Prologo

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3 mesi prima

Tutti i membri della mia famiglia attorno a questo tavolo mi stanno guardando, ma io non so che dire.

La scuola ha chiamato la mia famiglia qualche ora fa, e adesso ovviamente si aspettano delle spiegazioni.

Me lo aspettavo, ma non significa che mi vada bene.

Come potrebbe andare bene.

Mia madre crede che sia solo un pettegolezzo che gira a scuola, così come anche mio padre, Jordy e Marty.

Potrei anche dirgli che è così, ma non cambierebbero le cose.

Sono sei anni che me lo tengo dentro e, adesso che ne ho l'occasione, forse potrei finalmente tirarlo fuori.
Il problema è che non so che parole usare.

Con Tyler è stato semplice, perché credevo che mi capisse.
E invece, ancora una volta, mi ha rovinata.

Eppure mi aveva avvertita di stargli lontano, ma io non l'ho ascoltato.

Mia madre spezza il silenzio.
"Ele, parla con noi.
Vogliamo solo capire se è vero", dice, quasi sottovoce.

Quando vedono che non rispondo, interviene mio padre.
"Puoi dirci cosa succede?", chiede piano.

Decido di essere sincera una volta per tutte.
Forse mi aiuterà a liberarmi di questo peso, anche se non credo che sarà così.

So che mi tormenterà per tutta la vita.
Ma loro, nonostante tutto, che mi piaccia o meno, sono la mia famiglia.
Forse sono i primi che meriterebbero di saperlo.

"È vero", dico sottovoce, e tutti si girano di scatto a guardarmi.

Nessuno dice una parola però, sono tutti rimasti di sasso.

"Perché non me lo hai mai detto?
Perché non me lo hai detto quel giorno?", mi chiede mia madre, la voce tremante, segno che sta per piangere.

Alzo lo sguardo.
"Non volevo che mi guardassi come mi stai guardando ora. Non volevo che nessuno mi guardasse come mi state guardando voi ora", dico con voce decisa, per cercare di rendermi forte, ma non ci riesco.
Non ci riesco mai quando ricordo quei momenti.

"Come ti stiamo guardando ora, Ele?", interviene Jordy con un'espressione compassionevole.

"Come la povera figlia che è stata violentata", dico a denti stretti, per cercare di non scoppiare in lacrime, e a quella parola, tutti sussultano, come indignati per il mio coraggio di averla detta.

Dopo qualche minuto, mia madre parla di nuovo.

"Ci dispiace da morire", sussurra in preda ai singhiozzi.

"Anche a me, mamma.
E non tanto per questo, perché non potevate saperlo.
Ma per il fatto che in tutti questi anni, nessuno di voi si è mai accorto che stavo male.
Che mi ero chiusa in me stessa, e che avevo paura."

"Pensavamo fossi fatta così", si intromette mio padre per giustificarsi.

"Questo dimostra quanto mi siete stati accanto nella mia vita."

Non mi toccare 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora