2 La falce che taglia tutto del prato

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Thomas si svegliò all'alba. Avrebbe dovuto svegliarsi due ore più tardi, ma a causa del lavoro nei campi era ancora abituato a svegliarsi presto. Si alzò ed uscì di casa, prendendo un enorme secchio di metallo pieno di acqua piovana. Ne aveva lasciati fuori una decina di secchi così, per garantire una doccia a tutti, ma ormai non aveva più senso farlo. Si spogliò e prima di lavarsi guardò il proprio riflesso sul secchio: i capelli erano neri e mossi, gli occhi castani e il volto pallido. Guardandosi completamente nudo, vide una piccola macchiolina nera sulla mano sinistra, a forma di cuore spezzato. Quello era il suo marchio a dimostrazione che era sopravvissuto alla peste, oltre alla mancanza di bubboni. Strinse i denti e si gettò addosso metà secchiata; soffocò un urlo, l'acqua fredda come ghiaccio che lo dilaniava come lame di coltello. Appoggiò a terra il secchio e si passò sul corpo atletico e slanciato una saponetta profumata. Fatto ciò terminò l'acqua eliminando i residui di sapone, poi prese un grosso panno biancastro, con cui si asciugò. Prese il cambio degli abiti - una casacca nera e calzoni grigiastri - e indossò le scarpe, dei mocassini di terza mano - altroché di seconda! - e afferrò la sacca. Dentro aveva tutti i suoi vestiti, l'intimo, un kit di pronto soccorso e qualcosa da mangiare, anche se sua madre gli aveva detto che sarebbero andati a prenderlo. Rientrò in casa e diede sulla guancia della madre dormiente una carezza, baciandole la fronte.
Ti rivedrò mamma
Poi uscì definitivamente. Non si era accorto che aveva smesso di piovere, ma il cielo era ancora nero e prometteva di nuovo tempesta. Si diresse al villaggio. Era un insieme di casupole di legno e fango, riunite attorno a una vecchia cappella. Sembrava il regno dei morti: non c'era una bava di vento, versi di animali, niente che indicasse qualche presenza di vita. Le porte erano sprangate, mostrando gli interni completamente privi di immobilia. Monatti. Quei maledetti si approfittavano degli appestati, facendosi pagare per non portarli nei lazzaretti, ma una volta morti, i monatti li derubavano di tutto. Era gente senza scrupoli, che non aveva paura della peste, perché loro l'avevano già presa e ne erano usciti indenni. Thomas si guardò attorno, e vide lo scempio più grande che avesse mai visto: una bambina che piangeva, col piede incastrato sotto alle macerie di una casa caduta. Le si avvicinò. Era piccolissima e scheletrica, non più di cinque anni. I capelli erano arruffati e biondi, la pelle pallida e le mani ricoperte di macchie nere, senza alcun bubbone. Portava un abito a gonna lunghissimo e logoro, sporco di sangue e terra. L'ennesima persona che aveva beccato la peste e ne era uscita indenna. Piangeva disperata.
"Resisti piccola".
Thomas le si inginocchiò accanto e le liberò il piede, scansando le macerie; il piede era maciullato, così il ragazzo glielo pulì con dell'acqua per poi fasciarglielo con una garza. La bambina smise di piangere e lo guardò con gli occhi lucidi, avvolti da orrende occhiaie disumane.
"Fatto".
Il ragazzo le sorrise dolcemente, stringendola a sé. Era pelle e ossa, tremante di freddo. Thomas afferrò una coperta che si era portato dietro e la avvolse con essa, prendendola in braccio. La bambina gli sorrise.
"Grazie...", farfugliò con vocina sottile, prima di crollare tra le sue braccia.
Il ragazzo le schioccò un bacio sulla fronte, cullandola.
"Perfino dove tutto è morto c'è chi è umano".
Thomas si girò di scatto. Era una ragazza dai capelli neri legati a coda di cavallo e gli occhi castani. Portava una camicia da donna bianca e, strano ma vero, un paio di calzoni grigiastri e ai piedi dei grossi stivali da lavoro. Alle sue spalle c'era una carrozza dai finestrini oscurati, trainata da due purosangue completamente neri. Il cocchiere era un uomo sulla cinquantina, la pelle olivastra e gli occhi scuri, i capelli tagliati corti e argentei. Indossava una cappa nera che nascondeva interamente il busto, le gambe nascoste da un pantalone bluastro. Le scarpe erano di pelle nera.
"Chi siete voi?", chiese Thomas, in posizione di difesa.
"Io sono Brenda" rispose la ragazza "tu devi essere Thomas O'Brian".
"Sì".
"Siamo qui per prelevarti".
"Lavorate per Newt Sangstar?".
"Sì".
"Lasciate che porti anche lei", indicò la bambina.
"No. Potrebbe portare il contagio nel castello".
"Ha già preso la peste ed è guarita".
"E tu come lo sai?".
"Anch'io mi sono ammalato e mi sono salvato".
"Sei un medico?".
"No, ma coloro che si salvano non hanno bubboni".
"E l'hai controllata dappertutto?".
Thomas arrossì dall'imbarazzo e con una mano iniziò a tastare il corpo della bambina, senza svegliarla. Le accarezzò la pelle, infilando la mano in posti che non doveva, diventando rosso come un pomodoro. Non aveva bubboni.
"È guarita", dichiarò.
Brenda si voltò a guardare il cocchiere.
"Jorge?".
"Portiamola" le rispose Jorge "ma sappi che sarai tu a prenderti cura di lei".
"Ci penserà Teresa. È quello il suo compito".
Guardò di nuovo Thomas.
"Seguimi".
Si incamminò verso la carrozza e si sedette al suo interno. Il ragazzo la seguì e le si sedette davanti, ma poi vide Brenda tirar fuori da una tasca dei pantaloni una corda, sporgendosi in avanti.
"Dammi i polsi", disse.
"Perché?".
"È la procedura".
Thomas sbuffò e poggiò delicatamente la bambina al proprio fianco, poi porse i polsi a Brenda. La ragazza glieli legò stretti e poi chiuse la porticina, avvolgendo la carrozza nell'oscurità. Sentì una mano che colpiva la porta, e il viaggio poté cominciare.

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