Epilogo

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Yoongi poteva dirsi soddisfatto del suo lavoro.

Quando qualche anno prima aveva finito l'università e fresco di laurea si era messo alla ricerca di un lavoro, lo aveva fatto con rassegnazione più che con reale entusiasmo.

Yoongi non aveva mai avuto un vero sogno. Aveva studiato economia con una specializzazione in management perché così avevano voluto i suoi genitori e dal momento che lui non aveva un'alternativa migliore da proporre, aveva fatto come gli era stato chiesto.

Yoongi era una persona come tante, gli piaceva ascoltare musica, gli piacevano i cani, amava leggere e aveva una passione smodata per il caffè. Tuttavia, che lui sapesse bere litri di caffe mentre si divorava libri uno dopo l'altro non era ancora considerato un mestiere e, pertanto, Yoongi sapeva che il massimo highlight nella sua vita sarebbe stato trovare un lavoro d'ufficio che non gli facesse troppo ribrezzo.

Dopotutto, il lavoro d'ufficio era ben più di quello che una persona priva di piani nella vita come lui poteva aspettarsi, ed era piuttosto sicuro di fare al mestiere poca giustizia. Molte persone erano felici di occupare una simile posizione, si trattava di un lavoro preciso ma senza grossi crismi e decentemente pagato. Yoongi non era una di queste persone e quando fu assunto per una posizione d'ufficio i cui compiti prevedevano compilare un foglio excel, rispondere alle telefonate e fare fotocopie, l'unica cosa che gli riuscì di provare fu un pesante sentimento di rassegnazione.

Aveva tuttavia ben poco diritto di lamentarsi dal momento che tale destino era la diretta conseguenza della sua stessa indolenza e mancanza di motivazione. Sapeva pure che, considerando la situazione economica, qualsiasi rimostranza da parte sua sarebbe suonata come ingratitudine.

Il suo primo lavoro comunque ebbe vita breve, in quanto si trattava di una sostituzione per maternità, e il suo secondo lavoro finì dopo pochi mesi per motivi molto simili. Yoongi non riusciva a tenersi stretto un lavoro e saltava sempre da un'azienda all'altra a coprire emergenze e assenze momentanee.

Eppure, con sua grande sorpresa, aveva scoperto di aver imparato da ognuno di essi qualcosa e il ritmo vertiginoso ed erratico con cui doveva spostarsi e imparare tutto – nuovi colleghi, nuovo settore, nuove regole – avevano reso le sue fasi di apprendimento e adattamento molto brevi.

Era diventato in grado di rendere sua la posizione nell'arco di pochi giorni e di gestire problemi ed inconvenienti con freddezza e velocità.

Quello che doveva essere un semplice lavoro d'ufficio si era trasformato in qualcosa di più. Certo erano sempre chiamate, excel e moduli, ma col tempo i suoi compiti divennero numeri, budget e piani. Ma non era questo che per lui contava davvero, quello che contava era che Yoongi aveva iniziato a ricavare piacere dal risolvere gli imprevisti. Chissà come Yoongi era diventato bravo a tirare fuori dal cappello un piano B e trascinare le cose avanti quando tutto sembrava perso.

Il primo ad accorgersi di questo suo talento fu un suo capo ufficio per l'ennesimo posto a scadenza. Vide in Yoongi qualcosa di più, vide nella flemma che molti scambiavano per indolenza il carattere di un pianificatore. Alla scadenza del suo contratto, senza che Yoongi glielo avesse chiesto, lo raccomandò per un posto in pianificazione presso un'azienda di un suo conoscente.

Fu l'inizio.

Iniziò come assistente personale di un capo settore, ma in un paio di anni Yoongi riuscì a farsi promuovere a capo ufficio. Era stressante, inutile negarlo, nonostante la faccia da poker Yoongi era andato fuori di testa internamente molte volte, eppure gli piaceva. Gli piaceva risolvere, gestire, pianificare. Ben presto nell'ambiente si guadagnò la fama di risolutore e tra i colletti bianchi di Chicago si diceva, un po' per scherzo e un po' per ammirazione, che nulla poteva andare storto se c'era Min Yoongi in pianificazione.

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