Ritorno a casa

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 L'auto che la stava riportando a casa era quella di Tommaso. Seduta al suo fianco, con Luigi stretto al petto, non riusciva a immaginare la sua vita. Quella che stava per iniziare. Un'altra vita.

Teneva tra le braccia quel fagottino avvolto nella copertina azzurra; sferruzzare durante la gravidanza l'aveva distratta dai problemi e dalle preoccupazioni soprattutto durante i primi mesi in cui il piccolo Luigi aveva rischiato di non poter mai vedere un cielo azzurro, un infuocato tramonto, il colore di un fiore.

Prima di essere dimessa dall'ospedale era riuscita a dare al piccolo la poppata di mezzogiorno e lui, cullato dalla madre e dal movimento dell'auto, si era subito addormentato. Paola guardava il volto paffuto e roseo del suo Luigi pensando che davvero i bambini quando dormono sembrano angeli.

Tommaso serrava tra le mani il volante. Teso, con la barba incolta e l'aria di chi aveva dormito poco e male, sembrava invecchiato di vent'anni. Paola era immersa nei pensieri che disordinatamente affollavano la sua mente. Come avrebbe reagito il suo corpo, a quanti stati d'animo si sarebbe dovuto sottomettere? Quello che più la spaventava era l'incapacità di dominare le emozioni non appena varcata la soglia di casa. Che ne sarebbe stato di lei e del suo piccolo? Si stava aprendo un capitolo della sua vita che la spaventava moltissimo, si sentiva annichilita di fronte al nuovo ruolo di vedova e madre che la attendevano.

Non aveva amato suo marito ma l'idea di non trovarlo più in quella casa la faceva sprofondare in un'angoscia lacerante che nemmeno la presenza di Tommaso riusciva a lenire. Improvvisamente l'uomo che amava e al quale aveva dato da pochi giorni un figlio lo sentiva come un estraneo entrato di soppiatto nella sua vita. Tommaso si era barricato nel suo dolore. Il temperamento debole, con note agrumate, quel fare romantico e lieve che l'aveva fatta innamorare, si stava ritorcendo a suo sfavore. L'incertezza sul futuro prossimo della E.T. Costruzioni lo stava logorando, sotto il peso di notti insonni, attanagliato dai dubbi, dalle perplessità e dal rimorso. Aveva tradito il suo gemello, sua moglie e ora anche Paola. Quell'amore durato troppo poco, ma abbastanza da generare un figlio, non esisteva più.

Mentre avvertiva l'abisso che la divideva da Tommaso, da un punto impreciso del suo essere, le arrivava la sensazione che il carattere forte, a volte dispotico di Enrico, le sarebbe mancato. La consapevolezza che a lui, alla sua concretezza, si era aggrappata senza rendersene conto arrivava nel momento in cui di quella forza percepiva l'estremo bisogno. Questa percezione la terrificava. Paola si sentì invadere da un'ondata di angoscia che le serrava la gola. Mai avrebbe immaginato che a soli quarant'anni, il destino, la sorte, il fato o qualsiasi altra cosa ci fosse sopra la sua testa, le avrebbe riservato la cosa più bella che a una donna possa capitare: diventare madre, e contemporaneamente quella più tragica: la vedovanza.

Imprigionata nelle sue paure, non riusciva a parlare, non riusciva a piangere, e nemmeno riusciva a chiedere a Tommaso se la donna  che al momento dell'incidente si trovava con Enrico era Silvia. A quel punto preferiva non sapere, non aveva più importanza la certezza di un nome, Silvia o un'altra non faceva differenza; rimanere nel dubbio era una forma di difesa per se stessa e un rispettoso omaggio per suo marito. Ma perché Enrico aveva sentito la necessità di tradirla?

Tra di loro si era instaurata una tacita complicità. Lo conosceva bene e aveva imparato ad assecondare le sue abitudini sessuali, anzi, a volte ne era attratta; inoltre era una bellissima donna, al culmine della sua femminilità. Perché mai Enrico aveva cercato amore, sesso, affetto in un'altra donna?

Mentre l'auto passava attraverso il paesaggio grigio della zona industriale, nel flusso regolare del traffico, Paola, in un turbinio di emozioni, si poneva domande alle quali non sapeva o voleva dare risposte. Nessuna risposta avrebbe placato la sua rabbia. Sì, era arrabbiata con Enrico per averla lasciata nel momento in cui l'amore per lui si stava svelando. Si sentiva turbata nel profondo del suo animo man mano che il tragitto si accorciava riportandola in quella casa che avrebbe trovato vuota come una preziosa scatola privata di ogni cosa bella.

Tommaso, ammutolito dal dolore per la perdita del fratello e stordito dalla nascita di un figlio verso il quale non provava nulla che potesse assomigliare all'effetto di un padre, guidava senza capire dove stesse andando e perché si trovasse in quella situazione. Che strana cosa la vita.

Di fianco a lui c'era una donna. Quella donna lui l'aveva amata, così credeva, poiché l'amore, quello vero, non può esaurirsi così in fretta. Si stava sempre più convincendo che l'aveva amata di un amore idealizzato, quasi irreale. Paola era una donna attraente, femminile, e lui se ne era subito invaghito. Non innamorato. Lo aveva capito quando lei gli aveva comunicato di essere incinta. Quel momento Tommaso lo ricordava benissimo. E ricordava perfettamente lo smarrimento che aveva provato. Erano nella solita stanza del solito albergo dove consumavano un tempo rubato alle loro vite. Sempre troppo poco per Paola, sempre vissuto con rimorso per Tommaso. Verso Enrico e verso Aurora. Paola era radiosa quando comunicò la notizia a Tommaso.

— Tommaso, ma... hai una espressione strana, aspetto un bambino da te, il nostro bambino ma non mi sembri contento...

Paola gli stava parlando con enfasi, i suoi bellissimi occhi avevano una luce diversa, non l'aveva mai vista così felice. Così bella.

No, non lo sono e questo figlio non lo voglio. Avrebbe voluto rispondere.

In quel momento capì quale errore aveva commesso, ma era troppo tardi. Dentro di sé aveva avvertito come uno strappo e un profondo senso di colpa s'impadronì della sua anima.

— Amore, ma è una bellissima notizia!

Aveva spudoratamente mentito.  Prima che a Paola a se stesso. Il pensiero era subito volato ad Aurora che desiderava un figlio che non arrivava. Avrebbe avuto il coraggio di confessare il tradimento? E quel figlio?

Non aveva mai preso in braccio il piccolo, quasi non aveva il coraggio di guardarlo, le sue reazioni erano la prova che era un irresponsabile. Un codardo. Solo ora si rendeva conto che il pilastro sul quale tutto poggiava era Enrico, e adesso che non c'era più si sentiva solo, come uomo e come imprenditore, e da solo non avrebbe mai potuto portare avanti l'attività iniziata dal padre. Si sentiva sopraffare dalle responsabilità, e ora doveva pensare anche a un figlio!

No, non avrebbe mai potuto farcela. Doveva dirlo chiaramente a Paola che, in silenzio, quasi inespressiva, spostava lo sguardo dal visetto di Luigi al finestrino.

La sposa in grigio perlaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora