo smise di muoversi, quel giovane si girò verso di me.

– Jackson...–

– Allyson, tutto bene? –

– Jackson...– mormorai con la voce spezzata dalle lacrime.

In quel momento mi buttai subito tra le sue braccia senza pensarci due volte. Fu un abbraccio fortissimo, tanto da finire entrambi per terra.

– Allyson! Ma che fai?! Mi fai male! –

– Stupido che non sei altro! – gridai piangendo.

Non la smettevo di frignare, mi aveva fatto troppo male non averlo più con me per così tanti mesi.

Jackson cercò immediatamente di calmarmi, ma senza riuscirci, così, mi portò lontano da quella strada.

Mi fece camminare per una mezz'ora e nonostante gli chiedessi continuamente dove stessimo andando, lui, non mi dava nessuna risposta; si limitava a tenermi per una mano guidandomi in questo fantomatico posto per farmi rilassare.

Inizialmente il posto non risultò un ottimo calmante, ma ci vollero pochi istanti per farmi ricredere.

– Perché mi hai portata davanti a questa struttura? – chiesi.

– Non sei cambiata, eh? Aspetta e vedrai. –

Tutto d'un tratto, Jackson, violò il divieto di accesso.

– Ma cosa fai?! Non vedi il cartello con scritto "vietato entrare"?! –

Jackson mi guardò con il suo solito sguardo di sfida.

– Hai forse paura? – chiese con tono strafottente.

– Io? No, ma è un reato entrare qui. –

– Che noia che sei... muoviti o ti lascio qui. – disse continuando ad entrare.

– Aspettami! –

Salimmo per dieci rampe di scale; non ne potevo più.

Arrivati in cima alla struttura, mi trovai di fronte ad uno spiazzo vastissimo, ma non appena alzai lo sguardo verso l'orizzonte, vidi uno spettacolo mozzafiato.

– Ma cosa...– dissi stupefatta.

– Che te ne pare? – rispose Jackson guardandomi compiaciuto.

Davanti a me c'era un panorama mozzafiato: il sole che calava tra i lunghi palazzi di Princeton. Era davvero un tramonto bellissimo.

Ci sedemmo per terra, guardavamo senza dire nulla quella bellissima vista.

Un amico invisibile [COMPLETO] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora