Capitolo 13.

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Mi spoglio lentamente, mi infilo nella doccia apro il getto d'acqua e subito piccole calde goccioline bagnano il mio corpo.
Inizio a rilassarmi al tocco dell'acqua calda che dolcemente bagna la mia pelle.
Prendo il flacone di shampoo posto sul ripiano della doccia e cautamente inizio a massaggiare i capelli, partendo dall'acute.
Finalmente riesco a sentire che l'odore nauseabondo di alcool e fumo, lascia spazio a un fantastico profumo di vaniglia. Cerco di fare mente locale durante la festa di ieri sera, ma l'unica cosa che riesco a pensare e che nuovamente mi ritrovo nella dimora del Signor coglione Mills.
Dopo quella discussione avuta ieri mi pento anche della reazione avuta da parte mia.
Mi sembra tutto troppo.
Sembra che il tempo stia velocizzando tutto troppo.
E non capisco perchè con una persona nell'arco di pochi giorni mi sono ritrovata ben due volte a casa sua mentre con persone con cui ho a che fare da una vita a malapena le becco una volta all'anno.
Non capisco perchè ieri notte sono voluta venire qui, nuovamente in questo bosco.
Ma venire qui mi ha fatto sentire libera, mi sono sentita a casa come quando entro nel bar di Nonno Max, con la differenza che sapevo che in questo posto nessuno mi poteva trovare, nessuno poteva sapere di me, apparte una persona.
Risciacquo i capelli elimando la schiuma in eccesso, dopodiché passo al corpo con un bagnoschiuma sempre alla vaniglia e inizio a massaggiare lentamente la pelle.
Finito di fare doccia, esco e avvolgo il mio corpo con un asciugamano mentre con un altro bianco avvolgo i miei capelli umidi.
Faccio per vestirmi solo quando mi rendo conto di non avere vestiti puliti, anzi più correttamente ne ho un paio dietro al bagaglio come scorta di riserva durante le emergenze e in questo momento ringrazio succo di frutta mentalmente che ogni volta provvede a tutto, la cosa difficile e uscire da questo bagno, sicuramente non posso uscire in questo modo con il coglione a due passi da me, ma altrettanto non posso rimanere chiusa in un bagno per sempre.
"Thomas." Lo richiamo controvoglia sento dei passi provenire dalla cucina quindi deduco mi abbia sentito.
"Principessa dica pure." Lecchinaggio che fuoriesce da tutti i pori.
"Mi devi fare un favore." Dico con voce fioca.
"Adesso cosa ti serve?"
"Ho bisogno di vestiti puliti si trovano nella mia macchina puoi recuperarli?"
"Oh Barnes non c'è ne bisogno, io ti preferisco anche senza."
Riesco a percepire il suo ghigno maledetto anche attraverso una porta e riesco a sentire le mie guancie andare a fuoco.
"Anch'io ti preferisco senza testa ma non voglio essere accusata per omicidio colposo." Ironizzo.
"Ehy Barnes non usare il tuo maledetto sarcasmo altrimenti puoi rimanere in asciugamo."
Ma che stronzo!
Giuro sto amando alla follia questo ragazzo.
"Thomas testa di cazzo puoi andarmi a prendere quei maledetti vestiti? " Giuro che adesso lo uccido con un asciugamano.
"Perfavore?" Chiede divertito dalla situazione.
"Perfavore." Dico a malapena a denti stretti.
"Come?"
"THOMAS!" Sbotto innervosita.
"Okkey okkey vado." Sbuffa.
Quante storie per dei dannati vestiti.
Guarda che tu l'avresti rimasto nudo!
Non avrei mai fatto una cosa del genere coscienza.
"Ma davvero?"
Certo che no! L'avrei fatto morire nel suo bagno, chiuso con trecento lucchetti.
"Poi davi a lui del maniaco."
Finalmente arriva Thomas che interrompe la stramba conversazione fra me e la mia coscienza.
"Ecco i vestiti."
"Grazie puoi andare." Dico frettolosamente senza aprire la porta del bagno.
"Guarda che i vestiti non entrano da soli in bagno. " ironizza.
"Appoggiali a terra."
Non mi farò vedere da Thomas in queste condizioni, con un asciugamano striminzito che copre ben poco.
"Cos'è Barnes hai paura di farti vedere da Thomas Mills?" Anche se non posso vedere la sua faccia in questo momento già me lo immagino con il suo solito sorrisetto e il sopracciglio destro inarcato all'insù.
"Mills non vorrei che un maniaco come te mi vedesse con solo addosso un asciugamano. "
"Oh ma possiamo anche toglierlo."
Dio mio prima o poi gli stancherò quella testa.
"Thomas!" Sbotto ormai esausta da questi battibecchi che portano alla fuoriuscita di doppi sensi su ogni cosa.
"Vabbene principessa ti aspetto."
Finalmente! Certo che ci ho messo più tempo a convincere uno stupido babbeo di portarmi i vestiti, che mio padre quando gli chiedevo di prestarmi la sua macchina, e mio padre e la sua auto sono una cosa sola, l'ha chiamata Biscotto.
Ci rendiamo conto Biscotto?
Sembra appartenere più al nome di un cane, guai se gli puntualizzi ciò.
Apro la porta e frettolosamente cerco di prendere i miei vestiti, mi abbasso lentamente quando vedo due piedi proprio dinanzi lo stipite della porta.
"Certo che gli asciugamani ti donano."
Dice con il suo sorriso beffardo mentre scruta attentamente il mio corpo avvolto solo da un tessuto di cotone.
Posso sentire il calore che subito prende il sopravvento dentro di me, e non so se uccidere Mills riempiendolo di botte o mandarlo direttamente alla ghigliottina.
"Thomas avevi detto di aspettarmi!" Sbotto.
"Appunto avevo detto di aspettarti, ma non dove aspettarti. " fa spallucce. Riesco a sentire i suoi occhi che scrutano attentamente il mio corpo, il suo sguardo di fuoco che si posa sulle spalle, sulle gambe scoperte fino ad arrivare ai miei infiniti nei.
Decido di interrompere subito quella situazione sbattendogli la porta in faccia.
"Bene ora puoi aspettarmi in cucina."
Dico furiosa.
Senza obbiettare sento i suoi passi che si dirigono in cucina.
Ma guarda te come devo ritrovarmi mezza nuda davanti ad un ragazzo che a malapena conosco.
" Già prevedo qualche scena di Anastasia Steel."
Coscienza certo che tu con la mente vaghi!
"Immagina tu in asciugamano e lui che ti porta nella stanza dei giochi."
Per giochi intendi play station, video games e ciotole enormi di patatine?
"Sei incorregibile."
Decido di interrompere questi pensieri erotici avuti con la mia coscienza, anche perchè l'unica cosa che voglio vedere di erotico e perverso in questo momento e la testa di Mills conficcata da qualche parte.
Esco dal bagno e lo ritrovo senza maglietta intento a cucinare qualcosa vicino al forno.
Subito mi giro di scatto contro il muro a braccia aperte.
"Okkey Edith mantieni la calma e solo Thomas senza una maglietta tu vai li mangia, ringrazia e fuggi via." Dico rassicurando me stessa senza un motivo valido.
"Edith per quanto tempo ancora devi fare il quadro vicino al muro?" Rimboba la voce di Thomas in cucina.
Cazzo io si che so come nascondermi!
Mi stacco dal muro e vado verso l'isola della cucina sedendomi su uno dei sgabelli.
"In realtà ammiravo il lampadario."
"Il lampadario?"
E l'unica cosa che è balzata in mente.
"Bene." Dice Thomas con aria spaventata e interdetta.
"Chi non lo sarebbe?"
Taci!
"Se prima ti reputavo strana ora penso abbia avuto la conferma." Dice infine.
"Se prima ti reputavo coglione ora penso.."
"Ora penso?" Mi incinta nel continuare la frase.
"Nulla non penso nulla perchè sei rimasto coglione lo stesso." Dico abbozzando in un sorriso falso.
"Dimenticavo la gentilezza ha sempre fatto parte di te." Sbuffa girandosi nuovamente verso la padella intento a versare il contenuto liquido della ciotola, e da ciò che vedo sembra proprio che stia preparando dei pancake.
Riesco solo ora a notare le sue spalle e tutti i muscoli che compongono la sua schiena.
Noto dei tatuaggi, sul braccio, sulle spalle e una frase scritta in arabo che parte dal corpo fino a finire sulla parte lombare.
Sono tanto curiosa di sapere cosa significhi quella frase e quella piuma posta infondo al tatuaggio, ma placo la mia curiosità e mi limito a guardare.
"Ecco qui." Mi presenta davanti un piatto con dei pancake allineati fra loro e sciroppo d'acero che ricopre il tutto, alla vista di quella delizia subito ho l'acquolina in bocca.
"Ringrazia i pancake, chi ha creato tale squisitezza perchè la tua testa sarebbe stata usata come sturalavandino." Lo minaccio con una forchetta in mano.
"Come puoi pensare questo verso il piccolo e indifeso Thomas Mills?" Dice mettendo il broncio come un poppante.
"Il piccolo Thomas Mills è un maniaco che spia le ragazze nel bagno."
"Di solito succedeva sotto le coperte." Puntualizza.
Ora giuro che rimetto tutti i pancake al solo pensiero.
"Cos'è gelosa Barnes?" Chiede in maniera provocatoria dopo aver visto la mia smorfia alla sua affermazione.
"In realtà inorridita."
"Gelosa." Controbbatte
"Dimenticavo quello che stava per prendere a pugni suo cugino." Dico ricordando la serata di ieri, vedo il suo corpo irrigidirsi e la mascella serrata dopo aver nominato Philip.
"Ti stavo semplicemente salvando da una brutta situazione. " dice però in maniera calma senza far trasparire il suo nervoso.
"Che eroe." Ironizzo.
"Gelosa." Bisbiglia nuovamente.
Scorrono attimi di silenzio dove nessuno dei proferisce parole rimboba per la stanza solo il rumore delle posate sul piatto in ceramica, sento il suo sguardo che brucia su di me, anche se ho il capo abbassato sul piatto riesco a percepirlo.
"Edith io volevo parlarti di ieri.." ma non faccio in tempo a continuare che subito lo freno.
"Thomas tranquillo."
"Si lo so sono stato un coglio..come tranquillo?" Mi guarda stralunato.
"Certo eravamo entrambi un po' sbronzi dopo tutto l'acool che scorreva a fiumi in quella casa." Mento.
"Già succede quasi tutti i sabati." Dice in maniera divertita anche se quel sorriso sembra uno di quei sorrisi amari, senza sapore.
Perchè dovrebbe rimanerci male?
Cosa si aspettava una litigata da fidanzatini?
Anche no. Non mi andava tanto meno di riaprire questo discorso.
Finito di mangiare mi alzo e poggio il piatto dentro il lavandino, apro il rubinetto e inizio a lavare tutte le posate, ho sempre avuto questa mania dell'ordine del controllo, attraverso mia madre e stando tutti i giorni a stretto contatto con la sua germofobia, somo diventata come lei.
Improvvisamente sento un corpo robusto dietro di me, il respiro caldo e pesante che batte sul mio collo scoperto, percepisco scariche elettriche che oltrepassano in maniera fugace la mia schiena provocando brividi da ogni parte.
Sensazioni strane, tutto un miscuglio creatosi nell'arco di secondi.
Appoggia il suo piatto in mezzo a tanti altri e sussura vicino al mio orecchio un qualcosa.
"Grazie cameriera."
'118 prego'
"Di-di nul-la." Dico balbettando senza sapere neanche il motivo di perchè parli in questo modo.
Si allontana da me e sento i suoi passi che vanno verso il piano di sopra.
"Vado di sopra a vestirmi."
"Era ora." Grido riprendendo compostezza.
"So che ti dispiace Barnes." Dice in maniera furtiva sbattendo poi la porta della stanza.
Al diavolo.
Sul serio al diavolo Mills.
Mi sento così stupida.
Andiamo io che balbetto sul serio?
'In effetti.."
Neanche alla mia prima recita natalizia balbettavo mentre cantavo l'orribile canzone di "jingle bells" con un inglese a dir poco pessimo.
Non balbettavo nelle presentazioni in classe durante l'anno scolastico alle elementari, ne tanto meno balbettavo quando venivo scoperta dopo aver detto una bugia, e ne dicevo di bugie eccome se ne dicevo.
Balbetto invece quando uno stupido ragazzo in calore con ormoni a mille si avvicina a me solo per provocare e farmi cadere in tentazione, certo che in questo momento maledico me stessa anche in arabo.
Butto violentemente lo straccio della cucina sul ripiano, stanca di tutti questi pensieri che si fanno spazio nella mia mente.
Alzo lo sguardo e riguardo da lontano ancora quel quadro, mi avvicino lentamente fino ad arrivare di fronte, con l'indice inizio a calcare tutte le circonferenze, le linee gli schizzi di pittura che compongono quel fantastico disegno.
"Ti piace?"
Sussulto nell'udire la sua voce proprio dietro le mie spalle, ero così presa nel vedere il disegno che non ho sentito i suoi passi.
"Mh si molto." Mi limito a dire.
"Già anche a me." Accena un sorriso malinconico.
"Le mani cosa rappresentano?"
"Una donna che tiene stretto il suo bambino." Dice con gli occhi fissi sulla tela.
Rimaniamo così per svariati secondi fissando entrambi il disegno dinanzi a noi, odio questi momenti fra me e lui perchè anche in questo caso sento che il silenzio parla.
"Cosa ne pensi di questo quadro?" Dice questa volta girandosi verso di me e scrutandomi con gli occhi che questa volta risultano cupi spenti.
"L'amore puro.
Quello che nessuno può provare se non solo una donna, una madre." Mi blocco non vorrei continuare a parlare non vorrei essere presa per pazza ma non so cosa mi porta a dire ciò.
"Io ho un modo tutto mio di vedere le cose sai?
Prendimi per stupida o una masochista ma quella stretta di mano verso il figlio sembra una presa straziante quasi disperata, come se a momenti la madre dovesse staccarsi da lui, come se in quella stretta di mano abbia racchiuso tutto il dolore, tutta una vita, mi immagino gli occhi, gli occhi di quella donna nel vedere per l'ultima volta suo figlio."
Dico concludendo il discorso mentre gli occhi di Thomas rimangono fissi su di me senza che questa volta faccia trasparire nessuna emozione.
"Quanto è importante una madre.." dice in maniera sincera come per ricordare ma cosa?
Sarà che genitori sono separati?
In effetti ho sentito solo suo padre fuoriuscire nei suoi discorsi, mai sua madre.
"Una madre e tutto.
A volte tendiamo a non darle il giusto valore,
ma una madre è un prato.
Un prato verde che nonostante tu calpesti, corri, giochi, rotoli su quel cumulo di erba, non muore mai.
Rimane lì con la sua brezza e la sua rugiada.
Una madre non è solo un fiore,
e un campo di colori in mezzo a prati arsi, è il tuo arcobaleno nei giorni infinti di pioggia."
"Ma a te piace la pioggia." Dice ricordano il giorno in macchina.
"Amo la pioggia soprattutto con i colori che riflettono nel cielo grigiastro. "
"Sei un controsenso. " dice in maniera innocente.
"Me lo dice sempre mia madre."

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