26. Non l'ho mai vista davvero

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"I have nothing", Whitney Houston

Tyler's pov

Aprii gli occhi flebilmente, e mi maledii per averlo fatto. Una luce insistente entrava dalla finestra alla mia sinistra, e non riuscivo a vedere nulla. Piccole macchie di colore cominciavano a formarsi davanti al nero dei miei occhi, abituati al buio.

Mi scoppiava la testa. Era come se qualcuno me la stesse colpendo ripetutamente con un martello, e stavo sudando. In quella stanza si moriva di caldo. O forse ero io? Mi alzai dal letto, levandomi la coperta di lana. All'inizio barcollai per ritrovare l'equilibrio. Avrò dormito per almeno cinque ore.

Cominciai piano piano a recuperare la vista completa, ed uscii in corridoio. Dovevo trovare il bagno, o un cassetto di medicinali. Avevo bisogno di qualcosa di forte per farmi passare il mal di testa, o la febbre, o qualunque cosa fosse.

Prima di entrare nel bagno del secondo piano, passai di sfuggita davanti alla camera di Ash. Ritornare lì mi faceva sempre un brutto effetto. Quando ero a Denver, non essendo la città dove ero nato e cresciuto, era quasi più facile lasciarsi il dolore alle spalle, perché non ce l'avevo davanti agli occhi, quindi facevo finta di non vederlo.

Ma essere lì me lo ricordava in ogni singola cosa che facevo, in ogni singolo posto in cui andavo.
Mi ricordava lui, Dan, la mamma, e la persona che ci aveva rovinati tutti, che ci aveva divisi.

Per fortuna Ele era sempre vicino a me, e credo fosse la cosa che riusciva a cambiare le cose radicalmente. Anche se io non glielo dicevo, o cercavo in tutti i modi di nasconderglielo per non farla preoccupare, capiva sempre quando avevo bisogno di lei, ed ogni singola volta lei c'era.

Era come se ci fosse sempre stata, ma io non l'avessi mai vista davvero, gli occhi offuscati dal dolore che quella città e tutte le persone che avevo perso mi avevano lasciato nel petto.

Arrivai dall'altra parte del corridoio ed entrai nel bagno. Era tutto impolverato, ogni singola cosa. Giustamente, per Dan sarebbe stato troppo chiamare una donna delle pulizie almeno una volta ogni tre mesi. Era già tanto che avesse continuato a pagare la bolletta dell'acqua.

Aprii tutti i cassetti, rovistai distrattamente tra le cianfrusaglie che c'erano dentro. Vidi di tutto: spazzolini, spazzole, pinzette, scotch, ma di un medicinale neanche l'ombra.

Uscii nuovamente e scesi le scale. Forse aveva tenuto qualcosa nella sua camera da letto. Entrai e notai che era probabilmente l'unica stanza non impolverata, sistemata e pulita al meglio. Il letto sembrava preparato anche per la stagione invernale.

Aprii i cassettoni ai piedi dell'armadio, con la speranza di trovare qualcosa che mi potesse aiutare. C'erano solo coperte, lenzuola, vestiti e altre cazzate del genere. Possibile che, con il freddo che faceva lì, non si ammalasse mai? Come cazzo faceva a non tenere medicinali in quella casa?

Mi rimase l'ultima speranza, i comodini. Mi avvicinai e mi abbassai alla loro altezza.
Aprii il primo cassetto, ma era completamente vuoto, e la stessa cosa anche il secondo.
Feci il giro del letto e aprii quello a sinistra.
Quando avevo ormai abbandonato tutte le speranze, trovai qualcosa. Non un medicinale, o qualcosa che mi aiutasse, ma un semplice pezzo di carta. Lo afferrai il più velocemente possibile, come se potesse svanire nelle mie mani da un momento all'altro.

Era una richiesta da parte di Dan Evans alla polizia internazionale di Atlanta. Una richiesta di rinnovo di passaporto. Perché Dan avrebbe dovuto rinnovare il suo passaporto?

Lavorava ad Atlanta, non avrebbe avuto motivo di viaggiare. L'unica cosa che sapevo era che la sua agenzia lo tratteneva nello stato della Georgia per la maggior parte dell'anno, non gli era permesso viaggiare, soprattutto in stagione estiva.

Non mi toccare 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora