L'amico Ludo

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Enrico si era ripromesso di rintracciare in ogni modo e con ogni mezzo Ludovico...

 Il giorno dopo l'addio al celibato, si era precipitato in ufficio mettendosi  subito al computer. Mancava solo una settimana al matrimonio; doveva fare presto. Non ci aveva messo molto a trovare il sito internet del ristorante; inviò una e-mail poco convinto ma fiducioso. Quasi sicuramente non avrebbe ricevuto nessuna risposta ma voleva lo stesso tentare. Provò anche a mettersi in contatto telefonicamente, ma nessun suono era provenuto dall'altro capo del telefono.

 Quel silenzio non prometteva nulla di buono.

Quanto si erano divertiti loro due, quante ragazze erano passate prima a uno e poi all'altro. Anche l'esame della patente avevano sostenuto assieme. Poi, di notte, finito il solito giro dei locali del centro, si recavano nella zona industriale a nord di Treviso. La stagione che più assecondava la loro voglia di divertimento era quella invernale. La nebbia e le birre rendevano tutto meno reale e non importava molto accendere i fari dell'auto. Con il buio, andare a zig zag, cercando di non cadere nei pochi fossi che la colata di catrame aveva lasciato, era inconsciamente divertente. I capannoni immersi nella nebbia si mimetizzavano perfettamente con il grigiore della campagna trevigiana devastata dal cemento. 

Uno scempio cui aveva tenacemente resistito qualche rudere che, spaurito, sparuto e ferito, era rimasto a testimoniare l'origine rurale di quei luoghi. Vite passate attraverso quelle terre martoriate, dove il rumore delle ruote dei carri trainati da stanchi buoi si mescolava all'odore d'erba e di terra smossa da vecchi aratri. Lì, dove tutto aveva avuto origine, in un giorno maledetto, il sipario si sarebbe pietosamente abbassato. Un luogo che avrebbe inghiottito come una belva feroce anime e cuori e sentimenti. E vita.

Ma era ancora tutto così lontano e impensabile, mentre il giovane Enrico sfrecciava sicuro e inconsapevole su quelle stradine ricoperte di catrame strette tra metri cubi di cemento.

Che periodo, che ricordi indelebili. Le discoteche per loro non avevano segreti e in ogni locale erano acclamati come due attori del cinema. Erano belli. Erano giovani. Ma tutto ha un prezzo e anche un'amicizia profonda può essere sconfitta dall'impulsività della giovinezza.

Fu così che in una notte stellata, Ludovico, più ubriaco del solito, non aveva sorvolato, né tanto meno scherzato, com'era solito fare, sulle attenzioni rivolte alla sua fidanzata. Sopraffatto da un'ira incontenibile, era arrivato a dare un pugno al suo amico. Enrico, preso alla sprovvista, era caduto rovinosamente, battendo la testa. Furono attimi di paura. Ludovico, in preda al panico, sparì. Da quel giorno Enrico non lo vide più e di lui ebbe notizie solo attraverso Paolo, dopo quasi trent'anni, quella notte sotto la luna piena accompagnati dallo sciabordio delle onde. Seppe così che, scosso e impaurito da quel fatto, Ludovico era approdato nel Regno Unito, senza trovarvi fortuna né pace come lui si auspicava. Enrico, in cuor suo e in breve tempo, aveva perdonato Ludovico. Erano ragazzi e le conseguenze alla loro età non venivano minimamente considerate. Negli anni a seguire, Enrico si era reso conto che a provocare Ludovico era stato il suo costante bisogno di affermazione. Sapeva bene che il suo amico teneva particolarmente a Isabella, che quella storia non era come le altre. Di Isabella si era innamorato follemente arrivando a pensare di chiederla in sposa al severo padre. Il signor Aldo, gelosissimo della figlia, tanto da far promettere a Ludovico che mai l'avrebbe riaccompagnata a casa dopo mezzanotte. Era una cosa seria. Enrico avrebbe dovuto lasciarla stare, avrebbe dovuto chetare il suo egocentrismo. Il fatto era che a lui proprio non andava giù che quella bellissima ragazza si fosse innamorata di Ludovico Castelli e non di Enrico Marini!

Quell'episodio sovente riaffiorava nei suoi pensieri. Il dolore fisico era scomparso in pochi giorni, e non aveva lasciato cicatrici sul suo volto. Quello che più lo addolorava era avere perso il suo amico del cuore.

Quando oramai Enrico si era rassegnato a trovare un altro testimone per le sue nozze, ecco che tra le innumerevoli e-mail che giornalmente arrivavano sul computer, una catturò subito la sua attenzione.

- Ciao Enrico, scusa se non ti ho risposto subito, nella e-mail mi parli del tuo matrimonio, alla fine ci sei cascato anche tu vecchio maiale ahahah ti ringrazio per l'invito e ti faccio le mie cond... ehm... congratulazioni, ma la mia situazione economica non mi permette di affrontare le spese per il viaggio e tutto il resto, non posso mica presentarmi al matrimonio del mio caro amico Enrico vestito da sguattero. Non ho più il mio ristorante e da quando l'ho chiuso lavoro come lavapiatti in una pizzeria in un paese vicino a Londra. Mi dispiace molto non poter essere presente al tuo fun... cioè matrimonio, sappi però che quel giorno ti penserò. Con immutato affetto. Ludo.

Enrico lesse le poche righe confortato dal fatto che l'amico, nonostante i problemi economici, non aveva perso l'ironia che tanto lo aveva divertito prima del fattaccio.

Di Enrico tutto si poteva dire: non brillava per eleganza o simpatia, non era né bello né affascinante, tuttavia, sebbene fosse pieno di difetti e arroganza, si scioglieva come neve al sole quando una persona si trovava in difficoltà; se poi questa persona era Ludovico Mattei, allora l'ingegner Enrico Marini diventava l'uomo sconosciuto a molti. La sua generosità eguagliava la sua presunzione. Nessuno era al corrente del fatto che Enrico, già da diversi anni, aveva avviato un'adozione a distanza. Sonja e Jamir, rispettivamente di sette e nove anni, erano due fratelli indiani che solo grazie alle cospicue somme inviate da Marini, per sostenere economicamente la famiglia, erano riusciti a frequentare regolarmente la scuola elementare, potevano contare su pasti assicurati e abiti per vestire in modo decoroso. Inoltre Enrico aveva inviato al capofamiglia, padre oltre che di Sonja e Jamir di altri cinque figli, una discreta somma per acquistare degli appezzamenti da coltivare.

Enrico era anche questo, un uomo di grande umanità e generosità, qualità che nascondeva, forse per pudore, dietro la maschera della superbia.

In quella rovente giornata settembrina, Ludovico Castelli, nel suo impeccabile abito scuro, regalo di Enrico, era accanto allo sposo come testimone di nozze.  

La sposa in grigio perlaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora