Cammino per strada intenta ad affogare la rabbia in qualche boccale di birra oppure una bottiglia di vodka liscia così da poter calmare il mio stato nervoso, così mi ritrovo a girovagare per le strade buie di Nashville con la solita sigaretta e la musica che rimbomba nelle orecchie attraverso le mie cuffie.
Litigare con i miei non porta mai a grandi risultati, se non uscire di casa sbattere la porta e correre più lontano possibile da quelle urla.
Ormai è come se fosse abitudine, d'altronde se ciò non succedesse risulterebbe anche strano nelle mie giornate.
Parlare di ospedali, cure o medicine mettermi sotto pressione, riempire la mia testa di domande alla quale non sono in grado io stessa di dare risposte, non fa altro che stringere di più le catene che ho attorno alla gola, come se a momenti potesse mancarmi il respiro da tutte quelle preoccupazioni che ultimamente devo affrontare.
Ormai ho quasi perso il controllo della mia vita da diversi mesi, obbligo me stessa a vivermi le cose al meglio, alzarmi dal mio letto ed essere L'Edith di sempre, ma percepisco, riesco a capire a vedermi dentro, sento che il mio sole lentamente si sta spegnendo.
Alzo la giacca nera che copre il mio braccio, appoggio i polpastrelli sulla pelle e lentamente accarezzo il mio tatuaggio, come se poter toccare quel disegno può dare in me la speranza di una volta.
Ricordo il giorno di quando ebbi l'idea di questo tatuaggio.
Era una sera d'estate, io e le ragazze eravamo appena tornate da una delle nostre solite serate notturne, quasi tutte erano ancora ubriache sotto ancora l'effetto della sbronza, intenti a giocare ad obbligo è verita Ivy ebbe la fantastica idea di obbligare tutti noi a fare un tatuaggio.
Ricordo la mia disapprovazione per l'idea folle che gli venne in mente, anche perchè ero brilla non ubriaca fradicia da non capire che se non mi fossi opposta, ben presto mi sarei ritrovata con una coscietta di pollo sul braccio o molto probabilmente un tatuaggio del cartone bianco di succo di frutta come rivendicazione da parte di Ivy.
Ricordo che Willy chiamò suo cugino Bill che possedeva un negozio di tatuaggi proprio in centro, ricordo anche il suo stupore nel vedere un gruppo di adolescenti ubriachi marci volersi tatuare alle sei del mattino, insomma tutte le persone normali fanno ciò a quell'ora?
Il dolore era sopportabile anche se a dir la verità pensavo di poter svenire su quel lettino prima che l'ago potesse perforare la mia pelle.
Finito il tatuaggio ero soddisfatta di quel che ne è venuto fuori.
Un piccole girasole con una piccola scritta sotto lo stelo con su scritto 'my sun.'
Mio nonno mi ha sempre chiamato così, fin da piccolina diceva che io ero il suo sole e che il mio sole illuminava il suo campo di girasoli.
Mi chiedo quando un girasole è abituato a guardare in direzione del sole è non lo trova più, dove deve guardare?
Distratta dai miei pensieri vedo la scritta neon di un localino che conosco perfettamente, decido di entrare così da sedermi e risposare, anche perchè sento che le mie gambe a momenti possono perdere la loro sensibilità da quanto veloce io stia camminando.
Come al solito nel locale c'è la stessa gente, in un tavolo ci sono vecchi striminziti che giocano a carte con il solito bicchierino di liquore ambrato e la pippa di legno da compagnia.
Vicino ai banconi ci sono giovani che parlano e amoreggiano fra di loro, c'è chi intento a finire la serata scopando nella macchina di un parcheggio deserto, chi invece rimane inerme su quel sgabello di legno intento a far passare le giornate affogando i pensieri nell'alcool.
Per fortuna senza troppe domande il barista dietro al bancone prepara il mio ordine e in un attimo mi ritrovo a sorseggiare il mio bicchiere di Vodka.
Come al solito il liquido inizia a bruciare lentamente fin quando non scompare lasciando un leggero retrogusto amarognolo in bocca.
"Cosa ci fai tu qui?" Una voce brusca interrompe il mio momento di pace facendomi balzare dalla sedia spaventata.
"Sei impazzito per caso Thomas?" Dico cercando di non urlare.
"Cos'è ti ho spaventata?"
"E me lo chiedi?"
"Adesso siamo pari." Si siede con aria soddisfatta sullo sgabello di fianco al mio.
"Cosa?"
"Dopo che in macchina mi hai fatto prendere un colpo adesso sono stato io." Ghigna.
"Ringrazia che tengo troppo a questo bicchiere per dartelo in testa."
"E io infatti tengo troppo alla mia testa."
"Idiota." Dico sussarando mentre sorseggio nuovamente.
"Ehy Brian sai già cosa." Thomas fa cenno al barista per il suo ordine e in un attimo il ragazzo gli porge un bicchiere di vetro con un liquido di uno strano colore che non riesco a riconoscere.
"Allora?"
"Allora cosa?" Chiedo interdetta.
"Cosa ci fai da queste parti?" Ripete nuovamente la domanda.
"Volevo distrarmi." Annuisce alla mia risposta e continua a bere.
"E tu?"
"Avevo bisogno di tranquillità." Risponde continuando a fissare pensieroso un qualcosa di indefinito davanti a se.
In un attimo cala un fastidioso silenzio su di noi, l'unica cosa che accompagna il nostro zittire è la musica sottostante proveniente dalle casse del locale rendendo la situazione meno imbarazzante.
Le sue mani lunghe e affusolate che battano sul bancone, la sua giacca di pelle che ricoprere le sue braccia massicce, il ciuffo rispetto ad altre volte è più ordinato del solito e solo adesso riesco a notare un piccolo orecchino nero, e dio quel dettaglio non fa altro che renderlo più sexy del dovuto.
Mi chiedo come mai si ritrovi da queste parti solitario.
"Ehy amico dov'eri finito?" Si avvicina un ragazzo alto e magro vicino al bancone.
Come non detto.
"Rome quante volte ti ho detto di non interrompermi?" Gesticola Thomas infastidito.
"Cos'è questa è la pollastrella che devi scoparti?" Sussura il ragazzo con i capelli rossi vicino all'orecchio di Thomas, peccato per Carota qui presente che il suo vociferare equivale a mia madre quando entra in camera mia svegliandomi di prima mattina.
"Oh si certo vuoi far parte di una scopata a tre?" Chiedo sfacciatamente.
"Cosa?" Sbianca Thomas
"Cosa?" Ripete l'amico incredulo come se avesse appena ricevuto l'oscar.
"Allora?" Continuo reggendo il gioco cosi da vedere questo babbeo fin quando è in grado di spingersi quando messo alle strette.
"Senti dolcezza io direi di si ma è imbarazzante con il mio amico non credi?"
"Rome ti prego lei.." ma interrompo Thomas prima che potesse continuare.
"Oh quindi vorresti dire che il tuo amico non è abbastanza dotato?" Dico portandomi una mano al petto con fare teatrale.
"Dolcezza no il problema..."
"Oh Rome andiamo così pensi di scopare?" Chiede Thomas guardandolo di cipiglio a dir poco infastidito da ciò.
"Ehy io ho bisogno di scopare amico." Lo puntualizza con un dito
"Carota così Sicuramente nessuna ti scopa." Dico beffarda mentro mi godo la scena dei due che litigano.
"Come carota?"
"La pazza ruba panini è abituata a dare soprannomi." Controbbate Thomas.
"Oh beh Topolino apprezza il suo. "
"Come topolino?" Inizia Rome a sbellicarsi dalle risate è cio non fa altro che irritare ancora di più Thomas.
"Ehy coglione ti ha chiamato carota."
"Sempre meglio di Topolino fratello." Continua a ridere
"Comunque piacere Rome."
"Piacere Edith." Allungo la mano stringendo la sua.
"Ah e non sono la polpastrella da scopare." Aggiungo
"Saresti un amica Di Thomas?" Chiede curioso, in affetti non so come rispondere alla sua domanda anche perchè io e Thomas amici manco in un mondo parallelo.
"Compagna di classe. " risponde schietto.
"Ehy amico dovresti farmi conoscere più spesso le "compagne di classe." Mima bene le ultime parole.
"Carota decisamente hai bisogno di scopare." Dico sorseggiando nuovamente la mia vodka.
"Oh beh infatti ora ben presto è quello che farò." Dice entusiasto.
"Sarebbe?" Chiede Thomas
"Quella li." Indica euforico.
Una ragazza seduta dall'altra parte del bancone, capelli biondi ossigenati, occhi castani e un vestito che copre ben poco la sua pelle.
"Rome ancora Kelly?"
"Amico l'importante è farlo." Risponde schietto.
"Ti propongo una sfida." Mi intrometto nella conversazione.
"Se tu vai da quella." Mi giro indicando una ragazza abbastanza grande è molto bella, ricoperta da infiniti tatuaggi e dei capelli blu notte "e riesci a baciarla."
"Si?" Chiede incitandomi nel continuare.
"Thomas di deve cento verdoni."
"Cosa?" Dice Thomas quasi sputando il suo drink.
"Okkey affare fatto ci sto."
Senza farsi dire due volte la scomessa si fionda sul tavolo della ragazza inventando qualche scusa plausibile per potersi sedere di fianco.
"Se riesce a baciare quella ragazza i cento verdoni usciranno dal tuo amato portafoglio. " dice puntandomi un dito.
"Carota non è così in gamba." Sbuffo continuando a bere.
"Tu dici? Guarda li."
Mi giro è in un attimo vedo Rome che più che baciare penso si stia divorando la Bratz.
Sento un mano che stringe la mia e in attimo riesco a sentire il mio corpo irrigidirsi.
"Thomas cosa fai?"
"Io non voglio pagare quei cento verdoni."
"E allora?" Chiedo confusa da ciò che sta facendo.
"Scappa."
E in un attimo mi trascina con se uscendo fuori dal locale di fretta e furia iniziando a correre per strada come due coglioni mentre ridono a crepapelle immaginando la faccia di Rome quando scoprirà che nelle sue mani non avrà mai quei cento verdoni.
Arriviamo in un parchetto che si trova nelle vicinanze con il fiatone in gola crolliamo sul prato a braccia aperte esauti dalla corsa.
"Certo che carota ci sa fare." Dico cercando di prendere fiato.
"Si quando si tratta di scomesse Rome deve vincerle." Ghigna.
Con lo sguardo in su guardiamo il cielo e tutte le stelle che a malapena riesco a scorgere coperte dalla luce artificiale.
"Sai quando ero piccolino amavo guardare le stelle, uno dei miei desideri più grandi era toccarne una."
Dice divertito mentre continua a fissare le sfumature bluastre che compone la notte.
"Perchè proprio le stelle?" Giro il viso di fianco così da poterlo guardare meglio.
"Non so, ammirare quei piccoli punti luce mi riempiva di felicità. " dice con voce quasi malinconica, come se ricordare la sua infanzia provocasse in lui una sorte di dolore.
"Peccato che si vedano a malapena." Sbuffo.
Thomas di scatto si alza da sopra il prato "Vieni con me." Allunga la sua mano.
"Dove vuoi andare?" Chiedo confusa.
"In un posto."
"Sono obbligata a dire di si?" Chiedo guardandolo di cipiglio.
"Tu ci vieni e basta." E in un attimo afferra la mia mano facendomi alzare di scatto così da provocare per un istante lo scontro dei nostri corpi.
Ci incamminiamo per il tragitto che porta proprio al locale di prima e per quanto mi sforzi non riesco a capire dove abbia intenzione di voler andare.
Sarà che vuole bere nuovamente?
Guarda caso la tua mente balza subito all'acool.
Coscienza per una volta non al cibo.
Non vedo l'ora di potermi sedere anche perchè inizio a sentire che il il mio cuore batte all'impazzata e le mie braccia lentamente diventano rigide, e non vorrei avere i miei soliti dolori lanciananti, soprattuto davanti a lui.
Arriviamo fuori al locale e Thomas sfila dalla tasca dei suoi jeans le chiavi suppongo della sua auto.
"Topolino si può sapere dove diamine vuoi andare a quest'ora?" Chiedo nuovamente ormai stanca di giocare a indovina chi.
"Puoi per una volta stare zitta e accontentire senza fiatare." Dice esausto dalle mille domande.
"Giuro te la farò pagare." gli punto il dito contro, e subito un piccolo sorriso spunta sul suo viso.
"Dai sali."
Entro nuovamente nella sua macchina, come se ormai il destino volesse sempre farmi ritrovare qui dentro.
Ci incamminiamo per una strada alquanto buia è deserta, dove nei dintorni non troversti qualcuno che ci abita manco a distanza di chilometri.
Riesco a notare solo lunghi alberi che percorrono l'intera strada, e a dir la verità è proprio un bosco, uno di quei boschi che di solito fanno parte sempre di qualche scena horror.
"Thomas Mills se hai intenzione di uccidermi e buttare il mio cadavere tra le paludi sappi cha anche da fantasma tormenterei la tua vita."
Thomas si gira guardandomi sorpreso dalla mia affermazione e in un attimo scoppia in una fragorsa risata.
"Certo che Barnes vedi troppi film."
"Ah beh un pazzo maniaco prima mi sequestra per strada, poi mi fa scappare da un locale a gambe levate, e ancora dopo mi porta in un bosco dove sicuramente non trovermo i sette nani che aspettano il ritorno di Biancaneve. " dico facendo il punto della situazione.
"Okkey detto così posso sembrare un ragazzo un po' fuori dalle righe." Dice divertito.
"No Mills tu sei fuori di testa." Controbbato.
"E tu ora l'hai capito Barnes?" Dice con il suo solito sorrisino malizioso.
Decido di non risponderlo anche perchè controbbatere con questo ragazzo non fa altro che aumentare la forte irritazione che continua a provocare in me.
Dopo un po' ferma l'auto e insieme scendiamo nel fitto bosco.
In lontananza noto una piccola casa di legno con varie sedie da giardino al suo esterno.
"Ti presento la tua casa." Dice Thomas con fare altezzoso.
"Cosa?" dico a dir poco confusa sia dalla situazione, che dal posto da brivido e dalla sua affermazione stramba.
"Non eri Biancaneve?"
"Dove sono i miei setti nani?" Ironizzo
"Mills ne basta per sette." Dice orgoglioso di se.
"Egocentrico del cazzo." Alzo gli occhi al cielo.
Arriviamo dinanzi il portone mogano della casa di legno e Thomas dalla tasca sfila un mazzo di chiavi, apre la porta e in un attimo ci ritroviamo all'interno della piccola casetta.
Accende le luci e subito un salone dallo stile rustico si presenta dinanzi ai miei occhi.
Una piccola cucina di legno con un'isola in mezzo ad essa, un lungo tavolo sempre di legno con sedie in contrasto color bianco, il divano bianco fa da pendant con i mobili che si trovano all'interno della stanza e un caminetto posto dall'altra parte del vano.
"Ma è bellissimo qui." Dico ipnotizzata dal quel posto così caldo è accogliente.
"Ti piace?"
"Certo che mi piace è stupendo. "
"Anche a me piace, ci vengo spesso qui."
"E qui dove concludi le tue scopate?" Chiedo in maniera sarcastica.
"Non proprio."
"Che vuol dire non proprio?"
"Barnes non avevo molto tempo di arrivare a casa in quelle situazioni." Dice con il suo solito sorrisino.
"E quindi?"
"Semplice scopavo nella mia macchina." Fa spalluce.
"Oddio è pensare che ci sono entrata." Dico disgustata immaginando tutte le scene hard che ha potuto procreare in quella dannata auto.
"Non una, ma due volte."
"Oh grazie di ricordarmelo Mills." Dico fulminandolo con lo sguardo e subito ricambia uno dei suoi sorrisi compiaciuti nel vedermi irritata.
Si avvicina alle grandi porte finestre che aprendole subito fanno subentrare una ventata d'aria fresca in tutta la stanza.
Esce sulla terrazza e cautamente si appoggia alla struttura di legno che funge da riparo.
Mi affianco a lui e lo ritrovo con il viso in su compiaciuto dalla vista.
Spontaneamente alzo anch'io gli occhi al cielo e guardo le meravigliose stelle, che rispetto a prima brillano più che mai illuminando tutto il paesaggio dinanzi.
"Ma quante c'è ne sono?" Dico ammaliata dai mille puntini.
"Sapevo ti sarebbe piaciuto." Dice guardandomi con un sorriso premuroso.
Dalla tasca della mia giacca sfilo due sigarette e ne porgo una a lui che accetta volentieri.
"Questa è casa tua?" Chiedo curiosa di sapere di più su questa dimora.
"Appartiene a mio padre, anche se ormai è da quasi due anni che non ci viene." Dice continuando a fissare gli alberi visibili al chiaro di luna.
"È così per non lasciare questa casa abbandonata ci vengo spesso, sai per staccare."
"Staccare?"
"Si staccare dal mondo."
In effetti il senso di quiete è pace che emana questo posto difficilmente porta ad andare altrove.
"E io che pensavo che fosse una sorta di red room." Ironizzo.
"Oh Mills può sempre diventarlo." Insinua in maniera provocante, subito uno sguardo fugace arriva da parte mia provocando in lui un sorrisino divertito dalla situazione.
Finisco di fumare, faccio gli ultimi tiri alla mia sigaretta ed entro nuovamente nel soggiorno.
Inizio a camminare lentamente tra i mobili i quadri, così da poter osservare meglio tutti i dettagli della stanza.
Noto delle foto bianche e nere sopra al comodino, alcune composte da due persone anziane, suppongo i suoi nonni e tante altre foto invece rappresentano una donna sorridente, con un volto angelico e i capelli legati in un elegante chignon.
Dopodichè mi soffermo sui meravigliosi quadri che compongo le pareti.
Un quadro in particolare raffigura la mano di una donna stretta a quella di un bambino con una frase sotto "Incisa nel mio cuore è sulla pelle."
Ma il richiamo del mio nome distoglie l'attenzione da quel disegno.
"Edith pop corn?" Chiede Thomas da lontano.
"Arrivo."

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SUN IN OUR EYES.
RomanceEdith Barnes è una giovane ragazza diciottenne che vive con la sua famiglia in una piccola casa nel Nashville. Occhi azzurri come il ghiacco e capelli chiari come i raggi del sole il suo aspetto contrasta con il suo carattere forte e grintoso, felic...