Dolori lancinanti alla testa, il respiro che lentamente comincia a farsi pesante, il petto che a momenti scoppia per quanto ansimo faticosamente.
E notte fonda ed io come ogni volta mi ritrovo con gli stessi sintomi stesa nel mio letto.
Riesco a percepire il sudore sulla fronte e la stanchezza che pian piano inizia a farsi spazio sempre di più in me.
Sento il mio corpo rigido con dolori strazianti, le mie spalle che a momenti per quanto forte è il grado di sopportazione penso scrollino dal resto del corpo, come se venissi pugnalata con mille coltellate dietro la schiena.
Vorrei alzarmi, vorrei potermi muovere ma i dolori non me lo permettano, come se le catene attorno a me si stringessero sempre di più, come se a momenti lo spazio intorno si riducesse lentamente e non mi permetta più di respirare.
Così rimango inerme alla sopportazione.
I primi tempi urlavo a più non posso, con tutto il fiato che avevo in gola, con tutte le lacrime che continuamanete uscivano dai miei occhi come se quel dolore potesse scomparire alla fuoriuscita di esse.
Ma non piangevo perchè sentivo che i miei muscoli erano a pezzi, piangevo perchè sentivo il mio cuore crollare.
Ma ora rimango così, immobile.
Come se la sofferenza fosse ormai abitudine, come se sentire quel grado di sopportazione oltre a creare in me fastidio non crea più nulla.
Perchè soffrire è normale, perchè sono obbligata a patire ciò, perchè io non posso avere una vita normale, sono destinata, è non c'è cosa più triste di unirsi al dolore.
A rilento per fortuna riesco a sentire che i malori si attenuano, la rigidità gradualmente sta scomparendo, quindi ciò mi permette di muovere almeno qualche parte del mio corpo.
Velocemente prendo gli antidolorifici dalla scatoletta arancione trasparente posta sul comodino adiacente al mio letto.
Apro ne prendo una e ingoio una pillola bianca.
Dopo una frazione di minuti riesco ad avvertire che i malori iniziano a svanire.
Così sempre molto cautamente mi alzo dal letto e mi avvicino alla finestra di cameria mia.
Apro e subito il vento freddo provoca un forte impatto sulla mia pelle calda e impregnata di sudore.
Di solito evito questo contatto, ciò non fa altro che influenzarmi più velocemente di quanto una persona normale possa diventarlo, ma non m'importa in questi momenti mi sento soffocare e restare ferma dinanzi la finestra e l'unica cosa che può tranquillizzarmi.
Guardo l'orologio appeso al muro e osservo che sono appena le tre.
Alzo il capo e con gli occhi in sù inizio ad ammirare il cielo ed una di quelle cose che amo fare
particolarmente in piena notte, c'è qualche macchina che passa ogni venti minuti e riesco a vedere da lontano due ragazzi abbracciati su una panchina mentre amorevolmente si scambiano piccoli baci fra loro.
Mi è capitato più volte di osservare dalla finestra dell'ospedale scene di questo tipo.
Scene bellissime di persone che escono con un sorriso stampato sul viso chi di felicita, chi di liberazione assoluta, chi gli scoppia il cuore di gioia tanto da poter sorridere a più non posso e poi ci sono quelle scene raccapriccianti di sorrisi amari, di occhi spenti, e lacrime di dolore.
Ho sempre odiato gli ospedali anzi penso sia uno di quei posti dove vedere e sentire certe cose ti catapulta in una realtà dove non vorresti mai entrarci.
In quel posto mi sono sentita fuori dal mondo, fuori da tutto.
Scrollo leggermente la testa, perché odio ricordare, non lo faccio quasi mai i ricordi mi portano solo ad affondare quindi meglio dimenticare.
Vado verso la mia scrivania e prendo nel cassetto inferiore il mio diario.
Si ho un piccolo diario con tanti adesivi colorati che mettevo insieme alle bambine dell'ospedale durante i momenti di attività artistica, e subito un piccolo sorriso spunta sulle mie labbra al ricordo delle mie piccole.
Prendo una penna e comincio a scrivere:Giorno50.
Caro diario sono appena le tre ed io ogni volta mi ritrovo sempre posta sotto questa finestra.
Ormai non so perchè lo faccio, come se il mio corpo oltre a comandare i miei dolori mi comandi nell'atto.
Guardo il cielo ma le stelle si notano a malapena coperte dalla luce artificiale, eppure io cerco sempre questa finestra che affaccia semplicemente su una stradina, magari la strada che sogno tutte le notti, quella strada dove cammino sempre in punta di piedi dove sento solo leggerezza e la completa libertà, forse devo trovare questa strada quella della libertà per me stessa?
Ma dove ?
Come mi sento?
Non lo so.
Stanotte mi è più difficile del solito dire come sto.
Mi guardo e riguardo ma non riesco mai a leggermi dentro.
Dopo mesi continuo a cavalcare l'onda delle mille bugie, dove mento agli altri ed anche a me stessa.
Perchè fingo la felicità quando dentro sono priva di colori.
Perchè continuo nel creare colori?
Perchè non posso essere un vero arcobaleno?

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SUN IN OUR EYES.
RomanceEdith Barnes è una giovane ragazza diciottenne che vive con la sua famiglia in una piccola casa nel Nashville. Occhi azzurri come il ghiacco e capelli chiari come i raggi del sole il suo aspetto contrasta con il suo carattere forte e grintoso, felic...