Capitolo 8

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Ascolto attentamente lo scrosciare impetuoso della pioggia fuori dal terrazzo della mia stanza da letto. La pioggia non mi è mai piaciuta poiché mi è sempre sembrata malinconica, che non ti infonde conforto ma al tempo stesso fa provare emozioni dentro di te che non ti fa sentire quella solitudine piena con la quale ormai sono abituata a convivere. Ripenso a quello sbruffone di Daniel Rossi: perché un minuto prima fa il quasi dolce e il minuto dopo il menefreghista ed egoista? Cosa gli ho fatto! D'altronde, io l'ho avvisato di lasciarmi stare e di andarsene: è lui che non mi ha ascoltato...

Alla fine, sono andata dalla prof. in segreteria e le ho detto che non mi sentivo bene e che il giro con Daniel Rossi lo avrei fatto un altro giorno. Lei mi ha compresa ( anche se un po' innervosita) e mi ha informato che avrei continuato due giorni dopo. 

Ed eccomi qui, a meditare sul fatto che devo fare l'indifferente (domani più del solito) con un po' tutti ma in particolar modo con il modello scorbutico. Ormai è sera e dopo aver cenato e aver riletto uno dei miei libri preferiti, mi addormento rilassata e con lo stridìo dei lampi mischiati ai tuoni che rimbombano nel cielo tempestato di pioggia che cade debolmente al suolo ma creando un forte boato nel cielo notturno ricoperti di nuvole che coprono del tutto le piccole miriadi di stelle.

°°°°°

Davanti agli occhi mi si presenta l'imponente scuola e con un discorso ben preparato nelle mia mente, mi costringo a varcare i possenti cancelli. Lo cerco con sguardo feroce, ma il mio cuore che batte fortissimo non contribuisce a farmi sentire determinata. E' più forte di me: quando penso a Daniel, il mio corpo brucia. Cerco di concentrarmi sul discorso da rivolgergli contro ma questo svanisce e si disperde in chissà quale parte della mia mente, quando lo vedo.

E' a un paio di metri di distanza da me, ma questa lontananza provoca comunque emozioni contorte che si sfiorano tra di loro, fino a quando non si incontrano e si sovrappongono scatenando in me un mix di emozioni difficili da decifrare.

E' lì, con un giubbotto nero con la cerniera azzurra, col cappuccio a coprire il capello grigio chiaro in testa, ed è insieme a dei ragazzi del quarto anno, proprio loro che mi hanno sempre presa in giro per come mi vesto. Abbasso lo sguardo sul mio abbigliamento: stamattina ho deciso di indossare dei leggings neri con sopra una felpa rossa un po' meno larga delle altre a completare "l'opera", degli stivaletti neri con un piccolo tacco. I capelli sono attaccati con un fermaglio lateralmente, a scoprire un po' la fronte: certe volte mi viene voglia di far intravedere il bel corpo che si nasconde sotto cumuli di stoffa. A me piace il mio fisico, mi piace eccome, ma a esternarlo non ci riesco. Ho paura del giudizio altrui.

Daniel ascolta distrattamente i discorsi dei suoi (credo) amici. Passa una mano tra i capelli liberi dal cappello, arruffandoli e poi si gira a tre quarti verso di me. I suoi occhi diventano una calamita che esercita attrazione verso i miei e in quel momento si incrociano. Sostengo il suo sguardo e quando accenna un sorrisetto nella mia direzione, mi accorgo di essere rimasta imbambolata lì in mezzo al corridoio principale della scuola. Guardo dietro di me, convinta ci sia qualche altra persona dietro di me a cui era indirizzato il suo mezzo sorriso, ma vedo solo la porta di una delle tante classi del primo piano.

Ha sorriso proprio a me e non so come interpretarla. Lui continua a fissare ogni mio movimento e scende fino alle mie gambe, diventate gelatine in un secondo. Passa la lingua sul labbro inferiore, con... desiderio(?) e poi ritorna a fondersi nei miei occhi. Distolgo lo sguardo e aggiusto il mio zaino sulle spalle, iniziando a salire le scale per arrivare al mio piano. Sento ancora i suoi occhi ancorati sul mio corpo e la mia pelle vibra, mi fa provare tremolii che si propagano per tutto il corpo.

Lungo le scale incontro Jennifer e Stefania, le ultime persone che avrei voluto vedere oggi (escludendo Rossi, eh!). Oggi Luca non l'ho visto quindi dubito sia venuto: quando ho bisogno di lui si assenta da scuola! Gli avrei potuto chiedere di accompagnarmi in classe così non avrei dovuto perdere il mio tempo "ascoltando" queste due galline. -Oh, ma guarda chi si vede!- strilla Stefania, attirando l'attenzione dei ragazzi che salgono e scendono le scale. -Che cosa volete? Non urlare Stefania!- cerco di guardarla negli occhi contornati da un chilo di trucco, come tutta la faccia d'altronde. -Tu non mi dici cosa devo o non devo fare. Hai capito sfigata?- Stefania mi rivolge uno sguardo di sfida al quale io non rispondo.-Fammi capire un po'. Da un giorno all'altro ti senti importante? Credi di fare conquiste con lui?- 

Jennifer mi arpiona il braccio, stringendo con le sue unghie finte. Ci fosse una sola parte naturale del suo corpo. -Di che state parlando?!? Lasciami, mi fai male!- le scosto la mano dal mio esile avambraccio. -Non fare la finta tonta. Ti dice qualcosa il nome Daniel Rossi?- Stefania interviene nuovamente nella discussione. -Se credi che lui ti noti anche solo per un secondo, sei proprio una povera illusa! Non è solo perché la professoressa ti ha detto di presentargli la scuola vuol dire che lui si accorga di te, stanne certa!- Dentro me, si mescolano emozioni contrastanti: paura, rabbia, odio... Non so come spiegare quello che provo, come non so come difendermi, come reagire... Sono ferma a un paio di gradini più bassi rispetto alle ragazze. Attorno a noi, la gente sale e scende e continua con questo ritmo, ignara di quello che sta accadendo dentro me. -A me non interessa niente di lui. Che mi guardi o no è indifferente. La vostra è solo invidia, siete delle gatte in calore in cerca di altre esperienze. Siete delle putta...- una spinta della mano di Stefania allo stomaco mi fa fare dei passi indietro e i miei piedi non toccano più il terreno, facendomi saltare da almeno cinque gradini di scale. Non riesco a capire cosa sta succedendo, neanche quando due forti braccia mi reggono. 

Percorro con lo sguardo i lineamenti definiti delle sue spalle, osservo il suo collo, le vene tirate dall'agitazione; infine, percorro il mento, gli zigomi evidenziati da un filo di barba e salgo un po' più su fino a trovare i suoi occhi. Non li avevo mai visti così da vicino e quando ho detto che erano marroni con sfumature dorate come i miei, mi sbagliavo: i suoi occhi erano marroni e c'era una distesa erbosa rappresentata dal verde smeraldo. Tutto completava una scia giallastra. In quel momento, mi sembrava di stare nel mio posto preferito (dopo la mia stanza da letto): il boschetto nel parco. Il marrone rappresentava la terra inumidita che si trasformava in fango tempestato da foglie secche marroncine. Il verde mi ricordava gli alti alberi, gli arbusti, i cespugli che si specchiavano nell'acqua cristallina in cui si specchiava la luce del sole. Il colore caldo e giallo dei suoi occhi, quella sfumatura che si mischiava agli altri colori.

La sua voce mi riporta alla realtà: -Stai bene?- In un attimo, ricollego tutto, tolgo subito le sue mani strette a pugno attorno alla mia vita e mi alzo in piedi. Scappo in bagno, anche se la campanella suonerà a momenti. Andate tutti a quel paese!

Entrata in classe, mi preparo psicologicamente a passare cinque ore a scuola. Mi concentro su quello che succede fuori dalla finestra. In questo modo passerà subito questa mattinata scolastica, no?

°°°°°

Mi guardo attorno, attenta a non incontrare sguardi indesiderati. Sto per uscire dal cancello quando il suono del telefono si diffonde intorno a me. Leggo il nome di chi mi chiama: Matias. Ci siamo scambiati i numeri quando l'ho accompagnato all'hotel qualche giorno fa e poi non ci siamo più sentiti. Vorrei conoscerlo meglio.Chissà, potrebbe diventare mio amico. Ma a chi voglio prendere in giro.. Lui come a nessun'altra persona si interesserà mai a una come me. -Pronto? Matias?- Sento un brusìo di sottofondo, segno che è in centro, tra il casino della città. -Ciao Michelle! Volevo ringraziarti per avermi aiutato nel parco. L'altra volta non ti ho ringraziato per bene... Come stai?- Sorrido, al suono della sua voce (ampliata dal volume un po' alto) e arrossisco. Non so perché mi fa questo effetto. -Ma tranquillo, di niente. Tutto bene, tu? Sei ancora in quell'hotel?- rispondo sincera e incuriosita. -Sì, è di questo che volevo parlarti.. Sono cambiati i programmi: resterò nella vostra città per cinque mesi. Prima erano troppo pochi per visitare tutta la città.- Io ridacchio leggermente. -Che bello! Sì, in effetti ci sono tante meraviglie da scoprire nei dintorni.- Passo una mano tra i capelli e noto che la maggior parte della scuola è andata via. -Volevo chiederti se... vuoi venire a fare una passeggiata questo pomeriggio nella città? Con me intendo...-  

Sorrido felice ma la felicità mi viene strappata via subito, come viene strappato via il mio telefono. Spunta Daniel di fronte a me. Con voce decisa, accompagnata da un cenno del capo e da un sorriso da sbruffone, mi guarda negli occhi con fare provocatorio e infastidito al tempo stesso e con il mio telefono all'orecchio, con la chiamata ancora in corso, risponde: -Lei non va da nessuna parte.-

Ciao! Come state? Cosa ne pensate di questo capitolo? Vi piace? E cosa pensate del comportamento di Jennifer e Stefania? E di Daniel e Matias?
Troppe domande lo so, ma sono incuriosita e voglio leggere i vostri commenti. Mettete una stellina e leggete, mi raccomando! Vi voglio bene, ciao.❤❤❤❤❤

E' dal dolore che si può ricominciare #Wattys2019 [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora