Capitolo 15

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Eccoci arrivati. -Scendi, vado a cercare parcheggio.- Mi sorride e rende questa giornata ancora più luminosa. Quelle poche nuvole che dipingono il cielo di una tonalità più scura, svaniscono per lasciare spazio al cielo di un azzurro limpido. Ora questo è il mio stato d'animo e spero rimanga così ancora per molto. Mi ricompongo dall'osservare accuratamente ogni dettaglio del viso di Daniel e faccio come dice. -Ti aspett...- Non mi fa terminare la frase che sfreccia dinanzi a me dirigendosi nell'area parcheggio. Dio, fa che non sia tornato il solito imbecille scorbutico! Una cosa è certa però: da sola non ci entro a scuola!

Mi guardo intorno poiché mi sento osservata e noto che Jennifer e Stefania mi si stanno avvicinando. Da quando mi hanno fatto cadere dalle scale non ci siamo più parlate e non ho intenzione di concedergli un po' del mio tempo proprio adesso che sono rilassata. Ecco l'ansia affiorare nel mio ventre quando ormai quelle due sono a pochi passi da me. Inizio ad incamminarmi, indifferente. Ma subito mi ritrovo davanti la faccia rifatta di Jennifer. Abbasso lo sguardo sui suoi piedi: ah, ecco perché è pari alla mia altezza! Indossa delle zeppe che la fanno sembrare una giraffa con qualche problema di equilibrio. -Michelle, puoi ascoltarci un attimo? Ci dispiace e visto che domani c'è una festa...- La sua voce stridula mi arriva in modo sin troppo chiaro alle orecchie e una parola scatta nella mia mente: falsità. Quella parola che mi accompagnato sin da piccola e mi ha fatto crescere troppo in fretta, imparando a convivere con mille complessi e paranoie. Decido di ignorarla quindi la sorpasso con le mani nella tasca del mio giubbotto e decido di aspettare Daniel a un passo dietro il cancello, dove gli altri non possono guardarmi. Ma dov'è finito?!?

-Eccomi. Allora, andiamo?- Mi immergo nei suoi occhi poi, senza farmi notare, lancio un'occhiata alle due oche e vedo che Stefania sussurra qualcosa (di sicuro riguardante me) all'orecchio di Jennifer. Quest'ultima ha un'espressione infastidita delineata dall'aggrottamento delle sopracciglia. Le sorrido vittoriosa, consapevole che il nervosismo è dovuto al fatto che ora Daniel ha passato il suo braccio muscoloso attorno alle mie spalle. Sollevo lo sguardo su di lui e lo vedo un po' turbato... -Che ti hanno detto quelle lì prima?- Che si sia accorto dei nostri scambi di sguardi? -Oh, niente... Perché?- La sua faccia assume un'espressione da saputello come a dire che non è scemo. Sbuffo. -E' che...- Tolgo a malincuore il suo braccio dalle mie spalle e mi incammino con una mano sulla cinghia dello zaino. Lui è a pochi passi da me e sta per raggiungermi. -Io le odio.- Ringhio. Mi volto di scatto verso Daniel e lui quasi mi cade addosso. Sento le lacrime premere contro la barriera dei miei occhi ma devo resistere. Non voglio e non posso mostrarmi così volubile e fragile ai suoi occhi. -Abbiamo cinque minuti prima che la campanella suoni. Vieni con me.- Inaspettatamente, mi prende per mano e mi trascina dietro di sé: è diretto all'interno della scuola. -Cinque minuti per fare cosa?- Varchiamo il portone possente dell' edificio ma non mi risponde. -Oook, tieniti i tuoi segreti- borbotto scocciata: detesto quando le persone non rispondono alle mie domande o affermazioni. Tutti sono determinati ad ignorarmi. Anche all'interno di un gruppo (quando cerco di farmi coinvolgere) vengo trattata in questo modo. Non capisco.

Daniel mi tiene fermamente per la mano e le vene che si affacciano lungo il suo avambraccio ne evidenziano la sua determinazione a fare quello che dice che dobbiamo fare. Svoltiamo a destra, sinistra, poi dritti, poi nuovamente a destra fin quando ci fermiamo davanti la porta dello stanzino dei bidelli. -Allora? Non capisc...- Daniel si guarda intorno e appena quasi  finisco la frase si lancia su di me e posa l'indice sulle mie labbra. Avverto un tremolìo di piacere in tutto il corpo e arrossisco solo per quel semplice contatto. Daniel posa lo sguardo proprio sulle mie labbra e passa la lingua sulle sue. Santo Dio, sto per morire dalla sua bellezza! Aiuto!

L'incantesimo si spezza quando Daniel toglie il suo dito dalla mia bocca e apre delicatamente la porta dello stanzino cercando di non fare rumore per non destare sospetti. -Entra.- Non ci capisco niente. -Perché mi hai portata qui? Non mi vorrai ammazzare vero?- Siamo appoggiati al muro del piccolo stanzino al buio, ma posso sentire comunque la risata di Daniel e il suo pomo d' Adamo scendere e salire lungo il suo collo. Alzo le spalle e sorrido, rilassata dal suo comportamento al quanto gentile di oggi. -Fammi capire una cosa: ti sei svegliato proprio così stamattina?- Mi metto di fronte a lui, le braccia sui fianchi. -Che intendi?- Ora è il mio turno fare la faccia da saputella. Ma evidentemente non ci arriva: scemo. -Il fatto che sei così gentile, dolce...- Gli rivolgo un sorriso compiaciuto e lo osservo. -Ti dà fastidio. Vero?- -No! Anzi! E' che sei strano e... ho paura.- Posa le mani sulle mie braccia e mi fa girare, in modo da avere la schiena al muro. -Hai paura di cosa?- Trattengo il respiro per la sorpresa di quel gesto improvviso. -Che tu possa ritornare quello di prima. Il solito prepotente, egocentrico, sbruffone, insolente e...- -Mi sembra di capire che ho più difetti che pregi.- Non rispondo ma vorrei dirgli molte cose: che con lui mi sento rilassata, senza ansia né paranoie, in pace con me stessa, felice, viva. Ma sto zitta perché mi vergogno. -Comunque ti ho chiesto cosa ti hanno detto le tue amiche e perché le odi. Ecco perché ti ho portata qui; lì ti senti osservata. Me ne accorgo.- -Come te ne sei accorto?- -Questo non importa. Tieni conto che io noto molte cose. Più di quanto pensi.-

Respiro profondamente. Allora forse sa del mio disagio a scuola, del fatto che mi sento fuori posto, che non ho amici, che sono timida e che mi faccio troppi problemi. Sento di nuovo le lacrime intenzionate ad uscire e stavolta non riesco a fermarle. I miei singhiozzi spezzano il silenzio nello stanzino ma all'improvviso, vengono bloccati quando sento due braccia avvolgermi in quello che sembra un abbraccio. Daniel. Daniel mi sta abbracciando, proprio qui, proprio ora. Le sue braccia avvolgono la mia vita e il suo mento è poggiato nell'incavo tra il mio collo e la spalla. Non ho mai provato queste sensazioni: non ho mai ricevuto un abbraccio da un ragazzo ma sento che questo è il mio posto preferito. Mi sento capita per davvero. -Io.. sin da piccola sono stata messa da parte. Non volevo giocare come gli altri bambini. Stavo da sola a giocare e ricordo che anche al mio compleanno piangevo perché i bambini mi prendevano in giro. Ma questo è niente in confronto a quello che è successo alle medie: venivo presa in giro sì, ma per cose più serie. Ero grassa e mangiavo tanto. Mi dicevano che facevo schifo, che non avevo amici proprio per il mio aspetto fisico. Così... ho smesso di mangiare e mia madre mi portò all'ospedale a causa dei miei continui svenimenti. Ero pelle e ossa e pensavo che alle superiori avrei trovato veri amici proprio perché ero dimagrita. Ma capii che non contava il mio aspetto ma che era la mia timidezza ad ostacolarmi. Così ricominciai a mangiare. Non troppo ma in modo equilibrato. Sono diventata come mi vedi ora. Come vedi però comunque non ho amici. E' colpa della mia timidezza e non posso farci niente. E' parte di me e non posso cambiare me stessa per piacere agli altri. L'ho capito. Jennifer e Stefania mi hanno detto che vogliono parlarmi ma vorranno solo qualcosa da me e faranno le false dispiaciute per la mia caduta dalle scale. Non voglio più ascoltarle. Questo è troppo.- 

Daniel mi ha ascoltato per tutto il tempo e ormai la prima ora di lezione è andata. Siamo stati chiusi qui per altro che cinque minuti! E la maglia di Daniel è bagnata dalle mie lacrime. -Usciamo.- Sta per aprire la porta di legno ma -Aspetta.- Vedo che stringe i pugni, nervoso. -Cosa c'è, Michelle?- Aggrotta le sopracciglia e mi guarda. -Non...Fai finta che non ti ho detto niente. Non voglio che provi pena per me.- Mi si avvicina e posa due dita sotto il mio mento. -Ehi, grazie per avermi confidato le tue paure e il resoconto della tua adolescenza.- Sussurra dolcemente. -Non dirò niente a nessuno di tutto questo. E' il nostro segreto. Puoi confidarmi tutto quello che vuoi, io ci sono. Fidati.- Ho dei dubbi ma cerco per una volta di sotterrarli e metterli da parte. -E tu..- Emetto un sussurro timido. -No, Michelle. Io non cambio, promesso.-










E' dal dolore che si può ricominciare #Wattys2019 [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora