10 Una realtà che fa male

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Thomas si svegliò che era nel suo letto. Per un attimo si era illuso che la notte precedente fosse stato il frutto di un sogno, ma la testa scombussolata e le natiche che gli dolevano dicevano tutt'altro. Aveva fatto sesso. Con Newt oltretutto. Non sapeva esattamente quello che provava per lui. Credeva di ammirarlo e di vederlo come un Dio, ma oramai aveva iniziato a temere di essersi innamorato di lui. E se anche fosse? Che c'era di male? Non erano parenti, e la loro differenza di età non era poi così grande. Dei dubbi cominciarono a presiedere nella sua mente: ora cosa doveva fare? Era l'Eletto, e quanto gli aveva detto Newt il suo unico compito era quello di scopare con lui, ma durante il giorno? Non faceva nulla? E oltretutto, i Radurai lo dovevano sapere? Insomma, la figura dell'Eletto era abbastanza conosciuta, e a quanto gli aveva raccontato Winston, possedeva addirittura più potere di Alby. Aveva bisogno di dirlo a qualcuno, e quel qualcuno doveva essere Minho. Fortunatamente non era ancora partito, e oltretutto quella stessa sera lo aveva invitato a partecipare ad una festa che di solito organizzavano ogni fine settimana nel dormitorio dei maschi. Sarebbe stato in quel momento che avrebbe detto cos'era diventato, ma per il momento doveva tenere la testa bassa. Durante la giornata rimase con Lizzie: giocarono non solo con le bambole ma anche a rincorrersi, fare la guerra di cuscini e altri giochi che lo stancarono al tardo pomeriggio. Alla sera, circa due ore dopo il tramonto, andò lui stesso al dormitorio maschile. Era esattamente come gli aveva raccontato Minho: un enorme salone rettangolare e dalle pareti alte, completamente fatto di pietra, tranne per le assi di legno che componevano il pavimento. C'erano due lunghe file di letti a castello, lasciando al centro una lunga strada dalla larghezza di cinque metri. Al centro vi era un grande cerchio formato da ragazze e ragazzi che mangiavano e bevevano, ridendo e scherzando. Coloro che non ci stavano erano con le gambe penzolanti sulle cime dei letti a castello, comunque inseriti nella cerchia. Thomas tossì, e ciò bastò a silenziare l'intera sala, attirando su di sé l'attenzione dei presenti. Quando lo vide, Minho si alzò e gli corse incontro, sorridente.
"Sera Fagio. Benvenuto alla tua prima festa della Radura".
"Grazie Minho".
"E di ché? Dai vieni ti abbiamo lasciato un posto e qualcosa da sgranocchiare, se ovviamente Frypan non ha mangiato tutto".
"Vaffancaspio", ribadì il cuoco, seduto sul letto più vicino alla cerchia.
Thomas e Minho risero, ed insieme si sedettero affiancando altri ragazzi nel cerchio. Al centro c'era ogni ben di Dio mezzo mangiucchiato: bottiglie di vini, salumi, pagnotte, formaggi, frutti e dolcetti. Mentre assaggiava tutto, a Thomas vennero presentati alcuni dei presenti che non conosceva: uno tra questi era un ragazzo robusto, i capelli corti e biondi e gli occhi scuri, il volto squadrato e lo sguardo di chi era eternamente incazzato col mondo. Portava una canottiera biancastra con dei pantaloncini neri e un paio di scarpe ai piedi.
"Lui è Gally" lo presentò Minho a Thomas "o, come preferiamo chiamarlo, Lumacaman, per via delle lumache che ha apposto delle sopracciglia".
"Solo tu mi chiami così Minho", lo rimproverò il biondo.
Guardò Thomas.
"Non ti ho mai visto fare l'apprendistato dai Costruttori. Perché? Non ne avevi voglia per caso?".
"Beh...Newt mi ha assegnato una postazione prima del tempo".
"E sarebbe? L'Eletto?".
"Non devi scherzare su di lui" lo sgridò Alby "possiamo scherzare su molte cose, ma su l'Eletto proprio no, quindi chiudi quella caspio di bocca e ascolta"
Il ragazzo di colore lo fissò duramente per qualche secondo facendolo tacere, poi si concentrò sul Fagio.
"Allora?".
Thomas all'inizio balbettò, ma poi raccolse il coraggio e lo disse in maniera diretta e schietta.
"Sono l'Eletto".
Tutti lo guardarono a bocca aperta, ma coloro che non facevano parte della cerchia iniziarono a borbottare tra loro, sussurrandosi cose che non si riusciva a sentire.
"Stai dicendo la verità?", gli domandò un ragazzo biondo, mingherlino e dagli occhi chiari, seduto vicino a Teresa.
"Purtroppo sì Aris" rispose per Thomas Minho "ha una stanza per sé e non dorme qui con noi".
"Lo dice solo per vantarsi ma in realtà non c'è niente di bello" commentò Gally "essere l'Eletto vuol dire venir abusato ogni notte, nonostante la tua stanchezza o i tuoi problemi. Un vero stupro".
"Newt non mi stupra" ribadì Thomas "io lo amo e so che non mi farebbe mai nulla di male".
"Sei soltanto un frocio del caspio. Non capisci che per lui sei soltanto un giocattolo? Non prova niente per te, soltanto un desiderio irrefrenabile di fare sesso. Quello è uno che ha sempre l'erezione anche se sta mangiando".
"E tu che ne sai?".
Gally gli afferrò il collo con una mano e lo bloccò a terra.
"Una volta sbagliai dei calcoli per la ricostruzione della stalla, facendola crollare su sé stessa qualche minuto dopo. Newt era così incazzato che mi legò ad una sedia e mi infilò in bocca uno dei miei calzini. Mi strappò i vestiti e mi violentò, senza che io potessi reagire. Rimasi così per tutto il giorno, io che pregavo affinché Newt smettesse di torturarmi. Lui gemeva! Mi leccava il collo e mi torturava il cazzo con quelle sue mani luride, cercando di farmi eccitare senza successo. Solo allora mi liberò, e da lì in poi non fui più in grado di dormire. Sono passati due anni".
Era scoppiato a piangere, senza rendersene conto. Lasciò il collo di Thomas e si asciugò gli occhi. Il moro non sapeva che dire. All'inizio credeva fosse solo una bugia, ma dagli sguardi dei presenti era chiaro che fosse tutt'altro. Non disse nulla e se ne andò dal dormitorio, carico di una stanchezza che si era raccimolata nel corso della giornata. Era così stanco che appena toccò il letto si addormentò, isolandosi dal resto del mondo. Accadde a mezzanotte, quando sentì i muscoli delle braccia irrigidirsi, così come quelle delle gambe. Provò a muoverle, ma non ci riusciva.
Ma che...
Si svegliò di sopraffatto e mettendosi seduto si guardò allo specchio appeso alla propria destra: era completamente nudo, le braccia immobilizzate dietro la schiena da quelli che sembravano essere dei grossi guanti neri che andavano dalle mani fino alle spalle, allacciati tra loro tramite dei lunghi lacci bianchi, intrecciati come se formassero un corpetto. Anche le caviglie erano legate, con una corda dello stesso colore.
"Hai mancato all'appuntamento".
Thomas guardò il camino. Lì in piedi ci stava Newt, vestito con un semplice boxer nero. Sembrava arrabbiato.
"Che ci fai qui?".
"Quando non ti trovo in camera all'ora stabilita lo faremo qui".
"Ero-".
"So dov'eri, ma il tuo compito è uno solo: obbedirmi. Chiaro?".
"Ma-".
"E comunque...".
Prese da un cassetto dell'armadio un fazzoletto e un lungo nastro di raso verde.
"Da adesso sarai imbavagliato".
"Avevi detto che non ti importava se qualcuno ci sentiva".
"Ora sì".
Gli si avvicinò e gli infilò a forza il fazzoletto, appattolandolo per bene. Thomas non fece in tempo a sputarlo che Newt gli serrò la bocca col nastro, facendo un grosso nodo.
"Ora stai meglio".
Il biondino si allontanò e prese dal camino un lungo bastoncino metallico, dall'estremità rovente e a forma di 69 cerchiato.
"Devi avere il tuo marchio".
Thomas capì, ma non poteva scappare: le caviglie erano legate così come le braccia. Iniziò allora ad agitarsi, mugolando terrorizzato; tentò di liberarsi, ma i lacci erano strettissimi e il bavaglio aveva un nodo che non riusciva a far sciogliere. Newt gli bloccò una gamba col braccio libero e con quello armato gliela marchiò. Il moro lanciò un grido di dolore strozzato, le guance che vennero annegate da lacrime di dolore. La carne che strideva al contatto col fuoco, un supplizio che non intendeva arrestarsi, un odore di bruciato nauseabondo. Pianse come non aveva mai fatto, buttandosi di fianco a mugolare indolenzito.
"Ora tutti sanno che sei soltanto mio".
Thomas guardò Newt mettere il bastone rovente vicino al camino e prendere un panno umido da una ciotola di ceramica. Il conte gli si sedette vicino e mentre gli accarezzava i capelli gli deterse il marchio col panno bagnato. Il dominato chiuse gli occhi, cominciando a respirare più calmo e rilassato, sentendosi meglio. Dopo qualche tamponata, Newt gli baciò la guancia e lo mise a pancia in giù; si tolse i boxer e lo penetrò da dietro. Thomas poté soltanto subire, incapace di parlare, costretto a muovere il bacino a ritmo con le spinte di Newt, lottando con sé stesso per non mugolare di piacere. Un vero insuccesso.

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