Capitolo 2

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- Tesoro io esco,torno questa sera -

Un viso si affacciò alla mia camera e due occhi castani incontrarono i miei ambra. Il suo sorriso parve sparire e la vidi entrare dentro la stanza sedendosi sul mio letto. Spostai le coperte e la guardai,lunghi capelli neri erano legati in una coda improvvisata,aveva messo del trucco sugli occhi e sulle labbra facendola sembrare ancora più bella di quanto già lo fosse. Le sorrisi debolmente

- ok, io non ho molta voglia di andarci oggi -

Annuì lievemente ma lei sembrò capire ancora prima che aprissi bocca per spiegarle. Mi lasciò un debole bacio sulla fronte e si alzò dalla  sua posizione guardandomi con uno sguardo triste

- fai quello che ritieni piú opportuno -

disse sorridendomi piano per poi uscire dalla mia camera e scendere le scale diretta verso la porta d’ingresso

Sospirai abbattuto. Kate era mia madre se così si può dire. Quando ero ancora in fasce fui dato in adozione,non ho mai conosciuto la mia vera famiglia,non ricordo il viso di mia madre e nemmeno dove eravamo,ero troppo piccolo ... Da quanto mi hanno raccontato i miei nuovi genitori sono rimasto due anni in un centro di adozione dove i dottori mi visitavano ogni giorno studiando i miei occhi. Già, i miei occhi, i medici dissero ai miei genitori che avevo qualcosa che non andava,non avevamo un colore stabile,passavano dal castano al verde cristallo e di nuovo dall’ambra al nero di scatto. Kate mi disse che mi aveva portato in diversi studi medici ma che tutti rimanevano straniti dai miei occhi,non che avessi problemi di vista o cose del genere,anzi ci vedevo perfettamente anche se il colore cambiava. Mi portarono da un oculista professionista il quale mi visitò e ipotizzò l’eterocromia cioè un “difetto” nel colore degli occhi,infatti si presentavano uno diverso dall’altro ma anche lui rimase accigliato quando Kate disse lui che gli occhi cambiavano colore indipendentemente ed entrambi presentavano lo stesso colore.  Da quel giorno il medico mi prese come un caso a parte, ero un ragazzo diverso dagli altri e non c’erano cure per il mio difetto genetico,infatti secondo molti era un problema genetico alle cornee.

Kate e Ryan mi adottarono quando avevo due anni e qualche mese,dissero di essersi innamorati del mio viso. Da quel giorno ho iniziato a prenderli come i miei veri genitori visto che non conoscevo nemmeno il viso di mia madre. Kate lavorava come dentista mentre Ryan come assistente sociale ma quando avevo sedici anni entrambi persero il lavoro in seguito ad una crisi sul lavoro. Da quel giorno entrambi cercarono di trovare un lavoro per portare a casa dei soldi e continuare a vivere nella nostra casa. Solo quando abbi compiuto diciassette anni Ryan trovò un lavoro a Londra e così partì ... Tutt’oggi non è ancora tornato,riceviamo sue notizie una volta alla settimana dove spesso ci mandava i soldi che guadagnava e dei saluti. Kate invece per portare anche lei qualcosa a casa lavorava da mattina a sera come donna delle pulizie. Odiavo vederla così, volevo aiutarla in qualche modo ma non sapevo esattamente come,sapevo solo che non l’avrei mai fatta vivere in quel modo,lei meritava di più ed io ero pronto a ripagarla per i suoi sforzi. Presi un respiro e mi alzai dal letto cercando di scacciare il nodo allo stomaco che mi si creò. Guardai l’orario,segnava le sette  e quaranta e la scuola avrebbe aperto alle otto e dieci, avevo tutto il tempo necessario per prepararmi e uscire di casa. Camminai fino all’armadio e presi una semplice camicia a scacchi rossi e un paio di jeans anch’essi scuri.  M diressi a passo lento verso il bagno e guardando il mio riflesso sullo specchio dovetti trattenere un conato di vomito. Un livido violaceo colorava il mio zigomo chiaro ed una serie di più scuri su tutto il mio petto coperto di tatuaggi che non mostravo mai a nessuno.  Sospirai e cercai di non pensare alle immagine del giorno precedente. Mi avevano preso subito fuori da scuola e picchiato per non so neanche quale ragione. Abbassai lo sguardo e serrai la mascella e sfiorai con la mano la scritta che portavo sopra il petto , era il nome di Kate in arabo,sorrisi e mi vestì velocemente cercando di nascondere quei segni indelebili sulla mia pelle.  Non mi piaceva mostrarli,facevano parte di me e nessun altro doveva entrare a fare parte,li proteggevo come proteggevo mia madre e mio padre. Presi lo zaino e scesi le scale uscendo di casa chiudendo la porta dietro di me.

Le strade erano deserte, alcune macchine passavano lentamente fermandosi allo stop per poi ripartire alla stessa velocità, le case accanto alla nostra non erano molto diverse tra loro,cambiava solo il colore e il giardino. L’unico aggettivo che mi veniva in mente guardandole era tristi, non erano originali per niente,tutte con la stessa forma rettangolare e le due finestre panoramiche che davano sulla strada. Attraversai la strada senza prestare attenzione alle vetture,che senso avrebbe? Non ne passavano mai e quelle poche che lo facevano andavano talmente piano che potevi superarle con una corsa lenta. Camminai per dieci minuti e sfortunatamente raggiunsi la scuola. Era come sempre,pulita,elegante, muri puliti senza graffiti e finestre ornate di tende. Patetica,ecco cosa era.  Attraversai il cortine e notai che non c’era nessuno e le porte erano chiuse. Mi avvicinai e trovai un foglio attaccato ad una delle ante della porta d’ingresso. Il preside aveva scritto che in seguito ad uno sciopero dei professori la scuola sarebbe stata chiusa fino a data da decidere. Appena lessi quelle parole scoppiai quasi a piangere dalla felicità ma poi lessi le ultime tre righe scritte più in piccolo. Le lezioni sarebbero state spostate in un ...

- parco? -

dissi stranito

Continuai a leggere e capì che ci avrebbero portati in un campeggio della zona dove avremmo studiato con altri professori e dormito dentro tende in mezzo ad un parco. Sbuffai stressato,non solo  avrei dovuto andare a scuola ma avrei anche dormito in una tenda in mezzo ad un prato,non potevo chiedere di meglio ... Serrai la mascella e tirai un pugno alla porta irritato. Mi girai e tornai sui miei passi diretto verso una destinazione a me sconosciuta ma che sarebbe diventata come la strada di casa da li a pochi giorni. 

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