"Mi raccomando amore cerca di non fare tardi." Continua a gridare mia madre dalla cucina.
E mattina e purtroppo mi costa dirlo ma oggi è il primo giorno di scuola, ed io mi ritrovo con un toast in bocca e una divisa che cerco di mettermi a gran velocità.
Alzarmi di fretta e furia non placa in questo momento gli animi, soprattutto perché la mattina e quel lasso di tempo dove per collegare il cervello alla bocca mi ci vogliono almeno due ore, e riprendermi dopo un'estate intera a dormire quasi tutto il giorno e aver instaurato un rapporto a livello matrimoniale con il mio letto, mi sembra la cosa più difficile di questo mondo.
Vado davanti allo specchio e cerco di prepararmi come meglio posso, insomma il primo giorno vedo tutti che cercano di avvinghiarsi e rendere il loro aspetto più accettabile possibile, ma a me poco importa insomma vado a scuola, l'unica cosa che mi viene in mente e il vestito che usaii al funerale del gatto che apparteneva alla mia vicina, ma lasciamo questi dettagli a dir poco strambi.
Finito di prepararmi scendo le scale, e per quanto veloce sto scendendo i gradini penso di poter perdere l'uso di una gamba, ma questo non è nel mio programma dei buoni propositi di settembre rimanere zoppa.
Entro in cucina e prendo la tazza di caffè bianca posta sul tavolo da pranzo.
L'unica cosa che può salvarmi da questo inferno, il caffè.
Date un premio a chi ha scoperto questi meravigliosi chicchi di felicità.
"Allora come ti senti amore di mamma per il primo giorno di scuola?" Chiede euforica mia madre. Non capisco come fa ad esserlo a quest'ora e durante tutte le ore che compongono un'intera giornata.
"Mh non so madre, vorrei in questo momento sprofondare nel mio letto morire lì e non vedere nessuno per tutto il giorno, o sarebbe meglio dire tutto l'anno." Ironizzo.
"Figliola su con la vita e l'ultimo anno, devi impegnarti per poi così iniziare il collage."
Già la parola collage crea in me un senso di fastidio, e tutto il caffè che sto bevendo mi viene solo voglia di rimetterlo.
"Grazie mamma per ricordarmi quanto debba soffrire quest'anno mentalmente." Sorrido falsamente.
"Tranquilla amore sono certa che otterai grandi risultati." Dice ottimista.
"Certo madre" annuisco, continuare il discorso so che porterebbe a uno di quei soliti monologhi genitoriali, dove 'la scuola è una fonte di ricchezza non solo di cultura ma...' bla bla bla e tutte le cazzate varie che dicono i genitori in queste occasioni.
Noto che mio padre non c'è, anche perchè di solito la sua valigetta è posta sul divanetto rosso e il giornale non è presente come ogni mattina sul tavolo quindi suppongo che oggi è andato a lavorare prima del solito.
Finita la mia colazione, prendo lo zaino e saluto mia madre con un caldo bacio sulla fronte, è vero a volte risulta insopportabile con le sue mille domande, ma infondo è la mia ancora di salvezza in questo mare burrascoso.
Esco di casa apro il garage e vedo lì la mia Yamaha XJ6 pronta all'uso.
E la moto che mi è stata regalata dai miei genitori dopo un intenso anno scolastico.
Prendo il mio casco integrale nero lo indosso mi posiziono meglio sulla sella e parto a gran velocità verso scuola.
Come ogni volta la moto è l'unica cosa che crea un senso di liberazione in me, come se le mille catene che mi avvolgono si spezzassero nell'esatto momento che accendo il motore.
Il vento freddo batte forte contro il mio corpo, provocando mille brividi e la pelle d'oca.
Noto come le strade inizio settembre risultano ingombranti con gente che va e viene dai propri doveri mattutini.
Arrivo dopo un po' fuori scuola e vedo un ammasso di persone che parlando fra di loro. Ogni volta mi sembra che la scuola anno dopo anno aumenti il doppio, oppure sono io che non ricordo bene le teste di cazzo che la compongono.
Parcheggio e scendo dalla moto con occhiate da parte di vari studenti, prendo il casco fra le mani e mi incammino all'interno del cortile fregandomene dei loro sguardi.
"Oddio Edith." Sento gridare a gran voce il mio nome da lontano, e quella voce è quasi impossibile non riconoscerla.
"Ivy.." non riesco a finire in tempo la frase che in un attimo si catapulta addosso abbracciandomi più forte che può a se, da quanto mi stringe riesco a capire quanto entrambi abbiamo sentito la mancanza.
"Mi sei mancata brutta stronza." Mi sussura all'orecchio mentre rimane ancora fra le mie braccia.
"Anche tu succo di frutta, ma puoi staccarti da qui penso che tu non voglia far morire la tua migliore amica strozzata." Si stacca da me e si sistema la sua camicia sgualcita.
"Perdonami non ti ho visto tutta l'estate, l'emozione era troppa." si giustifica imbarazzata.
"Tranquilla avremo modo di recuperare tutto succo di frutta."
"Ancora con succo di frutta?" Mette il broncio.
"Si continuerò fino alla fine dei tuoi giorni a chiamarti in questo modo." controbbatto.
"Ma non puoi cambiare nomignolo? Mi sento un succo all'ace in questo momento."
"Ehy guarda che il succo all'ace e squisito." Puntualizzo.
"Si ma succo di frutta? Non potresti chiamarmi tipo amore, ciccia, biscottino o cose cosi?"
La guardo interdetta per qualche secondo e dopodichè scoppio a ridere per quello che ha appena detto.
"Ma dove hai preso questi nomignoli dal diario di una bambina di 5 anni?" Dico ridendo fra le lacrime, riesco a intravedere la faccia di Ivy rossa dall'imbarazzo, si è una tipa parecchio timida.
"La mia era un'idea." Mormora
"Pessima idea direi succo di frutta." E subito arriva un'occhiataccia da parte sua. Infondo amo chiamarla così perchè i suoi capelli rossi mi ricordano troppo le carote e le arancie, un giorno per sbaglio la chiamai succo di frutta proprio per questo mio paragone mentale e da lì ho iniziato a chiamarla sempre così.
So che infondo le piace quando le riservo nomignoli che dico solo a lei.
Iniziamo a camminare per il cortile della scuola e ci sediamo su una delle panchine che si trovano all'esterno.
In realtà la solita panchina da cinque anni a questa parte, insomma come se ormai fosse il divano di casa nostra.
Prendo lo zaino e sfilo dalla tasca il mio pacchetto di sigarette.
Ne prendo una, accendo e inizio a fumare, Ivy nel frattempo mi racconta della sua fantastica vacanza a Ibizia con tanto di viaggi sulla barca e serata da sballo.
"Scusa è dove è finito il belloccio spagnolo con al collo una collana di fiori?" Chiedo interdetta.
"Ah non ne ho idea, ricordo ben poco ma è rimasto impresso nei miei ricordi solo in quelli." Dice con aria sognante.
"In questo momento mi ricordi la scena della donna anziana nel film Titanic mentre ricordava Jack."
"Quella strega odio Rose." Grigna fra i denti.
"Si anch'io dopo anni e anni continuo a pensare che su quella cazzo di asse in legno potevano starci benissimamente entrambi."
Ed è così penso che nessuno abbia superato il trauma delle morte di Leonardo di Caprio in quel film.
"Già." Dice Ivy ridendo, scorrono dei secondi dove nessuna delle due parla dopodichè si gira di scatto e mi guarda dritta negli occhi.
"Perchè tutta l'estate non ti sei fatta vedere?" Chiede schietta. Mi aspettavo questa domanda sapevo che sarebbe arrivata e sapevo che ben presto avrei dovuto dirle la verità ma non ora, soprattutto quando io stessa non accetto la verità.
"Sono stata in vacanza con i miei più volte sai come, mia madre ama visitare nuovi posti." Dico cercando di sviare il discorso.
"Tre mesi di vacanza Adhit?" Controbatte
"Ehy c'è gente come le sorelle Kardashian che hanno tutta la vita in vacanza."
Okkey so che sto dileguando il discorso a parole ma è l'unica cosa che mi viene in mente in questo momento.
"Si ma tu non sei una riccona, almeno credo, e non sei una delle sorelle Kardashian." Dice confusa e allo stesso tempo interdetta.
Vorrei dirgli la verità, vorrei dirgli che ho passato l'estate più brutta della mia vita in ospedale, vorrei dirgli che in quel momento avevo un disperato bisogno di lei, vorrei ma non posso.
Sto per rispondere quando tutto a un tratto la campanella della scuola salva questa situazione e quest'aria di disagio alquanto percepibile.
Butto la sigaretta e con scatto veloce mi alzo dalla panchina.
"Su forza entriamo all'inferno come fece Dante con Virgilio." La trascino con me ed insieme superiamo il portone dell'entrata.
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SUN IN OUR EYES.
RomanceEdith Barnes è una giovane ragazza diciottenne che vive con la sua famiglia in una piccola casa nel Nashville. Occhi azzurri come il ghiacco e capelli chiari come i raggi del sole il suo aspetto contrasta con il suo carattere forte e grintoso, felic...