CAPITOLO 19

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Pianeta Terra, New York, notte
"Mio signore, per quale ragione siamo qui?" Una delle due ombre si era avvicinata all'altra, pur mantenendo una distanza ragionevole. "Aspettiamo. Non disturbarmi oltre con le tue domande inutili." Ad interrompere i due ci pensò la comparsa di una terza figura.
"Questo è un raro piacere." "Gea. È molto tempo che non ci vediamo. È giunto finalmente il momento di attaccare la progenie divina. Non serve più indugiare." Gea sorrise. "Aspettavo con ansia queste parole. Avrete la vostra vittoria a breve. Ricordati del nostro accordo." "Come dimenticarlo. Fa la tua parte e io onorerò la mia promessa." Gea scomparve. La figura si rivolse all'aiutante. "Tu va, prima che si accorgano della tua assenza e si insospettiscano. Non mi saresti più utile, in quel caso. Sparisci." "Sì, mio signore." La figura rimase sola, sorridendo ed osservando la luna. "Presto... molto presto toccherà a me."

Campo Mezzosangue, mattina, vicino al padiglione
Percy stava camminando, dirigendosi verso l'arena, mettendosi a posto un polsino dell'armatura. Distratto, si scontrò contro qualcuno. "Percy." Il ragazzo alzò lo sguardo. "Annabeth. Non volevo venirti addosso." Poi, cercando di allontanarsi, fece per ricominciare a camminare. "Lysar ti ha detto che ero passata, ieri?" Percy annuì. "Sì, me lo aveva detto." "E... non vuoi sapere cosa volevo?" "Ho l'impressione che me lo dirai comunque."
Annabeth abbassò lo sguardo. "Io non ho mai scelto Marcos, Percy. So che non mi credi." Continuò, alzando la voce per non farsi interrompere dal ragazzo. "So che non mi credi e ti capisco. Non mi crederei nemmeno io. Ma... ci tengo realmente a te, ti amo ancora. Talia, qualche giorno fa, mi ha detto che se ti amo davvero, devo lasciarti andare. Io... non ho mai scelto Marcos. Ho scelto te, sin da quando ci siamo incontrati per la prima volta." "Quando mi hai detto che sbavo mente dormo?" La domanda di Percy la colse di sorpresa. "Sì, esatto. Sei sempre stato la mia scelta, non dubitarne mai." "Allora perchè lo baciavi? Perchè, se non lo hai mai scelto?" Prima che Annabeth potesse rispondere però, arrivò Chirone. "Ragazzi, Gea sta attaccando New York. Dobbiamo andare." Percy entrò in modalità guerriero. "Gli dei sono stati avvertiti?" Chirone annuì. "Perfetto. Ci vediamo lì." Il cavaliere corse verso la sua cabina. Annabeth lo guardò ancora un momento, poi annuì in direzione di Chirone e corse a prepararsi.

New York, vicino all'Amore State Building
Percy inghiottì un'imprecazione, vedendo l'esercito della divinità. "Dividiamoci. Io e Nico andremo verso Nord, Beckendorf e Silena, voi andate a Sud. Micheal e Luke l'Est è vostro. Bianca e Zoe ad Ovest. Li chiudiamo a morsa. Fate attenzione, mi raccomando." "Sì, Perseus." I sette ragazzi annuirono, e si separarono come indicato dal ragazzo.
Lui e Nico atterrarono proprio davanti a Marcos, John e Juliet. "Yarell vola qui intorno. Non farti colpire." I due draghi obbedirono.
Juliet li guardò sprezzante. "Dov'è Talia? Si sente talmente inutile che teme anche solo di vederci?" Percy guardò Nico. "Li facciamo stare zitti?" Nico ghignò. "Temevo non me lo avresti chiesto."
I due Cavalieri attaccarono i tre cugini, disarmandoli in meno di dieci secondi. Il loro combattimento fu così breve e veloce che nemmeno Estia, vicino a loro, seppe distinguere le spade dei due cavalieri. "Divina Estia, potrebbe portarli lei sull'Olimpo?" Estia annuì, prelevando i tre traditori. "Sono certa che i vostri genitori vorranno parlare loro. Complimenti, Cavalieri." Percy annuì. Estia scomparve.
I due Cavalieri proseguirono nel combattimento.

***

Poseidone stava combattendo contro due giganti, Efialte ed Oto, quando all'improvviso i due scomparvero, colpiti dalla spada di Perseus.
"Grazie, Percy." Il ragazzo annuì distrattamente, lasciando correre lo sguardo sui vari semidei che combattevano. "Qui sembra tutto sotto controllo." Commentò Poseidone, cercando lo sguardo del ragazzo. Percy annuì, lentamente. "Anche negli altri punti. L'esercito di Gea è quasi del tutto sconfitto. Però è lei che deve essere sconfitta." Mentre parlava, alzò improvvisamente lo sguardo, e, spostando il padre con una mano, lanciò un pugnale, colpendo un gigante sulla spalla, nello spazio lasciato dall'armatura. Quello, con un gemito, scomparve. Percy osservò la freccia caduta dove prima si trovava Poseidone. Assomigliava terribilmente a quella usata contro Talia. Improvvisamente, tutto ebbe senso nella testa del Cavaliere: sapeva chi era il colpevole per quanto accaduto alla cugina. E alla Terra. Poseidone fissò Percy. "Grazie di nuovo, Perce." Il ragazzo se ne andò, come se non gli avesse appena salvato la vita. Zeus ed Ade furono subito vicino al dio del mare. "Non disperare, Poseidone. Tuo figlio è solo molto orgoglioso." Afrodite sorrise allo zio. "Tranquillo, si risolverà tutto. Io lo so."

***

Gea urlò. "Nooo, me la pagherete, Cavalieri!" Percy, interrompendola, gli lanciò contro una spada, distruggendo la divinità. "Scusa, non ho sentito. Potresti ripetere?" Nico sbuffò divertito. "Se vuoi che rispondano, dovresti smettere di ucciderli ogni volta." Percy sorrise. "Colpevole."
Zeus si avvicinò ai Cavalieri. "Grazie. Ci avete salvato." Poi fissò Percy. "Ancora una volta." Percy mosse distrattamente la mano. "Dovere. Caos ci ha obbligati. Chissà perchè se lo dimenticano tutti..." Atena si avvicinò. "Dovete tornare subito sull'altro pianeta? Aspettate un giorno. Partite domani pomeriggio." Percy guardò Nico, che scrollò le spalle. "Non ci aspettano ancora. Avremo letteralmente tre settimane di ferie, adesso." Luke annuì. "Un giorno potremmo anche prendercelo." Zoe gli diede una gomitata. "Ma Percy non chiedeva a te." "Questo perchè ascolta solo Nico e Talia. Non perché io non sia affidabile." Percy ignorò i due. "Va bene. Partiremo domani pomeriggio."

Campo Mezzosangue, sera, bosco
"Dovremmo seriamente smetterla di venire sempre qui." Ade guardò i due fratelli. "Siamo sempre qui, al Campo. Sembriamo leggermente disperati." Poseidone annuì, cupo. "E non lo siamo? Sto per perdere mio figlio nuovamente."
Ad interrompere la discussione fu una figura, appena apparsa.
Con un gesto della mano, i tre dei furono legati.
"Miraval!" Zeus esclamò. "È stato davvero divertente vedervi annaspare. Come dei naufraghi. Come delle persone che tentano disperatamente di raggiungere l'aria mentre affondano, lentamente ed inesorabilmente, verso l'oscurità. Credete di aver vinto? Ma non era Gea, il vostro nemico." Zeus lo fissò. "Di cosa parli?" "Ero io. Ho aizzato io Gea. Era così rancorosa che non è stato difficile agitarla. Aspettava solo qualcuno che la incoraggiasse. Poi, ho aspettato." "Perché? Tu cosa ci guadagni?" Poseidone guardava con disprezzo l'immortale.
"Io vi ho addestrato, ho fatto in modo che aveste una possibilità contro Crono e i suoi fratelli! Contro Gea e i suoi figli! E voi mi avete voltato le spalle! Senza darmi quanto pattuito! Adesso, subirete la mia vendetta!"
Poi rise. "La parte più divertente è stata aizzarvi contro i vostri figli. Sentire le vostre forze che tentavano di opporsi al mio volere. Dire ai vostri figli che li ritenevate inutili. Quando invece non avreste voluto altro che incoraggiarli. Ho mandato io i tre sostituti. Che sono morti poco fa. Non mi servivano più, temo. E adesso? Gea è stata sconfitta, perciò non ho niente da darle. Voi siete inutili. Non ho niente da temere. Governerò questo mondo come avrebbe dovuto accadere già qualche millennio fa. E sarà stato solo per colpa vostra."
Zeus ringhiò. "Corri troppo. Verrai fermato!" Miraval rise di nuovo, come un folle. "Cosa dovrei temere?"
A rispondere non furono i tre dei, bensì un ragazzo.
"Be', noi. Siamo abbastanza spaventosi, lo ammetterai."
Miraval si voltò: davanti a lui c'era Perseus, appoggiato a un tronco e tranquillo, con la spada appoggiata al fianco.

Angolo autrice
Alla prossima!
By rowhiteblack

What Doesn't Kill You Makes You StrongerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora