Capitolo 17.

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THOMAS POV'S

Le dita battono sul volante in attesa di vedere Edith, l'unica cosa che mi tiene compagnia è la radio come sottofondo e i lampioni del quartiere che illuminano parti di strada qua e là.
Dowtawn è uno dei quartieri più famosi qui a Nashville, soprattutto per il via vai di persone, i locali più esclusivi e i turisti che ogni anno sono sempre più affluenti, insomma è una città che non dorme mai soprattutto da queste parti.
Per fortuna per il parchetto non gira nessuno a quest'ora se non coppiette che vagabondano mano nella mano immersi nei loro discorsi.
Mentre la mia testa planava da un pensiero a un altro come mio solito fare, tutto a un tratto mi accorgo di una strana figura che spunta da dietro i fitti alberi.
"Aiha cazzo. " la sento sbottare.
Riconoscerei quella voce ovunque, soprattutto le sue lamentele.
Scendo dall'auto e le vado incontro per vedere questa volta cosa le sia successo.
"Ti sei fatta male?" Chiedo.
"No ma dai, andare a sbattere contro un albero in piena notte era il sogno di una vita intera." Ironizza.
"Oh beh almeno si è avverato."
Mi trucida con lo sguardo per la mia affermazione.
"Mills a momenti ti faccio diventare un ramoscello. " minaccia mentre io rido a crepapelle sia per la sua battuta che per la sua faccia completamente disperata per il suo essere impacciata.
Ci spostiamo da quell'albero e ci sediamo in una panchina a distanza di qualche metro.
Ora posso vederla meglio grazie alla luce che proviene dai lampioni, capelli legati in una coda, i suoi occhi azzurri ancora più grandi senza tutto quel trucco sul suo viso non facendo altro che risaltare piccole lentiggini che partono dal naso fino ad espandersi per tutte le guancie, solo adesso posso vedere quei piccoli puntini che tende a nascondere non so per quale assurdo motivo, la rendono molto più bella di quanto lei possa pensare, infine l'occhio balza sul suo pigiama rosa con ricami unicorno su tutto il tessuto colorato.
Sfilo dalla giacca il quadernino nero così da portarglielo dare.
"Cos'è questo?" Chiedo curioso.
"Un quadernino." Ribatte ironicamente.
"Oh Barnes certo che tu sei un genio." Dico con aria teatrale.
"Puoi anche sostituire il genio di Aladin, ci sono io."
Certo che questa ragazza spruzza ironia è sarcasmo da tutti i pori.
"Oltre a essere un quadernino a cosa ti serve?" Dico cercando di essere più dettagliato così che la pazza ruba panini non cerchi di sviare il discorso.
"Non so Mills di solito si scrive, cosa altro puoi fare?"
"Andiamo Edith si seria." Dico  dandole un lieve colpetto sulla spalla.
"Ehi." Si lamenta "Ma oltre ad avere volanti di macchine e alberi contro ti ci metti anche tu?" Dice mettendo il broncio.
Sembra una bambina a cui hanno appena rubato le caramelle.
"È così bella.."
Eh?
"Continuo per te il tuo viaggio mentale."
Ahh vai via stupida coscienza.
Scuoto la testa come se la battaglia di pensieri fra me e me potesse smettere.
"Tu eviti la mie domande."
"Ho risposto a tutte." Dice sicura di se.
"Perché volevi così tanto questo diario?" Richiedo serio.
"Perchè l'hai portato tu e non Rome?"
"Ah questo non vale." Le punto un dito contro in maniera accusatoria.
"Certo che vale."
"Stai giocando sporco."
"Gioco nel giusto." Dice fiera di se.
Certo che è così complicato capirla, sempre in bilico su un filo del rasaio, con una sicurezza disarmante quasi da far paura nelle risposte, ma quelle risposte dette a metà, come quando ti colpisce il titolo di una canzone ma non puoi leggerne il testo.
"Ad ogni mia domanda risponderai in questo modo?" Dico guardandola di cipiglio.
" Mills sei tu quello che si aspetta altro." Sbuffa.
Magari ha ragione cosa mi potevo aspettare che mi potesse dire il significato di quel diario per lei?
Non è come le altre.
"Qual'e il tuo colore preferito?"
Dico pensando la prima domanda che mi passa per la mente.
"Wow genio certo che così fai colpo."
"Per quanto tempo continuerai ancora?" Dice divertita dalla centesima domanda posta nell'arco di minuti.
"Tu dillo." Alzo gli occhi al cielo.
"Il mio colore preferito è il giallo."
"Giallo?"
"Si il giallo è un colore così luminoso."
Dice guardando dritto a se.
"Il tuo invece?" Chiede girandosi questa volta verso di me.
"Il nero."
"Ah guarda non l'avrei mai detto." Ride balzando gli occhi sul mio vestiario completamente nero dove l'unico contrasto di colore e la figura bianca posta sulla mia maglietta.
"Adesso il nero va tanto di moda quando il significato non viene mai capito. " Dico pensando a come oggi vengono mimetizzati i significati dei colori.
Edith mi guarda titubante cercando di capire la mia affermazione, scorrono frazione di secondi quando mi fa una domanda strana, una di quelle domande la quale nessuno chiede perché troppo superficiali.
"Cos'è il nero?"
"Il nero é negazione.
Il nero è un opposizione al bianco.
Perché il nero è il bianco sono i due estremi,
l'alfa e l'omega,
L'inizio e la fine.
Il nero è ribellione,irrazionalità,oscurità."
"E il bianco?"
"Il bianco è
Luce ,purezza, speranza per il futuro, fiducia, insomma l'opposto del nero."
"Tu quale sei?"
"Eh?" Tentenno.
"Si insomma tu come ti senti nero o bianco?"  Mi incinta nel continuare il discorso.
"Credo il nero." Dico incerto, anche perchè non mi aspettavo potesse chiedermi a quale stato d'animo potevo appartenere.
"Io penso che tutti siamo bicolori."
"Bicolori?"
"Sai tutti abbiamo il bianco.
La luce che lasciamo filtrare nel nostro cuore, la purezza che abbiamo nel perdonare, la fiducia che riponiamo nelle persone e la speranza che è l'ultima a morire." Dice guardando dritta dinanzi a se con i suoi occhi celesti che osservano un punto indefinito.
"Poi c'è il nero, la ribellione verso le cose che ci fanno male, irrazionalità quando ci abbandoniamo al dolore non pensando più, oscurità quando perdiamo quella luce spenta da altri."
Dice infine.
Rimango inerme ad ascoltare le sue parole, così veritiere.
Tutti abbiamo dentro noi il bianco e il nero, il bene e il male, scegliamo noi che parte decidiamo di nutrire è continuare a colorare.
"Sai una cosa?"
"Cosa?" Chiede confusa.
"Nel test dei colori, quello che si avvicina di più al bianco è il giallo vivo."
"Davvero?" Dice con un piccolo sorriso che si forma sulle sue labbra fino ad espandere le sue piccole lentiggini sulle guancie.
"Certo." Dico divertito,
Ricordo perfettamente questo aneddoto nel libro dei colori di mia madre, ho letto così tante volte la definizione dei colori che ricordo perfettamente i dettagli che li componevano.
"La scelta del nero e del giallo indica un atteggiamento estremista." Dico ricordando anche questa strana definizione.
"Vale a dire?"
"Un atteggiamento di merda da entrambi le parti."
E subita una fragorsa risata spunta dalle sue labbra facendo sorridere anche me.
"Certo che sei strano Mills." Dice ancora fra le risate.
"Tu di piu." Controbbatto divertito.
"Io?" Dice alzando il sopracciglio con sguardo quasi di sfida.
Dio quando fa quel gesto é così sexy.
"Mills."
"Lo so lo so non è il momento di fare pensieri perversi."
"Indossi pigiami unicorni." Rido a crepapelle indicando il suo strano outifit notturno.
"Cos'hai contro i pigiami?"
"In realtà contro gli unicorni."
"Tu come osii nominare gli unicorni e andare contro il loro potere." Dice con fare teatrale.
"Oddio sono un cacciatore di unicorni." Ironizzo.
"Ah si?"
"Si perché?" La guardo confusa.
Quando in un attimo con le sue piccole mani mi coglie di sorpesa facendomi cadere col culo a terra dalla panchina.
"Ma sei impazzita?" Sbotto.
"1-0 per me 1-0 per me." Inizia a canticchiare.
"Ah si?" Dico con aria di sfida, mi alzo di scatto così da poterla afferrare, Edith velocemente comprende le mie intenzioni vendicative, quindi velocemente scappa all'impazzata iniziando a gironzolare attorno alla panchina cher ci divide.
"Mils non mi prenderai." Dice dall'altra parte della panchina.
"Oh certo che lo farò pazza ruba panini." controbbatto.
Entrambi iniziamo a roteare attorno  a quella panca di legno come se fosse diventanta la sua fortezza personale.
"Cosa ti ho fatto per volermi catturare stupido Mills?"
"Oh certo Barnes buttare come sacchi di patate persone da una panchina è una cosa normale." Dico sarcasticamente.
"Perché rubare persone per strada è normale?" Gesticola ricordando il giorno in macchina.
"Rubare?"
"Giusto sequestrare." Dice cacciando la linguaccia burlandosi di me.
"Ora mi hai stancato." Dico con aria di sfida, in un attimo la afferro con un braccio dall'altra parte della panchina inciampiamo entrambi su noi stessi e cadiamo a terra facendo finire me sopra di lei, ma per fortuna mi reggo con forza sui gomiti così da non fargli sentire il mio peso addosso.
"E questo come lo chiami Barnes sequestro di persona?" Dico con voce bassa troppo affannata da quel gioco che sembrava durare un eternità.
I suoi occhi azzurri che si incastrano nei miei occhi neri.
Il petto che si inalza e si abbassa per la corsa, il suo respiro batte sulle mie labbra, riesco a sentire il calore che emana, il suo corpo fermo, immobile.
"Mi-mills questo lo chiamo invadere il mio spazio vitale." Dice volendomi allontanare da lei, fallendo miseramente.
"Una volta invaso cosa succede?" Chiedo serio scrutandola attentamente.
"L'invasore perchè vuole scoprirlo.?"
Odio quando risponde ad una mia domanda con un'altra ancora, come se darmi una risposta gli costasse sempre troppo.
"Certo che sei incredibile."
"I-io?" Chiede balbettante.
"No l'albero che hai preso in pieno." Ironizzo.
"Certo che sei un coglione." Dice ridendo mentre con forza mi sposta da quella posizione troppo strana.
"Mi aiuti?" Chiedo ancora seduto a terra.
"Certo che no."
"Certo che sei proprio una stronza. "
La trucido con lo sguardo.
"Io così docile e gentile." Finge uno sguardo di compassione.
"Quando ricevi un panino." Dico alzando gli occhi al cielo e come risposta ricevo un dito medio da parte sua.
"Bene Mills grazie per il quadernino ma adesso devo andare."Dice guardando l'orario sul telefono, in  effetti pensandoci sono le tre di notte passeggiare con un pigiama unicorno non è una cosa da tutti i giorni.
"Ti accompagno io." Controbbato
"Sono due passi a piedi."
"Dai Barnes non fare storie." Sbuffo.
"Ehy Mills ci vediamo." Dice iniziando a incamminarsi verso la strada di casa senza prestare minimamente al mio passaggio offerto.
Decido di non oppormi lasciandola andare.
"Thomas sono le 3 del mattino sul serio?"
Io cosa dovrei fare coscienza?
"Certo che in queste situazione risulti più coglione del solito."
Cazzo per quanto mi costa dirlo sono proprio un coglione non posso lasciarla andare così e per convincerla sicuramente non andrà bene la scusa del "Ti accompagno io."
"BARNES." grido da lontano il suo nome.
"Mills adesso cosa c'è?" Si gira di scatto.
"Lo vuoi un panino?"
Anche se lontano posso vedere il suo sorriso illuminarsi.
"Mangi con me?" Chiede sempre in lontananza.
"Tutto quello che vuoi."
"S.o.s Mills é cotto."

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