Inquietudine

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 Mentalmente, come un meccanismo abituato dal tempo, aveva contato i passi di Enrico sui gradini che separavano il piano terra dall'interrato dove, oltre la zona relax, si trovava il garage. Pochi minuti, lo sbattere della portiera, poi nulla. Vinta più che altro dalla curiosità per quell'insolito silenzio, si avviò verso le scale.

I dubbi sulla fedeltà di Enrico la assillavano nonostante cercasse di non dare credito a quel tarlo che da un po' di tempo si era insinuato nella sua mente. Paola era sempre più convinta che Enrico avesse un'altra donna. Razionalmente avrebbe dovuto accettare che suo marito la ripagasse con la stessa moneta ma non ci riusciva. Era consapevole di questa assurda pretesa a cui il suo temperamento, passionale e geloso, proprio non voleva assecondare.

Era seduto al posto di guida. Lo osservò, sembrava rilassato, lo sguardo di un bambino intento a giocare. Parlava al telefono in modo sommesso. Ogni tanto sorrideva compiaciuto. Paola non ricordava di avergli mai visto quell'espressione goliardica sul volto.

Notando la presenza di sua moglie ripose frettolosamente il telefono sul sedile passeggero e, come un attore consumato, ritrovò il suo piglio sicuro. Imperturbabile. Gli occhi grigio azzurri di Paola oltrepassarono come un fulmine il tergicristallo.

Pochi secondi consumati nel silenzioso rimprovero possono bastare per far sentire un uomo un verme? Sì, bastano.

Risalì le scale che avrebbe voluto fare di corsa se non fosse per quel dolce peso che rallentava ogni suo passo. Si rifugiò in cucina, forse il luogo che più la rassicurava. Lui, come una presenza ingombrante, si avvicinò a lei.

Lei che aveva capito tutto.

Lei che non riusciva a chiedere.

— Paola...

— Non dire nulla. Vattene.

Lei che si sentiva tradita. Lei che amava un altro.

Lui che in pochi istanti aveva capito il significato della parola verme. Per la prima volta nella sua vita si era sentito così. Un verme.

Sedici gradini. Rumore di chiavi contro la carrozzeria. Il tonfo sordo della portiera.

Auto. Basculante. Cancello.

Tutto aveva un suo ordine. La vita procedeva senza soggiacere ai desideri. Ai sogni.

Paola che sognava una vita con Tommaso.

Silvia che sognava una vita con Enrico.

Enrico inghiottito dalla nebbia mentre si abbandonava al suo destino.

Avrebbe dovuto rincorrerlo, urlare tutta la sua rabbia, gridare che lei lo tradiva perché non si sentiva amata, desiderata.

Perché lasciarla sola in quel giorno così vicino a Natale, ma soprattutto così vicino al momento di partorire?

Perché ferirla, umiliarla ancora?

Era stanca. Delle menzogne che la stavano sommergendo da ogni parte il suo cuore si girasse. Era stanca di essere trattata come un oggetto. Una cosa.

Lasciò che Enrico se ne andasse mentre lei, immobile, indurita nel fisico e nell'anima, fissava oltre la finestra quella giornata infagottata nel grigiore. La nebbia era scesa su ogni cosa come un velo da sposa. Così distante da quell'uomo non si era mai sentita.

Paola, ancora una volta, asciugò lacrime, calmò pensieri. E lasciò che il cuore cercasse un posto tranquillo nel suo petto.

Quello era il primo albero di Natale di Luigi. Accese il caminetto come amava fare nelle giornate dal sapore già invernale. Le piaceva quel ritrovarsi a osservare il fuoco, ascoltarne il crepitio come un dolce suono calmante. Aveva bisogno di calore e di calma.

Il bagliore della fiamma le illuminava il viso. Era ancora bella Paola, di una bellezza matura appena velata dalla tristezza.

Ma nessuno era accanto a lei a ricordarglielo.

Un profondo senso di solitudine aleggiava nel salone reso festoso dalle piccole luci che rincorrevano il bagliore delle fiamme. Con le mani appoggiate su quel ventre che sembrava sul punto di esplodere, cercava ogni pretesto per sentirsi felice. Forse lo era ma non se ne rendeva conto. Seduta sul divano si sentiva come in un set cinematografico. L'allestimento scenografico era perfetto. L'atmosfera natalizia in quella stanza sembrava uscita da una pagina di Dickens, ma era sola. Come sempre.

— Signora Paola, domani è la festa dell'Immacolata, vorrei fare l'albero di Natale con mio figlio e la mia futura nuora... hanno deciso di sposarsi!

Nemmeno Carla c'era e questo la rendeva ancora più inquieta. Decise di telefonare a sua madre. Prese il cellulare, quando all'improvviso una fitta lancinante le tolse il respiro.

La nascita del bambino era prevista per l'Epifania. Il suo Luigi sarebbe dovuto arrivare con i Re Magi: non potevano essere le doglie del parto! Prese il cellulare. Salì le scale che portavano al primo piano. Il borsone con tutto l'occorrente per lei e il piccolo era pronto da un paio di settimane; per poter meglio controllare il contenuto lo poggiò sopra al letto. Cercò nel mobiletto del bagno la trousse, tolse dal bicchiere lo spazzolino e il dentifricio, mise il sapone nell'apposito astuccio, mentalmente cercò di ricordare le cose che aveva scritto da qualche parte. La crema per il viso non poteva mancare e nemmeno la lozione per le smagliature. 

Bagnodoccia. Pettine. Il suo profumo preferito, non lo avrebbe sicuramente usato in ospedale ma voleva ugualmente portarlo con sé per mantenere un legame con la donna che era e che sembrava averla abbandonata. La boccetta finì sul fondo, tra le camicie da notte e la biancheria intima. Questo bastava.

Dimenticava qualche cosa? Un'altra fitta, più forte di quelle precedenti. Uno stato confusionale iniziava a imprigionarla nella morsa della paura facendola camminare dal bagno alla camera dalla camera al bagno. Cercando di non farsi prendere dal panico, mise la trousse nel borsone. Chiuse il borsone. Il telefonino sopra il borsone.

Seduta sul letto cercava di rilassarsi, di concentrarsi sulle cose pratiche: indirizzo della clinica, numero di telefono del ginecologo, tessera sanitaria. Cosa le serviva ancora?

Un'altra fitta.

Doveva chiamare sua madre, no, forse era meglio cercare Enrico. Il videocitofono installato in camera si accese; il piccolo schermo le comunicava la presenza di un'auto all'esterno del cancello. Paola con fatica si alzò dal letto, un'altra stilettata la obbligò a fermarsi, a respirare profondamente. Lentamente raggiunse la finestra per una migliore osservazione.

Forse sua suocera aveva deciso di farle visita, oppure si trattava della sua amica Francesca. I dubbi svanirono appena individuata l'auto; una "pantera" della Polizia stradale con il muso a pochi centimetri dal cancello attendeva di entrare nel vialetto di accesso.


La sposa in grigio perlaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora