|15| test e ragazzi biondi

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Eccedentesiast
(n.) qualcuno che nasconde il dolore con un sorriso

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Avviso pre-capitolo
Vi annuncio da subito che questo capitolo sarà interamente costituito da parti dei ricordi di Irwin, perciò non ci saranno interazioni con i Radurai ma solamente ricordi precedenti.
Grazie per la lettura❤

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Irwin

Mi alzai dal morbido materasso della stanza, unica nota positiva in quel posto.
Mi passai una mano tra i capelli intrecciati, provocandomi un leggero dolore ogni volta che tentavo di sciogliere un nodo.
Le porte della stanza si aprirono con uno sbuffo d'aria, e due guardie in uniforme entrarono, seguite dalla ormai familiare donna dai capelli marroni e gli occhi verdi.
《Soggetto A13, come stai oggi?》chiese prendendo dalla valigetta che si portava dietro un arnese per misurare la pressione corporea.
Avvolse l'elastico al mio braccio, e si tirò giù gli occhiali sugli occhi.
《Come sempre, dottoressa Camel》risposi, mentre la donna davanti a me si metteva a sedere sul bordo del materasso, premendo con le dita su uno strano palloncino bianco all'estremità del tubicino che lo collegava alla fascia sul mio braccio.
《Quindi stai bene》
《Definisca "bene"》la dottoressa sorrise, segnando qualcosa su un foglio e slacciando l'elastico dal mio braccio. Ripose l'aggeggio nella valigia, e tirò fuori la solita siringa di routine.
Come le altre volte: se senti dolore, dimmelo》affermò, facendo uscire una goccia di liquido dalla punta aguzza della siringa.
Annuii, allungando l'avanbraccio nella sua direzione.
Infilò l'ago nella vena, ma non provai dolore se non un leggero pizzichio.
Ogni mattina, la dottoressa Camel mi inniettava vitamine e sali minerali nel corpo, poiché con i numerosi test che dovevo affrontare, le mie difese immunitarie tendevano ad abbassarsi.
Così, ogni volta la stessa routine: arrivava, iniettava, salutava e usciva. Poi mi portavano il pranzo, e dopo il pranzo ritornava la dottoressa con le guardie: mi sedavano e mi portavano nel Laboratorio, e ci rimanevo fino a sera. Dopo ciò, tornavo nella stanzetta, cenavo e dormivo.
Alcuni giorni potevano verificarsi eccezioni: potevo passare l'intera giornata nel Laboratorio, oppure non andarci per niente, ma erano eccezione rare.
Tirò fuori l'ago, riponendo la siringa nella valigetta.
《Hai fatto colazione?》chiese alzandosi dal letto.
《Sì》
Bene. Oggi salterai il pranzo: devi fare un test a digiuno》disse sbrigativa, affrettandosi ad uscire dalla stanza.
《Perché?》riuscii a chiederle solo questo, ma non ottenni risposta oltre al sorriso che mi rivolse prima di uscire.
Rimasi di nuovo sola nella piccola stanza bianca priva di mobilio, a parte il letto e il piccolo armadio accanto ad esso.
Una piccola finestra illuminava l'ambiente, ma non si affacciava sul mondo esterno, bensì sul corridoio troppo illuminato che conduceva alla stanza. Ci era vietato avere qualsiasi contatto con il mondo esterno, ma io avevo anche il divieto di uscire dalla stanza.
Erano poche le volte che andavo fuori per la struttura: le volte che mi facevano uscire, o andavo in Laboratorio, oppure nella piccola saletta dove altri ragazzi, ragazze e bambini di tutte le età si ritrovavano. Ma non potevo interagire più di molto con loro: c'era sempre una guardia sulla porta a sorvegliarmi, mentre i miei polsi era tenuti fermi da salde manette. Non ne comprendevo il motivo, e tanto meno mai me lo avevano rivelato.
Così, mi ritrovavo a passare la maggior parte delle ore chiusa nella piccola stanza bianca.
Sentii qualcuno bussare alla piccola porta chiusa ermeticamente. Leggermente confusa, mi avvicinai ad essa: nessuno bussava, anche perché le uniche persone ad entrare nella stanza erano le guardie e i dottori, ma loro spalancavano direttamente la porta, senza bussare.
Di nuovo, bussarono alla porta, ma io non potevo aprirla: era impossibile aprirla da dentro, per il protocollo di sicurezza.
《Chi sei?》chiesi a voce alta, attendendo una risposta.
《Sono io. Non ho molto tempo, mi stanno cercando. Devi stare attenta, prenderanno anche te, come fanno con gli altri. Non fidarti di nessuno, non farlo per nessuna ragione》la sottile voce di Cassy era quasi impercettibile, perciò mi dovetti sforzare per comprendere le sue parole.
《Cosa......perché?》chiesi appoggiando una mano sulla fredda superficie della porta.
Tu fallo e basta. Devo andare, ti ho portato questa》disse, poi fece scivolare una busta di carta da sotto la porta.
La presi, e feci per parlare, ma i passi di Cassy mi fecero capire che se n'era andata.
Era una bambina più piccola di me, aveva dieci anni, ma era molto più matura per la sua età. Le avevano dato questo nome da poco, prima la chiamavano semplicemente "Soggetto B26". Avrebbero dato anche a me un nome, prima o poi. Per ora non ricordavo neanche il mio vero nome, quello che mi avevano dato i miei genitori. Sapevo solamente di chiamarmi "Soggetto A13", nulla di più.
Presi la busta, la aprii e tirai fuori il foglio di carta da dentro. Era stropicciato, ma riconobbi il marchio in alto: W.C.K.D.
Era un fascicolo, Cassy doveva averlo rubato dall'archivio.
Aveva solo dieci anni, e già aveva rischiato di cacciarsi nei guai.
Feci scorrere gli occhi sulle lettere stampate ad inchiostri nero e rosso.

Forelsket // Maze RunnerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora