37. Ormai è fatta

7.6K 296 43
                                    

                                                                                   "Lovely", Billie Ellish, Khalid

Tyler's pov

Mi sentivo uno schifo a dovermi comportare in questo modo. Non se lo meritava: non faceva altro che tentare di starmi vicino, ed io come uno stronzo senza cuore la trattavi di merda.

Me ne resi conto, soprattutto quando lessi nei suoi occhi che le parole che le avevo detto l'avevano ferita . Ma  il mio cervello tentò di persuadermi del fatto che lo facevo solo per lei e per il suo bene.

Giurai che avrei voluto uccidere Mason e Kendall. Non tenevano mai chiusa quella cazzo di bocca. Avevo provato a zittirli, a dirgli di non andare oltre, ma avevano fatto come gli pareva, fregandosene completamente delle mie preghiere per far si che non parlassero.

E di certo non potevo far uscire Clay, sarebbe sembrato troppo sospetto.

Mi sentivo male se pensavo che tutto quello che di brutto le era capitato era stato solo per colpa mia. Ed era lo stesso motivo per cui mi sentii uno straccio a starmene seduto qui vicino a lei. Non la meritavo. Non dopo tutto quello che le avevo provocato.

Ma sapevo che andarmene sarebbe stato solo peggio, per entrambi. Le spezzerei il cuore, ma prima del suo spezzerei il mio.

E riconoscevo di essere egoista a starmene lì indenne, ma fin quando avessi letto l'amore nei suoi occhi per me avrei avuto un unico motivo per restare.

"Ehi!", urlò di fianco a me agitando le mani come una pazza. Mi toccò soffocare una risata.

"Ti sento, non c'è bisogno di urlare. Se non vuoi che facciamo un'incidente mettiti seduta e allacciati la cintura"

Borbottò distrattamente ma smise di agitarsi sul sedile e si girò per afferrare l'estremità della cinta. "Questo non significa che è finita qui. Non la passerà liscia, signor Evans", mi ammonì.

"Farò il bravo bambino d'ora in poi"

Le scappò un sorriso, ma per orgoglio lo nascose dietro la sua mano. Anche se era un gesto piccolo, mi provocò una fitta al cuore sapere che per colpa mia si impediva di sorridere.

"Che stai facendo?", mi chiese perplessa. Staccai la mano destra dal volante e la allungai verso la sua, premuta sulle sue labbra. La spostai delicatamente e me la portai sulla gamba.

"Sei una contraddizione vivente", farfugliò sbuffando. Eppure, non si scostò. Strinse le mie dita come per paura che potessero scivolarle via.

Non spiccicò più parola finché non arrivammo alla tavola calda.

Mi stupì davvero vedere le luci al neon ancora lampeggianti a quell'ora quando arrivammo lì davanti.

Era strano che un locale come quello tirasse avanti fino alle undici di sera: non c'era assolutamente nessuno.
Né dentro, né fuori.

"Carino", commentò nocciolina mentre tiravo la porta in avanti.

"Concordo"

Un odore di bruciato, salsa barbecue misto ad hamburger e patatine fritte e panna in scatola mi mandò in tilt l'olfatto.

Mi guardo un po'attorno. I tavoli sono tutti liberi. Soltanto uno di loro, vicino alla porta a vetri che da sulla strada, è occupato da Susan e Clay.

"Finalmente. Pensavamo ve ne fosti andati a casa", disse Clay appena ci scorse all'ingresso del locale.

Nocciolina si accorse di loro e gli andò incontro. "Perché avremmo dovuto?", domandò.

"Non si sa mai", commentò Susan lanciandole un'occhiata ammonitrice.

Non mi toccare 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora