Number 1

2.2K 74 17
                                    

La storia inizia esattamente un'anno fa. Napoli, 13.30, piove. Mi piaceva la pioggia, era come se l'intero mondo spingesse con me e a qui tempi piangevo tanto: non singhiozzavo, mi limitavo a far scivolare le mie lacrime giù per le guance mentre il cielo si preoccupava di disperarsi per me. Quel giorno, non ricordo precisamente che giorno fosse, piangevo perché mio padre, in preda alla sua ultima sbronzata, aveva ucciso mia madre e poi si era impiccato. Non che tenessi a loro, lui era un ciccione amante dell'alcool e delle scopate, lei era una donna sottomessa senza autostima che però mi aveva sempre voluto un gran bene; io d'altro canto provavo sentimenti contrastanti nei suoi confronti: la amavo perché era mia madre e perché mi aveva cresciuta fino ai miei 17 anni e la odiavo perché si prendeva un sacco di botte senza dire niente, si accusava quando doveva solo scappare e si esprimeva quando doveva combattere. Non eravamo simili per niente, non di carattere, poco di aspetto. Quella mattina ero uscita, ero andata in libreria a leggere l'ultimo romanzo di Pullman senza acquistarlo, e quando sono rientrata ho trovato quella deliziosa immagine. Piangevo si, non perché mi dispiacesse del porco ma perché avevo paura. Non sapevo cosa sarebbe successo di li in poi.

Fu chiamata la polizia, fu fatto il processo e fu stabilito che io fossi da affidare ai servizi sociali. Ricordo esattamente quel che provai ad esser affidata di casa in casa senza essermi mai stabilita: venivo mandata continuamente indietro per questo o quello; nonostante fossi una ragazza molto intelligente, molto brava a scuola, responsabile e matura per la sua età, ero troppo diversa dal modello di figlia ideale. Andiamo chi adotterebbe mai la figlia di un'assassino che fa a botte ogni due per tre e che quando non si picchia sta akerando il profilo istagram di qualcuno. Quindi presi quel poco che mi apparteneva e scappai. Non fu difficile, eravamo in Italia d'altronde, e non lo fu neanche trovare un branco a cui appartenere. A Napoli ci sono molte baby-gang e molti bambini randagi. Io rubavo come molti altri e con quei soldi, divisi più o meno equamente tra noi, ci si comprava ciò che si voleva. Eravamo ricchi ma poveri allo stesso tempo. Ed erano proprio ai ricchi stranieri in visita le nostre prede principali.

Give me five!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora