La casa con le orchidee

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 La villa era avvolta nell'atmosfera grigia di una giornata invernale infagottata in una nebbiolina gelata. Nell'ampio ingresso aleggiava un dolce aroma di vaniglia mescolato al profumo di borotalco. Le orchidee sembravano indifferenti all'evolversi degli eventi. Il candore dei bellissimi fiori, quasi irrispettosamente, rallegrava e illuminava l'ambiente. Paola osservò con quanta eleganza e forza lo stelo sosteneva tutti i suoi fiori. Ne sfiorò delicatamente uno.

Erano a casa, una casa che sembrava immensa. Uno spazio incolmabile.

Luigi dormiva nella sua culla immacolata posta vicino alla finestra della cameretta con le pareti tinteggiate di giallo. Alcuni piccoli peluche sorvegliavano il suo sonno. Questa visione rasserenò la sua mamma. Il pianto disperato di poco prima aveva segnato il suo volto e graffiato la sua anima. Anche Tommaso, in modo diverso da Enrico, l'aveva lasciata. Si sentiva addosso una grande stanchezza, aveva bisogno di riposo; la depressione post parto la sentiva montare dentro di sé assieme al latte. Doveva farsi forza, pensare a suo figlio, a tutto il resto ci avrebbe pensato domani. Quel domani che tanto la terrorizzava, senza sapere come affrontarlo, senza Enrico, e ora, anche senza Tommaso.

Lacrime copiose scesero ancora e ancora, non riusciva a fermare quel liquido caldo, più cercava di fermarle più aumentava il desiderio di piangere e urlare.

No, non poteva, Luigi si sarebbe svegliato, si sarebbe spaventato. Ricacciò indietro il suo dolore, la sua angoscia, per amore, solo per amore verso suo figlio.

— Signora, ha pranzato?  Le preparo qualche cosa?

La donna, come sempre silenziosa e riservata, arrivò alle spalle di Paola ferma, immobile, di fronte alla porta della camera da letto.

— Prima di lasciare l'ospedale ho mangiato sì,  per favore mi prepari una camomilla poi cercherò di riposare un po'...

Rimase con la mano sulla maniglia della loro stanza da letto per un tempo indefinito. Non riusciva a trovare il coraggio di entrare. Si sentiva un involucro. Senza materia, senza anima. Sapendo che il profumo di Enrico l'avrebbe colpita con violenza, indugiò. Appoggiò stancamente la fronte contro la porta. Inspirò profondamente prima di aprire.

La camera era avvolta nella penombra. Carla, dal giorno dell'incidente, aveva sempre tenuto porta e finestre chiuse. Il profumo di Enrico la stordì, avanzò con passo incerto fino al letto perfettamente rifatto. Il candido copriletto di nonna Elsa risaltava nella semi oscurità della stanza appena illuminata dalla luce proveniente dal corridoio. Sul comodino gli occhiali da lettura di Enrico erano poggiati sulla pagina del libro che stava ultimando. Accese la lampada immaginando la mano di suo marito nella consuetudine dei gesti serali. Tutto si era fermato in attesa che il legittimo proprietario indossasse quegli occhiali e continuasse la lettura. Paola chiuse il libro e rimise gli occhiali nell'astuccio; aveva bisogno di ordine. Un ordine mentale che sembrava averla abbandonata. Tutto doveva essere posizionato al proprio posto. L'esigenza di una regolare disposizione delle cose l'avrebbe aiutata a ritrovare se stessa. O quello che di lei rimaneva.

La villa dei Marini si trovava a pochi chilometri dal caos della città. Paola amava quella casa circondata dai vigneti e da qualche campo di granturco; un piccolo corso d'acqua, a pochi metri,  scorreva lento a curvare, come in un abbraccio. Era un luogo tranquillo soprattutto nella stagione invernale con i campi imbiancati e un silenzio quasi irreale. In quel luogo Luigi sarebbe cresciuto forte e sano. E felice. Avrebbe mosso i primi passi sull'erba novella delle sue primavere e raccolto il suo primo fiore, poi, correndo nel modo buffo che hanno i bambini, lo avrebbe portato alla sua mamma, lei lo avrebbe sollevato in aria colmando di baci le gote piene e rosee.

Passò i giorni successivi divisa tra il letto e la poltroncina di vimini posta vicino alla finestra nella cameretta di Luigi. Allattare il suo bambino la rendeva più serena. Luigi poppava al suo seno mentre lei gli stringeva una manina. Quei momenti d'intima fusione erano, per madre e figlio, un appiglio al quale aggrapparsi. I loro sguardi s'incrociavano per lunghi attimi. Luigi somigliava moltissimo a Tommaso e questo non aiutava Paola a dimenticarlo. Come avrebbe mai potuto dimenticare il padre di suo figlio? Come aveva potuto lasciarla sola? In cuor suo lo aveva perdonato, convinta che alla fine sarebbe tornato da lei per condividere assieme quei momenti dolcissimi.

Luisa andava a trovare Paola tutti i giorni, voleva esserle di aiuto, un aiuto non solo pratico ma anche e soprattutto un sostegno morale. Così facendo attutiva in lei quel rimprovero che da anni s'infliggeva. Si sentiva in colpa.

Per non avere amato abbastanza sua figlia.

Per avere amato troppo il fratello di sua figlia.

Per non essere stata capace di tenere unita la famiglia.

Adesso doveva in qualche modo rimettere i suoi peccati nelle mani di Dio. O di chi, in qualche modo, potesse perdonarla. Lei stessa, prima di tutto.

— Paola, se vuoi rimango qualche giorno, sei pallida, ti vedo stanca, non devi rimanere sola in questo momento, posso dormire anche sul divano, ti prego, lascia che ti aiuti.

— Non preoccuparti, mamma, mi riprenderò, non serve che ti trattieni oltre una certa ora. Carla si ferma la sera fino a tardi, è molto cara e in questo periodo mi è molto di aiuto, inoltre c'è anche Elisa, la fidanzata di suo figlio, qualche volta viene ad aiutare la futura suocera, così mi fa compagnia, certe volte si diverte anche a cambiare i pannolini a Luigi, è una ragazza simpatica. Stai tranquilla, vai pure a casa...

Luisa, nonostante le rassicurazioni, era preoccupata per sua figlia, la vedeva sempre più triste e depressa, le morbide curve si erano trasformate in una magrezza preoccupante,  il seno florido e pieno per l'allattamento sembrava appartenere a un altro corpo, quel corpo morbido che aveva fatto innamorare molti uomini.

Paola sentiva forte il bisogno di confidare a qualcuno la sua disperazione, ma quel qualcuno non poteva essere sua madre. Luisa non avrebbe mai compreso sua figlia e non le avrebbe mai perdonato di avere tradito Enrico che considerava un marito premuroso e affettuoso e che sicuramente, sempre secondo sua madre, sarebbe stato per Luigi un padre esemplare. Aveva capito che quel suo segreto, quel peso, lo avrebbe portato dentro di sé per tutta la vita.  

La sposa in grigio perlaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora