Number 4

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-Però freddino il ragazzo me lo aspettavo più gentile..- ormai erano passate più di due ore dall'incontro con Cinque ma stranamente continuavo a pensarci. Quando qualcosa mi martellava il cervello prendevo uno specchio portatile di quelli che si trovano nelle borse delle signore (ne avevo rubati due o tre), mi sedevo e parlavo con me stessa. Ci tenevo al dialogo.
-Vero anche che io lui pensasse fossi una ladra, una poco di buono... però i suoi occhi emanavano curiosità più che rabbia. È MOOLTO teatrale nei gesti e nei modi di fare, un po' per la sua professione un po' per la sua fisionomia-
Andai avanti per ore finché il mio stomaco non mi ricordò che non mangiavo da tre giorni. Contai i soldi.
-Bene posso permettermi qualcosa-
Entrai nel primo supermercato che trovai, presi una busta di patatine, una cocacola da 1l e del sushi già pronto. Pagai e uscii fuori. Nella mia testa balenavano le possibili sistemazioni dove consumare il mio pranzo ma, a quanto pare, il mio corpo aveva già deciso. Mi ritrovai lì, seduta nello stesso punto dove quella mattina ero caduta. "Bene Isabella, non dirmi che ci sei entrata in fissa.... nah sarà la solita storia" dissi prima di prendere il primo nighiri con le bacchette usa e getta. "La solita storia" non era nient'altro che il punto di svolta della mia noia: mi annoiavo spesso quando i miei erano vivi, nei momenti di noia estrema il mondo mi tirava addosso qualsiasi cosa come se volesse dirmi di occuparmene, che fosse un'uccellino ferito, un ragazzino caduto dalla bicicletta o mia stessa madre. Sentivo l'impellente bisogno di occuparmene o quanto meno di controllare che andasse tutto bene.
Da dove ero seduta non si vedeva l'entrata dell'hotel quindi non mi accorsi che il ragazzino dalla bella mascella stava uscendo. Avevo finito il mio sushi quando lui mi passò per la seconda volta davanti. Non mi vide, io ero all'ombra del cassonetto e lui aveva il naso schiacciato sul cellulare.

*parlano in inglese*

-Vedo che hai di nuovo il tuo prezioso cellulare con te!-
Proprio come quella mattina, Aidan si irrigidì di colpo come una statua: girato di spalle con i capelli sistemati con il gel in modo da stare su, una mano in tasca e l'altra che reggeva il telefono.
Pian piano si sciolse alzando dapprima la testa dal cellulare e poi girandosi. Nel buio della notte i suoi occhi non incontrarono subito i miei. Quando mi vide mi disse:
-Già grazie, come ti chiami?-

Give me five!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora