6

631 39 2
                                    

"Ho detto che avevo bisogno del tuo aiuto, non che tu venissi qui."

Seokjin disse inarcando un sopracciglio, non appena si accorse di Namjoon il quale, appoggiato allo stipite del suo ufficio, lo osservava attentamente mentre metteva in ordine una pila di documenti che sarebbero andati dritti in archivio. Come avesse fatto a a passare il filtro della sua assistente personale (si Seokjin era uno di quegli assistenti che aveva a sua volta un'assistente) quando lui aveva marcatamente detto di non far passare nessuno, era un mistero. Ma Namjoon era sempre stata una persona con molte risorse. Certo magari sarebbe sempre stato anche il tipo che si dimenticava il cellulare dentro il frigorifero, ma era decisamente qualcuno su cui contare, specialmente quando era il miglior consulente privato della polizia di tutto il paese.

"Seokjin, ti conosco da quando io avevo tre anni e tu cinque. So quando hai bisogno di vedermi," Namjoon disse sorridendo, dannate fossette sulle guance che facevano la sua comparsa. Ecco, forse era stato quello a far capitolare la sua assistente, pensò il maggiore.

Seokjin scosse la testa, ma non negò ulteriormente. Aveva ragione, come sempre naturalmente, e Seokjin era in effetti contento che Namjoon fosse li, essendo questi la persona di cui si fidava di più al mondo.

Quando Namjoon si era trasferito negli Stati Uniti con tutta la sua famiglia a Seokjin era mancato da morire, ogni giorno. In un certo senso era stata una fortuna aver re incontrato Jungkook, perché il più giovane gli aveva riempito le giornate quando si era sentito molto solo e lo aveva fatto ridere quando era stato triste. Lo aveva anche fatto sospirare e perdere la testa, ma Seokjin gli era grato più di quanto Jungkook avrebbe mai sospettato della loro amicizia.

"Può essere. Ma non qui," Seokjin disse nello stesso momento in cui il suo sguardo si fermava per un attimo sulla porta dell'ufficio del suo capo, Kim Taehyung.

A Namjoon non sfuggì il movimento.

"Jinnie in che guaio ti sei cacciato?" Namjoon chiese scuotendo la testa. Seokjin non gli aveva detto molto al telefono solo che aveva bisogno della sua consulenza e delle sue doti investigative riguardo qualcosa, o meglio qualcuno. Seokjin aveva già chiesto il suo aiuto in precedenza ma, sfortunatamente, Namjoon era stato impegnato in un caso di alto profilo di sicurezza nazionale e per quando infine era riuscito a liberarsi, la maggior parte delle tracce utili erano sparite, o distorte o camuffate. Quando si trattava di trovare le persone il tempismo era tutto, e pertanto quella volta Namjoon non aveva potuto aiutare Seokjin a trovare Jung Hoseok.

"Non mi sono cacciato in nessun guaio," Seokjin rispose oltraggiato ma Namjoon notò le pupille dilatate e il nervoso tramestio delle sue dita.

Namjoon serrò le labbra, pensoso. Seokjin era preoccupato, ed una preoccupazione tale appariva solo quando i propri cari erano coinvolti. Se si fosse trattato della sua famiglia il maggiore non sarebbe stato tanto misterioso e non avrebbe guardato in direzione della porta del suo capo. Eppure se fosse stato direttamente coinvolto quest'ultimo la preoccupazione, sebbene presente, non sarebbe stata altrettanto genuina. Seokjin voleva bene a Kim Taehyung ma questi era anche il suo capo ci sarebbe stato sempre nolente o volente un velo di deferenza. L'unica persona che stesse tanto cuore a Seokjin e che allo stesso tempo fosse legata a Kim Taehyung poteva essere solo una.

Jeon Jungkook.

Namjoon sospirò internamente. C'era quasi da essere gelosi di tanto attaccamento. Namjoon sorrise. Rimpiangeva spesso il fatto di esserne dovuto andare anche se era stato un ragazzo e aveva avuto poca scelta.

"Allora andiamo a pranzo, coraggio," Namjoon propose.

"Offri tu ovviamente," Seokjin ripose alzandosi con disinvoltura come se non fosse stato lui quello che aveva chiesto aiuto a Namjoon e stesse facendogli, invece, un gran favore con la sua presenza.

Dirty CashDove le storie prendono vita. Scoprilo ora