Capitolo 19: Origini

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Ahmanet incominciò a rivedere il suo passato.
Era seduta sulle rive del Nilo, il sole scintillava, gli uccelli cinguettavano, Ahmanet si godeva il caldo tepore
del sole.
Qualcuno si avvicinò a lei, con una spada a fianco a braccia conserte, un gurriero.
Il guerriero sembrava pensieroso:«a cosa stai pensando, cosa ti turba Nefer?» chiese la principessa, che
indossava un vestito di lino, portava al collo una collana egiziana con due cobra reali d’oro che reggevano un
disco solare, decorato con pietre preziose, rubini, e oro.
Il giovane guerriero si accorse di essere osservato dalla principessa e si sentì imbarazzato:«non è niente
principessa» disse con voce sicura scrutando la corrente del fiume.
Ahmanet capì che stava ancora cercando di entrare nell’esercito per dare la caccia agli Ittiti, i nemici giurati dell’Egitto, gli assassini di suo padre, i distruttori della sua casa.
Era stato cresciuto a palazzo dal faraone in persona e dalla figlia del faraone, sin dal suo arrivo a palazzo, lui e Ahmanet erano diventati amici.
Era stato accolto nella famiglia reale, nella dinastia di Menerepthre, il faraone affidò il bambino per
l’addestramento alla giovane figlia Ahmanet.
Fu’ lei ad insegnargli il combattimento, corpo a corpo, con i bastoni, lo stile preferito di Ahmanet, con le spade, con i pugnali, con l’arco.
Il faraone gli insegnò a guidare il carro con la vita per poter usare contemporaneamente in battaglia arco, freccia, e spada.
Con il passare degli anni il guerriero divenne così abile nel combattimento da diventare la guardia personale
della principessa e del faraone se avesse voluto, ora il guerriero aveva una nuova famiglia, e per ricambiare
l’affetto datogli s’impegnava a proteggere la sua nuova famiglia.
Crescendo tra Ahmanet e Nefer l’amicizia si era trasformato in amore e lo sapevano.
Il faraone non lo sapeva, si vergognavano troppo per dirglielo.
Il guerriero confessò:«ho un brutto presentimento, principessa» disse, incupendosi nei suoi pensieri,
improvvisamente una guardia spuntò di corsa:«principessa!!, siamo sotto attacco, gli Ittiti stanno attaccando
nel deserto, stanno massacrando le nostre difese, presto arriveranno qui» disse preoccupato.
Nefer si girò verso Ahmanet, che incrociò il suo sguardo:«sistema il mio carro Beshet, dobbiamo portare al sicuro la principessa” disse prendendo la mano di Ahmanet e avviandosi verso le stalle.
Saliti sul carro partirono e, sfrecciando come sciacalli impazziti, arrivarono a palazzo.
L’aria era carica di tensione, come se tutti stessero in allerta contro l’arrivo di una grande tempesta.
Sulle mura del palazzo e all’ingresso arcieri, guardie armate circondavano l’intera zona.
Nefer fece scendere la principessa dal carro, ed insieme si avvicinarono alle guardie mostrando la collana con lo
scarabeo, simbolo della dinastia di Menerepthre, donatogli da Ahmanet e il faraone in persona:«Nefek-
Khepher-Ra, guardia personale della principessa e del faraone. Sono qui per portare la principessa al sicuro»
le guardie si schierarono aprendo il portone facendo passare Nefer e Ahmanet.
Una volta entrati dentro, gli ufficiali delle divisioni di Ptah,Horus, Ra, e Seth armati con spade ricurve di
ferro ai fianchi e armature di bronzo, discutevano assieme al faraone, in cerchio attorno ad un tavolo di legno di acacia, indicando con le dita una mappa di papiro dell’Egitto, che occupava tutto il tavolo.
Gli ufficiali sembravano esporre le loro tattiche di guerra disegnando linee rette e circonferenze, attorno ad un puntino rosso, a volte anche gesticolando e imprecando l’uno contro l’altro in disaccordo scuotendo la testa.
Probabilmente perché le tattiche non avrebbero funzionato, cercavano con lo sguardo un intervento logico
del faraone, o un ordine, ma il faraone guardava la mappa ammutolito immerso nei suoi pensieri.
Ahmanet e Nefer erano rimasti in silenzio ad aspettare, ma il faraone li aveva sentiti entrare nonostante il
chiacchiericcio ad altavoce degli ufficiali.
Si girò verso Il guerriero e Ahmanet: aveva indosso la corona azzurra con il cobra reale d’oro, la corona di
battaglia, era equipaggiato con un armatura su cui due ali dorate incrociate gli coprivano tutto il petto, gonnellino di lino blu con una trama in filo d’oro, gambali per proteggere le gambe, bracciali d’oro ai polsi, e
sandali di cuoio ai piedi.
Teneva allacciata al fianco una spada ricurva lucente,con l’impugnatura d’oro.
Il faraone era a braccia conserte, quando si girò a guardarli, gli ufficiali delle divisioni si zittirono.
Nefer s’inginocchiò davanti al faraone, Ahmanet fece lo stesso, poi si alzarono, il faraone sorrise:«figlia mia, Nefer, sono felice di vedervi, vi ho convocati perché il regno è in pericolo» disse invitandoli ad avvicinarsi al
tavolo, dove una grande mappa segnava l’avanzata degli ittiti direttamente dal deserto:«mio re…….» disse Nefer come se volesse dire qualcosa, sapeva cosa potevano fare, ma venne interrotto dagli ufficiali:«tu non hai il diritto di parlare qui!».
Il faraone li zittì con un occhiata fulminea come la furia della dea Sekhmet:«parla Nefer» disse il faraone.
Nefer fece un passo avanti indicò la mappa «gli ittiti hanno un grosso fronte che sta demolendo le nostre
difese, per passare al contro attacco, dobbiamo accerchiarli.
La divisione di Ptah li accerchierà da dietro, quella di Horus a sinistra, quella di Ra a destra, mentre quella di Seth gli andrà addosso creando un diversivo.
Una volta accerchiati gli ittiti verranno sopraffatti da tutte e quattro le divisioni» disse quasi con entusiasmo.
Poi aspettò l’opinione del faraone che lo guardò stupito:«sei unottimo stratega, proprio come tuo padre
Nefer, combatterai al mio fianco?» chiese sorridente il faraone.
Il guerriero venne frastornato da quella risposta:«mio re……, non merito così tanti privilegi……..combattere
al vostro fianco sarebbe un immenso onore» disse incrociando le braccia con le mani aperte sul petto e
calando la testa in segno di sottomissione e approvazione.
Il faraone sorrise:«preparati per la battaglia, Nefer» disse, poi si voltò verso gli ufficiali che erano in attesa di ordini:«seguite la tattica del ragazzo, allertate le truppe fatele scendere sul campo di battaglia con il favore delle tenebre, disponetele durante la notte, cercate di non farvi scoprire e all’alba scateneremo il nostro controattacco annientandoli» ordinò il faraone.
Gli ufficiali annuirono e uscirono fuori da palazzo, Ahmanet avanzò di un passo:«padre io….» non aveva il
coraggio di dirlo, il faraone gli carezzò affettuosamente il viso:«si bambina mia, tocca a te ora è il tuo
momento, prendi le redini del regno in mia assenza, sai cosa devi fare, te l’ho insegnato, Beshet ti consiglierà
in modo saggio e ti proteggerà in mia assenza» disse sorridendo.
Ahmanet abbracciando il padre disse «vorrei combattere pure io al vostro fianco padre» disse seria, continuando ad abbracciare monarca, il faraone restò un attimo sconvolto e lentamente la allontanò da sé per guardarla negli occhi:«Ahmanet è troppo pericoloso, e se io perdessi la vita……» disse.
Il faraone  venne interrotto dalla principessa:«per questo io devo venire, per proteggervi padre» disse
Ahmanet.
Il faraone sospirò:«riesci a guidare il carro reale? Sei pronta per questo?» disse con occhi seri.
«Si». Ahmanet rispose con tono fermo e sicuro, tanto che il faraone le disse di andarsi a preparare per la
battaglia e di aspettarlo sul carro reale.
Ahmanet uscì dal palazzo lasciando soli il guerriero e il faraone, che si voltò verso Nefer:«va’ in quella
stanza è conservata l’armatura di tuo padre, Nefer è tempo d’indossarla, rendigli onore» disse serio.
Nefer annuì, facendo un inchino e andandosi a preparare per la battaglia.
In una stanza, non decorata, illuminata da fiaccole poggiate alle pareti, piena di armamenti, e armature,
Nefer riconobbe subito quella del padre.
Un armatura di placche di bronzo, con una collana a collo largo di ferro, fasce di cuoio, spada di bronzo,
gonnellino in placche di bronzo, la prese e la indossò..
Poche ore dopo il sole stava tramontando, Nefer guardava dalle mura la morte del sole toccando il ciondolo della dinastia di Ahmanet sospirando, era giunto il momento dopo così tanti anni poteva vendicare suo padre, mentre era immerso nei suoi pensieri avvertì una presenza vicino a sé, Nefer si voltò verso sinistra: Ahmanet scrutava il sole morente in silenzio un leggera corrente d'aria carezzava dolcemente i lunghi capelli neri di Ahmanet verso dietro, notò che aveva già indosso la sua armatura argentea proprio come quella di suo padre, si chiedeva se dopo quella battaglia sarebbe sopravvissuto per stare insieme a lei, la amava follemente non poteva perderla. gli occhi del guerriero divennero lucidi Ahmanet se ne accorse e dolcemente con la mano destra gli fece voltare lo sguardo verso di lei, quell'attimo sembrò eterno, Nefer a sua volta carezzò 
il suo volto, e contemporaneamente abassarono le mani Ahmanet appoggiò la sua mano sul petto di Nefer proprio dove stava il suo cuore:«quando la tempesta imperverserà.....e le  tenebre di apopi oscureranno la luce di Ra, io sarò la tua lancia»Nefer mise la sua mano sul petto di Ahmanet all'altezza del suo cuore:«e io...sarò il tuo scudo» Nefer divenne serio, abracciò di scatto Ahmanet che sorpresa cambiò l'abbraccio:«ritorna da me Ahmanet»
«ritorna da me Nefer» ed entrambi si distaccarono prendendo vie diverse per prepararsi alla battaglia.
Nefer era ormai in mezzo al deserto, sul carro reale, insieme al
Faraone e Ahmanet.
Stavano ai fianchi del faraone per proteggerlo da eventuali attacchi, Ahmanet equipaggiata con un armatura che le copriva il petto a forma di ali argentate, con sopra la sua solita collana, i capelli legati all’indietro, i suoi polsi ricoperti da bracciali d’argento e la sua veste di lino che usava per i combattimenti corpo a corpo.
Allacciata dietro la schiena, una faretra bianca calcare lucente, da cui fuoriuscivano le alette delle frecce e il suo arco bianco, dall’impugnatura dorata, e decorato con il suo nome in geroglifico inciso nel cartiglio reale.
Quando lo teneva in mano l’arco le arrivava fino al ginocchio, teneva una lancia dalla punta argentea, i suoi
capelli neri e lucenti erano mossi da un leggero venticello.
Teneva lo sguardo dritto verso l’orizzonte, il faraone faceva lo stesso, dietro di loro i fanti egiziani armati di scudi, lance e spade, arcieri e cavalleria, si stagliavano come un muro sul fronte sinistro e destro, sul destro.
L’ufficiale della divisione di Seth aspettava in aguato sul suo carro.
Le bandiere del re, bianche, con uno scarabeo verde alato che sorreggeva il disco solare, con il nome del re
scritto in blu scuro nel cartiglio reale sventolavano, sorrette da bastoni d’acacia, erano tenute dai porta
stendardi sui carri, la divisione di Seth aspettava la tempesta.
Fu’ un’ attimo, un nano secondo, una pioggia di morte oscurò il sole, Nefer se ne accorse e prima di poter
urlare:«alzate gli scudi!» la pioggia di frecce si era già abattuta sulla divisione di Seth.
Nefer ebbe il tempo di coprire con il proprio scudo il faraone e la principessa trattenendo con il suo peso coperto dallo scudo la violenta onda d’urto delle fecce che piombavano dal cielo, sentiva il ronzio delle frecce che precipitavano violente conficcandosi nel suo scudo, e cercando di penetrare la sua armatura invano.
Sentiva anche le urla di dolore dei soldati colpiti, ma per fortuna l’ufficiale della divisione prontamente aveva dato l’ordine di ripararsi dietro gli scudi e la divisione in gran parte resistette all’ondata di frecce.
Le frecce continuavano a piovere dal cielo e una di esse si conficcò nella gamba destra di Nefer, che
trattenne il dolore ringhiando un grido di sfida.
L’attacco cessò Nefer se ne accorse, si voltò verso il faraone e Ahmanet che erano rimasti sconvolti
dall’attacco:«mio re, principessa state bene?» disse preoccupato:«si, stiamo bene, l’attacco è cessato» notò il
faraone.
Un silenzio quasi impossibile dominava il campo di battaglia «puoi abbassare lo scudo, Nefer» ordinò il
faraone.
Il guerriero abbassò lo scudo, il terreno era pieno di frecce conficcate nella sabbia, il carro reale era pieno di
frecce conficcate, i cavalli del re feriti dalle frecce e morenti.
Il faraone si voltò sul fronte destro, i soldati egiziani si stavano rimettendo in piedi, molti erano stati feriti
dalle frecce alle gambe, ai piedi, alle braccia e altri erano trafitti da esse e immobili a terra.
I loro scudi erano piene di frecce conficcate, lo stesso sul lato sinistro.
La cavalleria era distrutta, a parte i fanti che erano a bordo dei carri che erano riusciti a ripararsi con i loro
scudi, i cavalli trafitti dalle frecce erano crollati a terra.
Le bandiere del re erano bucate dalle frecce, i pali di acacia che le sorreggevano avevano frecce conficcate.
Le ultime file di soldati erano intatte da entrambi i lati ma i primi due schieramenti erano fortemente
danneggiati.
L’ufficiale della divisione di Seth trafitto da due fecce, una al braccio e l’altra nello stomaco, la freccia
vagante aveva colpito il punto esatto dove le placche di bronzo non potevano proteggere, del sangue colava bagnando le placche di bronzo.
Nefer guardò il faraone chiedendogli con lo sguardo di poter soccorrere l’ufficiale, il faraone annuì.
Scese dal carro e si avvicinoi all’ufficiale per soccorrerlo, gli si inginocchiò accanto:«signore questo farà male, perdonatemi» disse tenendo una mano vicino la ferita premendo verso il basso per poi con l’altra estrarre la freccia insanguinata di colpo e lasciandola cadere a terra.
L’ufficiale urlò dal dolore, il guerriero tenette premuto sulla ferita per evitare di far uscire altro sangue.
Il faraone, urlò il nome del medico che si fece spazio tra i feriti che stava curando, si avvicinò al monarca, gli
ordinò di prendersi cura dell’ufficiale.
Il medico fece cenno a Nefer di spostarsi:«non temere figliolo, ora ci penserò io a lui» disse con tono pacato, era un signore sulla cinquantina, il volto rugoso segnato dagli anni, gli occhi marroni, dei baffetti bianchi sul muso, la barba bianca gli stava ricrescendo, vestito con un gonnellino di lino e una maglietta di cuoio
marrone, aveva appeso al collo un ciondolo con scolpito in pietra l’occhio di Horus , allacciato al fianco sinistro portava una spada ricurva in ferro senza fodera trattenuta da due cinghia di cuoio una sulla punta
della spada, l’altra sotto l’elsa di essa.
Portava sulla spalla destra una sacca di cuoio da dove estrasse delle bende per fasciare l’ufficiale.
Fu’ così veloce, che Nefer rimase a guardarlo stupefatto.
Terminata la fasciatura si alzo e si confuse tra le linee dei soldati feriti che necessitavano di cure.
Solo in quel momento si accorse di essere ferito alla gamba da una freccia, il sangue sembrava non volersi fermare, estrasse la freccia cercando di trattenere il dolore e con una striscia di cuoio del suo braccio cercò di fasciarsi la ferita, ma prima che potesse farlo qualcuno gli parlò: «serve una mano?» il guerriero colto di sorpresa alzò lo sguardo verso il medico che gli sorrideva.
Nefer annuì, velocemente come il vento, il medico si abbassò, guardò la ferita, estrasse dalla sacca di cuoio
una spugna bagnata di un uguento tamponò il sangue della ferita, poi prese delle bende e gli fasciò
velocemente la gamba si alzò e soddisfatto guardò Nefer:«fatto» disse, Nefer si guardò la ferita non sentiva
più niente.
«come hai fatto a…..» chiese Nefer, «non posso svelare i segreti del mio mestiere, vai dal tuo re Nefer,
proteggilo» disse sorridente, dirigendosi verso un altro ferito.
Nefer si riallacciò la striscia di cuoio al braccio sinistro e si diresse verso il carro reale, il faraone insieme ad
un cocchiere controllava le ruote del carro i cavalli sopravvissuti erano stati curati e le loro ferite fasciate, ma
non erano in condizioni adatte di trainare il carro.
La principessa, guardava la sua la lancia dalla punta argentata, improvvisamente un ondata di nemici Ittiti spuntò all’orizzonte come iene affamate che si stavano per avventare sulla loro preda più succulenta.
I soldati della divisione di Seth ormai si schierarono per resistere all’impatto nemico formando un muro di scudi dal quale sporgevano le lance rivolte verso i nemici.
Nefer si allertò sguainando la spada, guardando la principessa e il monarca, si precipitò subito da loro per proteggerli.
Il faraone diede la carica sguainando la sua spada che scintillava al sole e puntandola contro gli Ittiti.
Ahmanet gli stava al fianco sinistro, l’ufficiale di Seth ripresosi sguainò la spada, Nefer si schierò accanto
all’ufficiale, alzò la spada urlando «avanti!, massacriamoli!».
L’ufficiale della divisione di Seth, i soldati approvarono in coro con l’urlo di battaglia e sollevando le lance
verso il cielo.
«Avanti, fatevi sotto assassini di mio padre!» ringhiò Nefer gettandosi in battaglia con gli altri soldati.
Le truppe egiziane e ittite si scontrarono, in un fragore di spade e di lancie, Nefer, il faraone, Ahmanet e l’ufficiale, spalla contro spalla scagliavano fendenti coordinati con una grande empatia e legame da
annientare tutti i nemici che si scagliavano loro contro.
Un ittita tentò di colpire il monarca con una freccia da lontano, un altro puntava contro Ahmanet e un altro
ancora contro l’ufficiale.
Nefer, era confuso, non sapeva cosa fare. D’istinto, si aprì un varco tra i nemici trafiggendo chiunque osasse
fermarlo, correva scagliando fendenti senza sosta contro il tempo stesso, arrivò vicino ai tre arcieri che
stavano puntando contro il faraone, Ahmanet e l’ufficiale, doveva fermarli.
Se avesse attaccato con la spada ne avrebbe ucciso possibilmente uno e gli altri due arcieri lo avrebbero
potuto uccidere facilmente, aveva bisogno di aiuto.
Non molto distante da lui un suo amico arciere combatteva scagliando frecce senza sbagliare un colpo
«Amuner!» gridò il guerriero chiamandolo ad alta voce, l’arciere si girò verso di lui, il guerriero gli fece
cenno verso gli arcieri che puntavano contro il faraone e gli altri «coprimi! Cerca di abbatterli!» disse
urlando.
Amuner annuì tendendo l’arco verso gli arcieri e scoccando una freccia in mezzo a loro.
Gli arcieri ittiti si allertarono vedendo la freccia e cercarono d’individuare il nemico, ma Amuner era bravo a
nascondersi.
Nel frattempo Nefer ormai vicinissimo agli arcieri, buttò loro addoso agli occhi una polvere urticante.
Gli arcieri urlarono per il bruciore, estrassero le loro spade lasciando cadere gli archi e cercarono di colpirlo, ma invano.
Nefer ne trafisse uno, ma la polvere aveva finito il suo effetto e gli altri due vedendo crollare il loro
compagno a terra ringhiarono per la rabbia scagliandosi contro Nefer, ma vennero colpiti in pieno petto dalle
frecce scoccate da Amuner.
Caddero a terra esanimi, dall’altro lato della battaglia, Amuner annuiva sorridendo, Nefer fece un cenno di
ringraziamento e tornò dal monarca e dalla principessa.
L’ufficiale era ancora lì che combatteva fradicio di sudore, alzò la spada verso l’alto gridando «formazione a
occhio!», alcuni soldati si schierarono attorno al faraone, Nefer, Ahmanet e l’ufficiale allineandosi formando
un occhio a mandorla con gli scudi a protezione e pronti a respingere gli attachi degli ittiti.
Il faraone aveva alcuni tagli sul volto ma superficiali, Ahmanet aveva una freccia conficcata nel braccio,
stava ancora perdendo sangue ma sembrava anche molto stanca, l’ufficiale aveva una freccia nella coscia destra, sembrava debole ma non lo dava a mostrare «i miei uomini non resisteranno a lungo» disse affaticato
l’ufficiale. Ahmanet si staccò la freccia, l’ufficiale fece lo stesso, Nefer in lontananza scorse un ittita familiare.
Aveva gli occhi neri e assetati di sangue, Nefer diventò furioso di rabbia:«Duetenem»ringhiò.
Il faraone rivolse lo sguardo verso il guerriero, Nefer si girò verso Ahmanet guardò Nefer e l’ittita, l’ufficiale se ne accorse e capì  «lasciate passare Nefer!!» disse.
I soldati si schierarono aprendo un varco, Nefer ringraziò l’ufficiale che annuì, Nefer corse incontro a
Duetenem, l’assassino di suo padre.
Nefer era vicino al suo nemico, gli correva incontro con la spada alzata, ma si confuse tra i soldati Ittiti.
Nefer non riuscì più a vederlo, improvvisamente qualcuno lo infilzò con una lancia in pieno petto lacerando l’armatura di placche di bronzo rompendola.
La punta della lancia era una punta particolare adatta per squarciare.
Una punta lunga e affilata di argento capace di perforare qualsiasi armatura buttandolo a terra.
Nefer lo riconobbe:«Duetenem…..» ringhiò imprecando in Egiziano antico.
Il guerriero ittita era vestito con un armatura argentea e gonnellino di cuoio, la sua spada corta attaccata al
gonnellino di cuoio, ma affilata come cento denti di un coccodrillo incuteva timore soltanto a guardarla.
L’ittita conficcò di più la lancia nelle carni di Nefer, che urlò dal dolore «Nefek- Khepher- Ra, il figlio di
Namun, l’ufficiale egiziano» disse sorridendo malvagiamente «sai, tuo padre aveva un conto in sospeso con
me che non ha mai saldato, ha distrutto il mio villaggio per darlo al faraone!» disse urlando.
«La mia gente schiavizzata perché si ribellò combattendo…….. come giudichi il tuo re? Colui che proteggi ti sembra un re giusto?»
«Si…….» disse gemendo «lui mi ha salvato dal fuoco della tua rabbia mi ha accolto nella sua famiglia,
curato cresciuto ed addestrato come avrebbe fatto mio padre……..hai perso Duetenem» disse.
l’ittita urlò «il dio Teshup del fulmine ti maledica!» disse sguainando la spada pronto a tagliargli la gola,ma
improvvisamente lo stomaco del guerriero ittita venne trapassato da una lama curva dorata, il corpo dell’ittita venne spostato con un piede dal Faraone in persona che estrasse la pada dal corpo dell’ittita disteso a terra.
«Mio re……» disse Nefer, il monarca si abbassò verso di lui poggiò il suo piede sul suo petto lentamente
«perdonami, farà male» disse estraendo la lancia dalle carni di Nefer che urlò per il dolore.
Il monarca buttò la lancia a terra, gli tese la mano, Nefer l’accettò alzandosi a fatica «sei ferito ti porto da un
medico» disse il monarca, ma il guerriero scosse la testa «mio re….non importa, posso combattere, non ho
bisogno di cure….» disse toccandosi il petto pieno di sangue.
Il monarca si mise il braccio di Nefer attorno al proprio collo per aiutarlo, verso di lui accorsero Ahmanet,
l’ufficiale, e il suo amico Amuner.
Ahmanet lo guardò un po’ preoccupata«Nefer! Ma sei ferito, Amuner portalo al riparo!» disse.
«Vi ho detto che sto bene» disse con un filo di voce il guerriero, improvvisamente Duetenem si rialzò da terra pronto per ricolpire Nefer con la lancia al ventre.
Nefer agilmente roteò la lama della spada all’indietro conficcandola nel ventre di Duetenem, quando lo fece
tremò e strinse i denti il suo sguardo divenne furioso «questo…….è per mio padre» disse estraendo la spada
di bronzo dal corpo dell’ittita che cadde a terra morto.
Tutti rimasero a fissare il guerriero sorpresi «l’avevo detto che stavo bene» disse rinfoderando la spada «mio re, vi ringrazio, credo di poter camminare ora» disse.
Il re tolse il braccio di Nefer dal suo collo, il guerriero si avvicinò al corpo dell’ittita, prese la lancia
dell’ittita e la guardò «questa lancia è la stessa che ha trafitto mio padre» disse spezzandola in due con il
ginocchio e lasciandola cadere a terra «la tua lancia si è spezzata in un sol colpo, come la vita, che sul campo
di battaglia, non ha valore» disse guardando il cadavere dell’assassino di suo padre.
Nel frattempo in lontananza il fragore della carica di altri soldati egizi diede speranza alla divisione di Seth
Il piano di Nefer stava funzionando, gli ittiti sopraffatti dai rinforzi vennero presi prigionieri e condannati ai
lavori forzati,
Il faraone alzò in segno di vittoria la spada dorata verso il cielo, i soldati egiziani lo imitarono, anche Nefer
Amuner, Ahmanet e l’ufficiale della divisione di Seth alzarono le spade e le lance verso il cielo, ma
improvvisamente Nefer cadde a terra.
Il tempo sembrò rallentare, le urla di vittoria riecheggiavano lontane, Ahmanet e gli altri accorsero verso di
lui, l’ultima cosa che vide Nefer fu’ il volto di Ahmanet preoccupata che lo fissava.
Nefer si svegliò su una stuoia comoda, aveva freddo, si rese conto di essere a petto nudo.
Seduta accanto a lui Ahmanet gli cambiava le ferite sul petto, avvolgendole lentamente e con cura, appena
annodò le bende, Nefer gemette dal dolore respirando a fatica, Ahmanet alzò lo sguardo verso gli occhi del
guerriero «sei sveglio finalmente» disse Ahmanet sorridendo
«Principessa……….dov…dove siamo?» disse con le poche forze restanti, Ahmanet lo zittì posandogli
delicatamente l'indice della mano destra sulla bocca:«non parlare pensa solo a respirare» disse carezzandogli il viso.
Gli asciugò la fronte grondante di sudore con una stoffa gialla imbevuta di acqua.
«La guerra…..abbi-amo vinto?» chiese Nefer, Ahmanet lo guardò sorridente «si, Nefer, abbiamo vinto» disse
con voce calma «dopo il combattimento contro Duenetem sei svenuto, eri grondante di sangue. Ho dovuto rallentarti il battito per non farti morire dissanguato, sei rimasto incosciente fino a quando non è sorta la luna» disse.
Nefer sorridendo disse «non ho bisogno della luna per svegliarmi, avevo bisogno del dono della luna, il mio adorato dono della luna» disse alzandosi, e baciando dolcemente, e delicatamente Ahmanet, ma appena si staccò da Ahmanet un dolore straziante gli percorse il petto, come un veleno, che fece gemere Nefer
costringendolo a distendersi sotto lo sguardo di Ahmanet preoccupata
«Nefer....» disse preoccupata, Nefer le parlò spiazzato dal dolore «la ferita…la maledizione, mi sta uccidendo dall’interno….chiama aiuto ti prego» disse ricordandosi le parole di Duenetem «che il dio
Teshup ti maledica».
Era una maledizione, Nefer lo sapeva, ma non poteva auto-curarsi, la sua magia si era indebolita dopo il
combattimento contro Duenetem, Ahmanet corse a chiamare aiuto, accorsero due sacerdotesse, provenienti da Menfi, una del tempio di Iside e l’altra da quelo di Sekhmet.
Le due sacerdotesse tentarono in tutti i modi con tutte le formule magiche, ma niente sembrava funzionare, la
ferita irradiava una luce grigia scura.
Il faraone entrò nella stanza «che sta succedendo qui?» disse con tono autoritario, le sacerdotesse e Ahmanet
s’inginocchiarono al cospetto del faraone.
Ahmanet prese la parola «padre, Nefer è stato maledetto da Duentem, abbiamo provato tutte le magie
possibili, ma nessuna di esse funziona»disse preoccupata.
Il faraone fece cenno di alzarsi, avvicinandosi a Nefer ansimante, appoggiò la sua mano sul petto del
guerriero «O tu guerriero del deserto portatore di tempeste, che infondi coraggio e forza ai guerrieri d’Egitto,
rinvigorisci questo guerriero, ridagli il soffio della tempesta, ridagli il fuoco della vita».
Il cielo notturno s’incupì oscurando la luna, un fulmine cadde in lontananza rimbombando in un tuono
violento.
Nefer riprese a respirare di colpo, l’aurea grigiastra attorno alla ferita svanì, il faraone levò la sua mano dal petto,  Nefer respirò rilassato e lentamente si addormentò.

La Mummia: Il risveglio della Luna  (Fan Made)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora