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Jungkook era l'emblema dell'essere orgogliosi di se stessi.

Date le sue circostanze era difficile non esserlo.

C'era stato un tempo in cui, quando era ancora uno studente del college che abitava in un appartamento mal riscaldato di tre metri per due, immaginare quello che possedeva adesso sarebbe parso come un sogno da povero illuso. In qualche modo fortunoso, tuttavia, tutto il suo duro lavoro aveva finito col rendere e ora all'età di 27 anni, era un giovane uomo di denaro e potere. Il ragazzo d'oro, in senso volutamente letterale visto che sembrava che qualsiasi cosa toccasse fosse destinata a vendere.

Chi avrebbe mai pensato che quegli schizzi fatti tra una pausa e l'altra delle sue infinite ore di studio sarebbero stati il materiale su cui fondare una piccola impresa e, qualche anno più tardi, un impero? Era stata una combinazione di potenza artistica e ingegnose strategie di mercato a farlo trionfare  perché il solo talento, senza un piano, non portava da nessuna parte. E così era diventato Jeon Jungkook il più famoso stilista a Oriente e non solo.

Stando così le cose, tutti si chiedevano quindi il motivo per cui una persona come Jungkook, che si era fatto da sé con sangue e sudore, potesse essere il migliore amico di una persona come Kim Taehyung, erede della Kim Communications, un essere umano privilegiato sin dalla nascita.

Sebbene quest'ultimo fosse invidiato da moltissimi, ciò non aveva affatto intaccato la sua popolarità ed era stato nominato uomo dell'anno per due anni di fila e da tre deteneva il primo posto di uomini e ricchi e sexy sotto i 30 su tutti i giornali di gossip. 

A Jungkook non poteva importare di meno del background famigliare di Taehyung. 

Taehyung era un sacco di cose, ricco sfondato, bastardo e sicuramente tremendamente vanesio e pieno di sé, ma era un buon amico. In quel mondo di ricchi Taehyung era anzi il suo unico amico e la gente poteva continuare a spettegolare quanto voleva, Jungkook avrebbe sempre rispettato il maggiore.

Tuttavia Jungkook ammetteva che Taehyung era, spesso e volentieri, eccentrico e, perché no, anche un po' folle.

Ecco perché quando Taehyung durante una cena aveva dichiarato di avere una concubina, Jungkook non aveva battuto ciglio. Il suo amico aveva una stanza intera per la sua collezione di giocattoli quindi si era abituato a prendere sul serio solo la metà delle cose che diceva. Taehyung lo stava sicuramente prendendo in giro. Eppure aveva nominato la parola concubina ancora. E ancora. A un certo punto Jungkook aveva iniziato a credergli, per quanto gli suonasse ridicolo visto che il suo amico avrebbe potuto avere chi voleva quando voleva.

L'unica cosa che il termine gli evocava erano ambienti esotici ed abiti di più di due secoli prima.

"Una concubina."

" Sì. E' da un po' che ce l'ho in realtà. Pensavo di avertelo detto."

"Dai, non puoi essere serio. Con quella stupida faccia che ti ritrovi potresti avere chiunque e vuoi farmi credere che hai una concubina? Ti sembra che siamo nell'Ottocento?"Jungkook lo prese in giro.

Taehyung sorrise.

"Certo che posso avere chiunque."

"Almeno fai finta di essere modesto. Scemo," Jungkook disse bevendo un sorso di champagne.
Il maggiore rise di gusto svuotando il suo bicchiere d'un fiato.

Si trovavano a una festa di uno dei cosiddetti amici di Taehyung. Jungkook non conosceva questo tizio così bene e neppure gli piaceva tanto (sospettava fosse lo stesso per Taehyung), tuttavia Jungkook non era solo un artista ma anche un uomo d'affari: doveva mantenere dei buoni rapporti con questa gente, non importava quanto insopportabile fosse. Almeno questo tizio aveva ingaggiato qualcuno che se ne intendeva in fatto di allestimenti, Jungkook pensò osservando l'ottimo arredamento scelto così come la disposizione di luci e decorazioni. 

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