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Era un tardo pomeriggio di un giorno infrasettimanale.

La città, sempre preda di frenetici via vai, si stava lentamente riempiendo di un tipo di folla dal fare più lento e meno composto, ragazzi che uscivano dal doposcuola e adulti fortunati che avevano finito presto il proprio turno lavorativo. E poi c'erano quelle rare persone che si trovavano in città per caso, visitatori e gente di passaggio, o, come nel suo caso, persone che non avevano nient'altro da fare che rilassarsi.

Jimin si trovava seduto al tavolino di un caffetteria a godersi un americano extra large mentre osservava la folla da dietro il vetro del locale. Erano quei momenti di pausa, tra un accadimento e l'altro, in cui era possibile dedicarsi completamenti a se stessi e che rendevano il suo lavoro meno pesante e meno brutto in generale. In quei momenti, riusciva a dimenticarsi che vendeva il suo corpo al più ricco offerente e riusciva quasi a far finta di essere un ragazzo qualunque che si prendeva una pausa caffè.

Arricciò il naso quando in un lampo tutti i suoi clienti passati, alcuni un po' piacevoli altri decisamente no, gli balenarono davanti agli occhi. Tuttavia, nonostante le premesse e le condizioni contorte che dettavano la sua vita, lui stava vivendo in quel particolare presente quello che ogni escort si augurava quando intraprendeva quel mestiere, ossia sicurezza e stabilità.

Eppure lui era riuscito in molto più di questo: non solo la sua situazione non era così pacifica e piacevole da diversi anni a quella parte, ma era anche stimolante e dignitosa. Il suo lavoro all'atelier, per quanto circoscritto, lo faceva sentire meno una puttana al soldo e più un adulto che si guadagnava da vivere.

Jimin diede un sorso vigoroso alla sua bevanda, mordicchiando l'estremità della cannuccia pigramente come era sua abitudine fare ogni volta che era sovrappensiero.

Hai tutto quello che una persona come te potrebbe desiderare, in cos'altro speri ancora? Si chiese Jimin mentre tormentava la suddetta cannuccia tra i denti.

Un uomo in giacca e cravatta, sicuramente un uomo d'affari, si fermò sulle strisce pedonali, a pochi passi oltre il vetro da dove era seduto Jimin, ad attendere che il semaforo si facesse verde. Non c'era nulla in quell'uomo che fosse degno di nota eccetto il fatto che era vestito un po' più elegante della media, ma furono i gemelli della sua camicia che sbucavano da sotto il copri abito scoprendo i polsini, a distrarre Jimin dalle sue elucubrazioni mentali. Si trattava di un particolare banale, un sacco di persone nella capitale usavano quell'accessorio, compresi tutti i suoi passati clienti, tuttavia fu Jungkook quello gli venne in mente.

Forse si ricordava anche troppo bene come il suo pollice si posava sull'accessorio e vi faceva passare l'asola di modo da poter far scivolare la camicia dalle spalle di Jungkook nell'atto di svestirlo. Forse si ricordava troppo bene del lievissimo rumore metallico dei polsini allo scontrarsi con la fibbia della sua cintura, ogni volta che il giovane stilista lo abbracciava da dietro e lo attirava a se con fare possessivo allo stesso tempo in cui appoggiava dolcemente il mento sulla sua spalla.

Il sorso che tirò su con la cannuccia fu troppo violento, il liquidò trasbordò dalle sue labbra semiaperte e Jimin dovette affrettarsi a prendere dei tovaglioli di carta per tamponare il disastro. Aveva dei rivoli di caffè che gli scivolava lungo il mento ma per fortuna nessuna goccia era caduta sulla sua camicia. Quel giorno aveva indossato una delle camicie della collezione di Jungkook che quest'ultimo aveva messo a disposizione per lui ma che Jimin usava di rado per paura di rovinarle, ed ecco che proprio quando si era deciso a rompere gli indugi, aveva quasi rischiato di fare ciò aveva sempre temuto.

Decise di lasciare momentaneamente la sua giacca e la sua bevanda sul tavolo e di andare in bagno a lavarsi le mani e magari rinfrescarsi anche un po' il viso che improvvisamente sentiva accaldato. Cercò di concentrarsi sui movimenti meccanici che doveva fare, aprire la porta, insaponarsi le mani metterle sotto il getto d'acqua gelida stando attendo a non bagnarsi i polsini, pur di non pensare ulteriormente.

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