Capitolo 25: Speranze

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Ahmanet si risvegliò nella Duat davanti al primo cancello, due statue lo protegevano, aveva ancora la
carnagione grigio pallida e i tatuaggi, segno del patto col male che la vincolava anche nella morte.
Qualcosa di freddo, metallico le avvolgeva il collo e le illuminava il viso emettendo un bagliore dorato,
Ahmanet abassò lo sguardo sul suo petto, aveva addosso l’ankh, l’amuleto di Horus, prima che morisse il dio
glielo aveva donato.
Ebbe paura un brivido freddo le percorse tutto il corpo, sapeva di non essere degna per il campo dei giunchi,
sarebbe stata condannata all’oscurità eterna, ma doveva affrontare il viaggio comunque.
Ahmanet fece un respiro e avanzò lentamente verso il cancello, le statue si mossero incrociando le lancie
«altolà defunto, rispondi alla mia domanda chi sei tu?»
«Sono Ahmanet, figlia del re Menerephtre ed erede legittimo dell’Egitto»disse, le statue dopo qualche
istante ritirarono le lance, continuavano a fissare Ahmanet senza dare risposta.
Ciò che aveva detto era la pura verità, «sei sicura di ciò che hai detto Ahmanet?»
«Si» disse in tono sicuro, le statue fecero cenno con la mano di poter passare, il cancello si aprì e Ahmanet lo varcò.
Fu così per altre undici porte, finchè non giunse al trono di Osiride, con suo grande stupore vide Horus ad
aspettarla di spalle mentre osservava la bilancia del giudizio.
Horus si accorse della presenza di Ahmanet e si voltò:«benvenuta Ahmanet» disse Horus con tono calmo e serio, Anubi e Maat entrarono da una porta secondaria, Anubi aveva sembianze umane con testa di Sciacallo Nero e occhi gialli, pelle abronzzata, portava indosso un collare dorato che gli copriva la parte superiore del
petto, una veste verde chiaro che gli copriva la parte inferiore del petto sorretto da cinghie dorate,
camminava portando uno scettro con sé dalla punta ricurva era lo scettro del potere, Uàs nella sua lingua
madre.
Maat era una donna di cui l’età era indefinibile essendo immortale, portava cinta da una cintura sottile in cuoio una piuma bianca, la piuma della verità, indossava bracciali d’oro ai polsi e ai piedi e una lunga veste
rossa, i due dei si disposero ognuno vicino ad un piatto della bilancia.
Anubi s’inginocchiò accanto al piatto della bilancia che aveva vicino, tese la mano verso Ahmanet:il tuo
cuore defunta, adesso» disse Anubi
«O grande Anubi io non sono degna di attraversare i campi dei giunchi e non lo sarò mai» disse.
Anubi guardò Horuse poi nuovamente Ahmanet:«è così sia, noi rispettiamo la tua decisione» disse.
La porta centrale si aprì rivelando un abisso oscuro dove un serpente gigante strisciava nel vuoto
dell’oscurità, due guardie la scortarono verso il cancello, raggiunsero la soglia della porta una guardia tentò
di stordire Ahmanet.
«Fermo!! Fermo ti supplico»disse Ahmanet voltandosi verso Anubi:«vorrei solo rivedere la mia
famiglia per un ultima volta» disse inginocchiandosi di fronte ai tre dei con le mani protese verso di loro in
segno di venerazione:«vi supplico, devo chiedere loro perdono, poi subirò ciò che mi spetta» disse Ahmanet
Anubi e Horus guardarono Maat «Anubi accompagnala nel campo dei giunchi» disse Maat.
Anubi si alzò e si diresse verso Ahmanet che era ancora in ginocchio, le guardie si spostarono per far passare
Anubi:«Alzati Ahmanet»disse autoritario Anubi.
Ahmanet si alzò lentamente e insieme ad Anubi si avviarono verso una porta giallognola si fermarono
davanti ad essa, Anubi appoggiò la mano sulla porta in arenaria che rispose al suo gesto aprendosi.
La porta rivelò un mondo meraviglioso dove regnava pace e prosperità, Anubi le fece cenno con la mano di
poter proseguire, Ahmanet varcò la soglia e finì in mezzo al grano, che le raggiungeva la vita, era tornata
normale era vestita con una veste di lino e l’ank dorato al collo le irradiava una luce dorata, in lontananza
vide un palazzo aperto con solo le colonne e tende, si stagliava davanti a lei, lì un uomo e una donna dai
capelli neri e un bambino che giocava spensierato sembravano aspettarla.
La coppia allargò le braccia per accogliere Ahmanet che corse loro incontro con le lacrime agli occhi.
Li abracciò e rivolgendosi al padre disse:«perdonami padre io..»
«Non ha importanza, ciò che hai fatto»disse, poi rivolgendosi alla donna con i capelli neri:«lei è tua madre»disse sorridendo
disse.
Ahmanet era sconvolta, sua madre sorrise:«non vieni ad abbracciarmi figlia mia?» disse sorridendo dolcemente, Ahmanet corse
incontro ad abbracciarla.
Il faraone si rivolse a lei delicatamente toccandola per una spalla:«hai ancora una tempesta da fermare e un
regno da ricostruire Ahmanet» disse serio
«Di che state parlando padre?» chiese dubbiosa Ahmanet
«Torna da Nefer ha bisogno di te o non sopravviverà, una minaccia ben più grave imcombe adesso
sull’Egitto» disse.
«Cosa?! Padre è impossibile Seth è stato sconfitto, e io sono condannata alle tenebre io non..posso salvare Nefer......Come posso
riuscire a salvarlo se non riesco a salvare me stessa?» disse sconvolta.
Il faraone la prese per tutte e due le spalle dolcemente:«tutti hanno una seconda opportunità Ahmanet» disse
sorridendo.
Ahmanet guardò sconvolta suo padre
«Si hai sentito bene»disse improvvisamente apparí Anubi, mentre un vortice di sabbia gli si alzava accanto.
Il faraone s’inchinò davanti ad Anubi e:«Anubi ti accompagnerà Ahmanet»spiegò il monarca.
Ahmanet era sconvolta da quello che stava vedendo:«ma io non..sono degna, ho tradito la fiducia di tutti»
«Ora lo sei Ahmanet, dopo ciò che hai compiuto accanto al dio Horus e dopo aver chiesto il predono della
tua famiglia, hai superato la prova» disse Anubi.
Ahmanet s’inginocchiò davanti ad Anubi, il destino le aveva dato una seconda opportunità e non l’avrebbe
sprecata, sarebbe tornata indietro da Nefer.
Anubi ricambiò l’inchino abbassando il capo e guardandola negli occhi dicendo:«prima di andare
principessa c’è qualcun altro che vuole salutarvi», spostandosi indico con la zampa una decina di persone
che indossavano le corone da guerra e le vesti dei faraoni.
La osservavano i più grandi faraoni d’egitto del passato, le sorridevano in segno di riconoscenza, Ahmanet
sorrise e s’inchinò:«vi ringrazio per l’aiuto miei re» disse, tutti i faraoni a sua volta s’inchinarono davanti ad
Ahmanet, che rimase sconvolta:«ti sono riconoscenti per aver salvato l’Egitto e il mondo dalla tirannide
eterna» spiegò Aunbi.
Ramses II fece un passo avanti e disse «Grazie a te» disse,  si voltarono e ad uno ad uno
sparirono in mezzo ai campi dei giunchi.
«Ora è il momento di tornare» disse Anubi tendendole la sua zampa.
Ahmanet chiese:«ma potrò ritornare qui?», e Anubi rispose:«Adesso che godi del favore degli Dei e di Maat
potrai farlo ogni volta che vorrai  Principessa»
Ahmanet prese la mano di Anubi e chiuse gli occhi, quando li riaprì, si ritrovò distesa su un letto di pietra.
Il suo aspetto era rimasto umano con la carnagione scura, la ferita sul petto non c’era più, l’ankh era sempre
attorno al suo collo, si ricordò perché era lì, si alzò velocemente dal letto di pietra e vide all’uscita della
grotta una tempesta che turbinava violenta.
Corse subito a vedere, Nefer sottoforma di sciacallo teneva salda la posizione utilizzando i suoi poteri
tenendosi ancorato alla sua arma conficcata nella sabbia, la sua voce era spezzata dal dolore colma di rabbia,
ma Ahmanet non riusciva a comprendere contro chi o cosa stesse combattendo.
Poi scorse un’ombra in mezzo alla tempesta che strisciava lentamente attorno a Nefer circondandolo,
Ahmanet doveva fare qualcosa.
Uscì dalla grotta corse verso Nefer.
«Ahmanet!! Ho bisogno di te!! Ora!! So che puoi sentirmi!! Ovunque tu sia!!» gridò Nefer in egiziano antico, cadde inginocchio perdendo sangue argentato dalla bocca:«non lasciarmi da solo ti prego..torna da me!!» disse affranto dal dolore.
Ahmanet comprese che i suoi poteri si erano accresciuti ed erano ora dettati dalle emozioni che le
risiedevano nel cuore.
Ahmanet arrestò la sua corsa e gridò «Adesso basta Apopi», Il serpente si fermò e si girò lentamente
verso la voce che aveva udito, si inalzò verso Ahmanet si fermò davanti a lei, la sua lingua sibilò sfiorando il volto di Ahmanet che rimase imperterrita immobile.
«Ahmanet la traditrice…osi contrastarmi? vuoi allontanare la mia vittoria sul tuo guerriero affranto dal
dolore? Metterei fine alle sue sofferenze, ma è colpa tua se lui è così sei stata tu a ridurlo così» disse.
Ahmanet guardò Nefer da lontano che combatteva ancora contro la tempesta sotto forma di sciacallo poi
riguardò Apopi:«posso ancora fermarti»disse.
Apopi rise malvagiamente e sibilando disse:«Anche se adesso godi del favore degli Dei non puoi battermi, io
sono un ombra».
Ahmanet guardandolo fisso negli occhi disse:«ti racconterò una storia Apopi, ci fu’ un tempo in cui mio
padre mi addestrò, m’insegno come difendermi e ogni volta dopo l’addestramento ci sedevamo su una
collina di sabbia e mi raccontava delle storie. Ci fu’ un giorno che mi raccontò questa storia, mi disse che mi sarebbe servita”»
Il serpente inclinò la testa verso destra «sono un buon ascoltatore, ho udito per millenni le urla degli impuri,
continua» ordinò.
«C’era un guerriero che vagava senza sosta nel deserto, col sudore sulla fronte e il respiro affannato, era
sopravvissuto ad una battaglia persa», dette quelle parole Nefer sentendo diminuire l’impeto della tempesta,
si drizzò come se riuscisse a sentirla si girò lentamente nella sua direzione, Ahmanet se ne accorse e continuò:
«nonostante avesse perso tutto, la casa ridotta in fiamme, i suoi guerrieri, che considerava suoi figli, il suo amore, la sua famiglia sterminata dalle fiamme dei nemici assetati di sangue e dalla vendetta, ma nonostante questo il guerriero continuava a combattere stoicamente le ingiustizie e l’oscurità , giorno e notte. Col tempo divenne una leggenda e
si dice che chi fosse degno di pronunciare il suo nome, venisse pervaso da forza ed energia…il suo nome era Nefer- Kepher….»
“Ra!!!»Urlò Nefer, che facendo appello a tutte le sue forze balzò fuori dalla tempesta e conficcò la sua
arma nelle carni di Apopi che si drizzò e urlò:«Tu…mi hai imbrogliato!! Mi hai mentito!!»
E ruotando la lama della lancia nelle carni di Apopi.
Il serpente sibilò cercando di divincolandosi e far cadere Nefer che non si mosse dalla sua posizione e
conficcò di più la sua lama raggiungendo il cuore.
La lama fuoriuscì dall’altra parte del corpo intrisa di sangue nero, il serpente si dissolse e con esso la
tempesta.
Nefer era ora in ginocchio davanti ad Ahmanet, si rialzò lentamente si ritrasformò in umano, ripose la sua
spada nella fodera di cuoio.

Rimasero a lungo a fissarsi:«sei veramente tu Ahmanet?»chiese Nefer
«Si sono, io mio padre mi ha rimandato indietro»
«Impossibile tu menti!! Non sei Ahmanet!! Lei è Morta Davanti a me!!» disse furioso sguainando la
spada puntandogliela contro con le lacrime agli occhi:«se tu…sei veramente Ahmanet dimmi..che cosa significa il suo nome??» chiese fuioso
«Rispondi alla mia domanda!! Che cosa significa?! Avanti dillo!!!”
«Dono della luna» disse in egiziano Antico Ahmanet, Nefer si pietrificò e sgranò gli occhi la spada cadde dalla sua mano e le lacrime percorsero il suo viso bagnando la sabbia, cadde in ginocchio tenendo chino il capo.
«Perché ti stai…inginocchiando?» chiese Ahmanet, ma Nefer non rispose.
Ahmanet si chinò verso di lui sollevandogli dolcemente il viso intriso di lacrime:«credevo di averti perso di nuovo…»disse Nefer.
Ahmanet avvicinò la sua fronte a quella di Nefer entrambi chiusero gli occhi:«non succederà, è una
promessa» disse distaccandosi dolcemente da lui .
«Perché piangi guerriero? Alzati» disse con tono autoritario.
Nefer si alzò asciugandosi le lacrime:«io non riesco a capire comehai fatto a tornare io non riesco a credere
che tu sia vera… io» disse quasi spaventato.
Ahmanet si avvicinò a lui, lo zittì posandogli l’indice della mano destra sulla bocca:«sono qui ora, abbiamo
un regno da ricostruire» disse sorridendo
Nefer sorrise sorpreso:«si mia regina» disse baciandola appasionatamente.
Di fronte a loro il Sole sorgeva all’Orizzonte, era l’alba di un nuovo regno, l’alba del regno di Ahmanet e
Nefer.

La Mummia: Il risveglio della Luna  (Fan Made)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora