51. Ricatti

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      "Fight song", Rachel Platten

"Sei pazzo, Tyler?", stridei sottovoce. Lo bloccai per un braccio e lo feci girare.

"Perché?", domandò scrollando le spalle.

"Perché dovresti? Non hai nulla da dirgli. E... per di più ti odiano. Quindi, per favore, torna in macchina", supplicai.

"Possiamo sempre fargli cambiare idea, no?", disse avvicinandomi verso la porta.

Lo tirai disperatamente per un braccio. "No che non possiamo! Ti prego!"

Si girò e mi venne incontro, prendendomi la mano. Abbassai la testa e guardai per un istante le nostre mani intrecciate, ma non dissi nulla. Era improvvisamente difficile sentirlo vicino in quel modo. "Andrà tutto bene. Più che cacciarmi di casa cosa possono fare?", mi rassicurò.

Per un momento pensai che si potesse fare. La mia famiglia non lo amava di certo, ma sarebbe stato solo un saluto, in fondo. La cena prima di partire da Atlanta sembrava così lontana in prospettiva a quel momento. Ma poi mi ricordai improvvisamente di mio padre. Marty, Jordy e la mamma potevano andare. Ma mio padre, assolutamente no. Lo avrebbe demolito.

"Aspetta! Mia madre ha detto che oggi sarebbe venuto anche papà. Non puoi, Tyler", pregai in modo disperato.

"Solo perché ci sarà lui?"

"Si! Non è un motivo più che valido per tornartene a casa? Andiamo. Ti prego"

Non mi ascoltò neanche. Accorciò di pochi passi la distanza che ci separava e posò dolcemente le labbra sulle mie. Cercai di non tirarmi indietro. Lo volevo davvero. Amavo il modo in cui mi sentivo quando l'avevo accanto a me. Ma allo stesso tempo ne ero spaventata a morte. Non volevo essere così dipendente dal bisogno che nutrivo per lui.

"Tuo padre mi adora, lo sanno tutti. Sarà bello scambiare qualche amichevole parola. Andiamo. Hai paura?", mi prese in giro.

"Certo che ho paura! Ti faranno a fettine", mormorai terrorizzata.

Mi spostò dolcemente una ciocca di capelli dietro l'orecchio e mi guardò intensamente. I suoi occhi verdi erano splendidi. Sarei rimasta lì a fissarli per tutta la vita. "Sono ancora in grado di difenderci", replicò con un sorrisetto.

"E' una follia", mugugnai mentre ci avvicinavamo alla porta di casa. Mi strinse delicatamente le dita tra le sue. Cercai le chiavi nello zaino e le infilai nella serratura.

Prima di aprire lo guardai, sperando che ci ripensasse. "Sei ancora in tempo per scappare in Messico e non farti vedere mai più", scherzai improvvisando un sorriso.

"Odio il cibo messicano", ribatté ridendo. Gli lasciai un'ultima occhiata disperata, presi un respiro profondo e girai le chiavi nella toppa.

"Ele, accidenti, ma quanto ci metti per tornare a casa?", esclamò subito la voce di mia madre. Sentimmo dei passi che si avvicinavano, e qualche secondo dopo i suoi occhi azzurri spuntarono dal salotto. Quando vide Tyler accanto a me spalancò la bocca e sgranò gli occhi.

"Buongiorno, signora Grace", salutò lui educatamente, con un ampio sorriso.

"Tyler", balbettò in modo confuso. Abbassò lo sguardo e fissò a lungo le nostre mani intrecciate. Lui non accennò a volermi lasciare. Mi agitai nervosamente al suo fianco, timorosa di sapere come sarebbe andata a finire.

"Be', che piacevole sorpresa", commentò con un largo sorriso falso sul volto. Si stava sforzando di sembrare compiaciuta, ma non era così difficile intuire quanto fosse infastidita.

"Già... Ciao, mamma. Tyler voleva passare per un saluto", mormorai. Mi rivolse uno sguardo truce, e mi zittii all'istante.

"Per un saluto, eh?", ripeté squadrando Tyler da capo a piedi. "Mi fa piacere, Tyler. Devo avvisarti però che, ogg... "

Non mi toccare 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora