La valigia blu

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Sono appena atterrata e, nonostante alcune turbolenze durante il volo, mi trovo sana e salva su uno di quei minuscoli autobus che sembrano essere fatti apposta per non contenere il numero esatto di passeggieri, mi sento come una sardina in un barattolo di alimenti in scatola, un ambiente a dir poco asfissiante.
Una volta giunta davanti all'entrata dell'aeroporto, avendo fatto attenzione a non cadere di faccia sull'asfalto a seguito delle innumerevoli spinte ricevute dagli altri passeggieri, mi incammino lentamente all'interno, osservandomi intorno.
"Quanti volti sconosciuti, quante vite..."
Penso tra me e me.
Amo gli aeroporti così come amo le stazioni. Amo quei luoghi in cui le persone si rivedono dopo tanto tempo. Quelle persone che mollano valigie in mezzo alla strada e corrono ad abbracciare le persone che amano.
Sono i luoghi dove le persone si amano, i luoghi dove ci si ritrova.
Goffamente mi avvio verso il nastro trasportatore per riprendere la mia amata valigia o come la definisco io la mia "casa su ruote" il cui 79% è pieno di un "non si sa mai", una valigia piena di adrenalina della partenza e un po' spenta per la malinconia di casa.
Una valigia che impiego anni a preparare per il semplice motivo che vorrei metterci dentro tutto l'armadio!
Un diffuso odore di profumi di varie marche pervade l'ambiente. Immancabile è il rumore di trolley, la presenza di gente che si affretta e gente che sembra metterci un'eternità a far tutto. Assistenti di volo e piloti appena sbarcati, telefoni in mano a chiamare casa o moglie o amante o dio-sa-chi. Muffin grossi come il mio pugno, gusti assortiti. Frappè, sandwich al tonno, o uova, o lattuga. Giornali e fumetti, un vecchietto assorto nel sudoku come se ne andasse della pensione. Toblerone, quello non so il motivo ma c'è in ogni aeroporto.
Ultimi sounvenirs, magliette, felpe, alcolici di qualsiasi gradazione. E tabelloni a scandire il ritmo di chi arriva, di chi parte, di chi ritorna.
I miei occhi osservano una vecchia coppia di signori che si tiene per mano mentre si reca all'uscita del gate. Un giorno anch'io sarò felice di tornare a casa con la consapevolezza che qualcuno sarà accomodato su una di quelle scomode sedie ad aspettarmi con un bel mazzo di fiori in mano... chissà.
Non so descrivervi l'ansia che provo ogni volta che devo recuperare la mia valigia durante un viaggio. Qual è il primo pensiero che mi balena per la testa? "E se l'hanno persa?" succeduto da un comune "Ma quanto tempo ci impiega ad apparire su quel maledetto nastro trasportatore?". E come per avvallare questo truce istante di panico, tutte le altre persone intorno a me, non si sa per quale assurda motivazione, già ce l'hanno accanto ai piedi o sono in procinto di afferrarla maldestramente dal nastro. Anche oggi tali emozioni che ben volentieri vorrei aver lasciato a casa accanto a quegli ultimi oggetti che segno sulla lista ma che ogni santa volta dimentico, mi fanno compagnia e martellano incessantemente di domande il mio affranto cervello.
Guardo quel maledetto nastro da più di cinque minuti e della mia bellissima e semplice valigia blu notte non vi è traccia.
«Ecco, la mia solita fortuna!» Comincio a sussurrare come una sorta di mantra. Credo che la sfiga un giorno abbia interpretato male il mio "peggio di così non può andare", non era affatto una sfida ma sono certa l'abbia presa troppo sul personale.
Ma ecco che, dopo un lungo e intenso quarto d'ora la vedo arrivare... finalmente!
Immediatamente mi faccio spazio tra la gente e cerco di afferrarla senza rivelare ad occhi esterni la mia vera natura di imbranata cronica. Con fatica la sollevo e la poggio per terra, tenendola stretta per il manico telescopico.
Posso finalmente tirare un sospiro di sollievo.
Così, dopo aver ripreso a sentire il mio cuore battere ad un ritmo normale, mi dirigo verso l'uscita pronta per vivere la mia esperienza parigina.
«Accidenti!» Esclamo, infastidita. Qualcuno troppo intento a guardare il telefono, sicuramente per leggere qualche stupida ed inutile catena su Whatsapp, mi ha completamente travolto, facendomi cadere dalle mani la mia valigia dopo neppure tre secondi. «Ma guarda un po', mi ci mancava proprio l'imbecille di turno in questa bellissima serata!» Affermo, tagliente.
Quando mi degno di guardare l'uomo davanti a me, un po' mi pento di quanto detto, sul suo volto, anche se coperto da occhiali da sole e berretto, posso scorgere un'espressione di dispiacere.
«Mi scusi per l'accaduto signorina, non era mia intenzione! Sono veramente mortificato.» Dichiara lo sconosciuto, con voce dimessa e affabile mentre lascia la sua valigia per congiungere le mani a modo di preghiera e farle poi scivolare sul suo petto.
«Scusi me per quello che le ho detto, sono solo molto stanca a seguito del volo alquanto turbolento e me la sono presa con lei, come si dice? Persona sbagliata al momento corretto?" Sorrido, cercando di essere cortese.
«In realtà sarebbe più giusto affermare che io sia stata la persona sbagliata al momento sbagliato ma...» Ridacchia osservando la mia espressione sconcertata dal suo puntualizzare inutilmente il mio errore «mi è chiaro il concetto.» Conclude.
«Beh, buona serata allora.» Dico, cercando di scrollarmelo di dosso.
«Anche a lei.» Ribatte, stringendomi la mano.
Ed entrambi ci dirigiamo verso direzioni opposte con le nostre valigie. "Ah però, che mani morbide... avrei dovuto chiedergli che crema utilizza!" Rifletto con me stessa non potendo non trattenere una fievole risatina isterica.
Cammino verso l'uscita che sembra non arrivare mai, un po' come la mia voglia di vivere nel momento in cui, uscita dall'aeroporto, percepisco sulla parte di pelle nuda lasciata in vista dalla scollatura sulla schiena, delle silenziose ma ghiacciate gocce d'acqua. Piove, ovviamente.
E indovinate un po'? Non ho l'ombrello perché quel figlio di... scusate mi sono fatta prendere dal momento. Stavo dicendo che, il cosiddetto rifugio portatile contro la pioggia ha deciso di abbandonarmi rompendosi, a causa dell'eccessivo vento, pochi istanti prima di salire sull'aereo. «E anche oggi, elencherò le mie gioie della giornata, domani.» Affermo, sarcasticamente mentre cerco un riparo nell'attesa di un taxi.

IMMAGINA TOM HIDDLESTON (Loki, Adam, T. Sharpe...)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora