Capitolo 11

492 22 1
                                    

Campo Mezzosangue, subito dopo la conversazione con gli dei

Una cosa che non era cambiata in Percy Jackson era il rispettare le parole date.
Avendo promesso all'amica di chiamare subito il padre, per ricevere informazioni riguardanti la guerra, il ragazzo lo aveva fatto.
Mentre aspettava che il collegamento si attivasse, procedimento lungo e noioso, il ragazzo si rilassò, ripensando al momento in cui aveva capito che Miraval non meritava alcun rispetto.
Prima che potesse, però, immergersi nel ricordo di esso, sentì la voce del suo signore, Re Erlond
"Perseus Jackson. A cosa devo l'onore? Spero che non riguardi mia figlia Lysar. Ve l'ho affidata perché mi fido di voi, e del vostro senso del dovere e dell'onore." Percy sorrise internamente alle parole del re. Sembrava immune a cose come la famiglia e l'affetto, ma amava molto la figlia. Rispose. "La principessa Lysar sta molto bene, mio signore. Era soltanto sconvolta da questo posto. La Terra, per chi è abituato alle belle terre dell'eterna Estate, ha molto impatto. Ma, non è il motivo per cui vi ho chiamato, mio signore." Re Erlond si interessò alla conversazione, seppur meno di prima. "Spero che, allora, la conversazione non riguardi un eventuale ritardo nella data fissata per il vostro ritorno. Lord Caos ci ha riferito che tornerete tra 1 mese, nel peggiore dei casi." Perseus annuì. "La data riferita dal mio signore Lord Caos è corretta, Re Erlond. Fortunatamente, non sono previsti ritardi. Anzi, se continuiamo in questo modo, torneremo molto presto. Il motivo per cui vi ho chiamato, riguarda una preoccupazione della principessa, che, a dire il vero, coinvolge anche me e i miei colleghi. La situazione in cui verte il vostro regno in nostra assenza." Re Erlond annuì seriamente. "Apprezzo molto il vostro interesse per il mio regno. In effetti, la situazione non è delle migliori. L'esercito si sente perso, senza il suo primo ufficiale e i Cavalieri. È possibile un vostro rientro immediato?" Perseus, questa volta, scosse il capo. "Abbiamo delle regole da seguire, temo. E, non essendo la vostra situazione drastica, non abbiamo alcun diritto di abbandonare un pianeta in difficoltà." Percy sentì un rumore alle sue spalle. Vedendo Rachel, si salutò con il re, interrompendo la conversazione.
Si avvicinò all'Oracolo.
"Ciao Rachel!" La ragazza sorrise. "Facciamo due passi?" Percy annuì. "Molto volentieri, Rac!"

Mentre camminavano, il ragazzo raccontò di come erano entrati nell'ordine dei Cavalieri. I suoi occhi riprendevano la sfumatura accesa che aveva fatto innamorare la ragazza di lui, nel passato. "Sono contenta per te." Disse Rachel, non appena Percy finì di parlare. "Ti meriti di essere felice." Il ragazzo sorrise. Poi, si fece insicuro. "Qui, invece? Cosa è successo dopo... dopo?" Rachel sospirò. "Mi aspettavo una domanda del genere, sai? Sei troppo buono per essere menefreghista." Percy sorrise soltanto. La ragazza disse. "È stato difficile. Tutti i semidei erano... persi. Mancava la vostra guida. La tua. Gli dei... non mi aspettavo una cosa del genere. Li ho visti rivoltare tutto il mondo: cercarvi ovunque, sempre. Dovevi vederli. Poseidone, Zeus e Ade, intendo. Erano distrutti. Davvero, non svolgevano più i loro doveri. Tritone ha dovuto occuparsi del regno del padre per un po'. Artemide... l'ho vista piangere. Chirone si disperava. Ha detto al signor D che, senza di voi, il Campo non era il posto bello che era all'inizio. Vuoto, triste. Inutile. Lo ha definito così." Percy scosse il capo. "Rachel... dovevano pensarci prima. Io, Talia e Nico ce ne siamo andati perché non voluti. Che senso aveva rimanere?" Rachel scrollò le spalle. "Non lo so. So solo che, senza di voi,non aveva senso stare qui. E so che, adesso che siete qui, sembrano tutti più felici." Percy sospirò. "Non rimarremo. Lo sai." "Lo so. Questo non vuol dire che smetterò di crederci."

La conversazione finì al suono del corno, che avvisava dell'inizio della cena. Rachel sbuffò. "Incredibile! È il secondo giorno che arriviamo tardi!"  Percy rise. "Colpa mia." Poi, prendendola per mano, cominciò a correre, per mangiare

What Doesn't Kill You Makes You StrongerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora