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Dietro alla cattedra sedeva un uomo che non aveva di certo l'aria di una persona sana di mente, eppure si trattava proprio del loro insegnante di pirocinesi, il professor Lewis.
Era un uomo abbastanza alto, dai capelli biondo sporco. Aveva due occhi neri come la brace ed una bocca piena di denti storti, che non regalavano di certo un sorriso confortante.
Abigail si chiese per l'ennesima volta se ci fosse una qualche malformazione nel suo dono, era certa di ricordare che esso comprendesse la bellezza. La Dea madre lo doveva aver preso in antipatia.
Trovava difficile spiegarsi la cosa altrimenti.
Aveva cercato il banco più nascosto, e si era seduta lì nella speranza che l'alito pesante dell'uomo non l'avrebbe raggiunta.
"Ehi" le sussurrò cautamente Betty prima di prendere posto accanto a lei.
Non era uscita dalla sua camera per tutto il fine settimana, ed aveva evitato lei, ma soprattutto Thom, come la peste.
Non voleva vederlo, era confusa sull'accaduto ed imbarazzata per ciò che era successo dopo. Aveva pianto, a dirotto, come una bambina!
Una bambina che si era fatta rimboccare le coperte dalla sua tata-lupo. A questo pensiero le si palesò l'immagine di Wright con una cuffia rosa in testa, e la cosa la fece sorridere.
La rossa corrugò la fronte.
"Ah si, certo, ehi" si affrettò a rispondere.
La classe iniziò a riempirsi lentamente. Evan la salutò di sfuggita.
"Non sei venuta a colazione ieri, e nemmeno a pranzo o a cena..."
"Stavo mettendo alla prova la mia resistenza."
"Anche l'altro ieri?"
"Si, volevo capire come si sentono i naufraghi" rispose la mora con nonchalance, girandosi finalmente a guardarla.
Betty abbassò lo sguardo, non le piaceva puntarlo nei suoi occhi, le dava la sensazione di cadere in un pozzo senza fondo. Era inquietante.

"Salve gente, come state? No, aspettate, in realtà non mi interessa" esordii l'insegnante con tono annoiato, quando anche l'ultimo studente prese posto.
"Oggi abbiamo tappezzato l'aula con travi di legno per rendere le cose più interessanti... Amo appiccare incendi!" proseguii con voce sognante, incrociando le mani vicino al volto.
"Ora iniziate pure ad agitare le mani in giro e provate a dare fuoco a qualcosa. Come se ne foste capaci...
Ah, e scordatevi di rivolgermi la parola se non voleta ritrovarvi i capelli in fiamme!"
Non appena ebbe terminato il suo monologo si sedette alzando i piedi sulla cattedra. Il fango melmoso che li ricopriva iniziò a colare, sporcando la superficie, ma lui non parve farci caso. Tirò fuori un libro intitolato: "Amore e Piromania" da sotto la tunica, ed iniziò a sfogliarlo con sguardo avvincente.
"Professore?" chiese Betty titubante.
"Quale parte di 'scordatevi di rivolgermi la parola se non voleta ritrovarvi i capelli in fiamme' non hai afferrato?"
"Io mi chiedevo se potesse spiegarci...si, insomma...come dobbaiamo fare?"
Lewis iniziò a ridere, iniziò a ridere talmente forte che ad un certo punto non ebbe più fiato. I ragazzi iniziarono a lanciarsi sguardi straniti, seppur in modo discreto.
Nessuno voleva ammetterlo, ma l'uomo li inquietava non poco. Aveva gli occhi di un folle, l'umore mutabile come la luna, con le sue mille facce.

"Sei un Argent, non ce la puoi fare tesoro. Serve una rabbia catastrofale per aquisire la pirocinesi. Forse tra un migliaio di anni, se ti sarai impegnata, riuscirai ad accendere un fiammifero!" spiegò Lewis, ricominciando a ridere un istante dopo.
"Ora mettiti a lavoro" disse poi in tono grave, tornando improvvisamente serio.
Betty strinse i pugni.
"Che presuntuoso! La pirocinesi è sopravvalutata" commentò.
Abigail sorrise, era così ambiziosa. Non sopportava l'idea di non poter essere la migliore in qualcosa, eppure non l'aveva mai vista sbagliare un incantesimo. La pirocinesi doveva essere il suo tallone d'Achille.

E mentre tutti, Argent e Occult si misero a pensare al loro ricordo più carico di rabbia e rancore, Abigail tirò fuori il suo pacchetto di sigarette.
Se ne mise una tra le labbra e pensò a quanto i mesi fossero passati rapidamente. Era arrivata ad ottobre, ed era già passata la prima metà di dicembre.

"Serve una rabbia catastrofale"

Le parole del professore le rimbombarono nella testa, come se le avesse appena sentite. Si ricordava di quella rabbia, si ricordava di quella notte. Era bastata quell'unica notte a porre fine all'anno più felice e spensierato della sua vita, forse l'unico...
Le tornò alla mente quell'immagine: la violenza subita, il dolore, la rabbia, ed il fuoco... era ovunque.

 La ragazza dagli occhi discordi sospirò e scosse la testa, non doveva pensarci, non voleva

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La ragazza dagli occhi discordi sospirò e scosse la testa, non doveva pensarci, non voleva. Ricordare era doloroso.

Stava per accendersi la sigaretta, noncurante del contesto in cui si trovava, quando un tonfo attirò la sua attenzione. Attirò l'attenzione di tutti a dire il vero.
Perfino il professor Lewis, che fino a qualche secondo prima era assorto nella sua contorta lettura, aveva alzato lo sguardo.
La pelle di un ragazzo biondo infondo all'aula iniziò a fumare, come quando si getta l'acqua su un ferro ardente. Un istante dopo accadde lo stesso con la sua uniforme nera.
Nei suoi occhi passò una scintilla di rosso.
Abigail si fiondò su Evan.
Gli afferrò il braccio con forza.
"Devi lasciarlo, lascialo andare o ci farai saltare in aria tutti!" gridò in preda al panico.
"Lascialo!" gridò più forte.
Il biondo si accasciò a terra, annaspando in cerca di aria.
"Tutto bene, va tutto bene. Respira" lo confortò lei. Fece per postargli la mano su una spalla, ma la ritrasse immediatamente. Le ustioni.
La campanella suonò.
"Tutti fuori!" tuonò Lewis, che nel frattempo li aveva raggiunti infondo all'aula.
"La prossima volta che cerchi di arrostire qualcosa, non sperimantare nulla su te stesso" commentò Abigail, tentando di smorzare la tensione.
Evan rise, o meglio, ci provò per poi ritrovarsi a tossire.

"Bene bene signor Meyer, non solo è stupido ma è anche potente, combinazione per nulla vincente" esordii il professore.
"E lei signorina Collins, lo sapeva" proseguì guardandola in modo strano.
"Sapere? Io ho solo visto il mio compagno stare male e..."
"Sarà..." la interruppe con un sorriso inquietante stampato in volto.

Gli si leggeva in faccia che non le aveva creduto, era stata piuttosto trasparente. Si era fatta prendere dal panico.
"Ne riparleremo prima o poi, signorina" esordii prima di uscire dall'aula.
Il biondo la guardò per un paio di secondi.

"Abigail..."

"Evan, andiamo?" chiese una voce fredda alla loro destra. I due si voltarono contemporaneamente.
Blake era appoggiato alla guarnizione della porta. I capelli neri e spettinati, l'uniforme indossata in modo tutt'altro che rigoroso. Seguito sempre da quell'aria di superiorità...e da Tyler.
"Arrivo."
"È successo di nuovo?" chiese quest'ultimo incredulo.
Quante altre volte era successo?

Evan fece per alzarsi, ma gemette di dolore. Era ancora debole.

"Piano...piano, dimmi dove ti fa male, ti aiuto ad alzarti" lo rassicurò Abigail.
Aveva usato un tono fermo, ma non cattivo, Blake non l'aveva mai sentita parlare in quel modo.
Perché quella confidenza? C'era qualcosa che Evan non gli aveva riferito? Impossibile.
"Non gli serve il tuo aiuto" intervenne prontamente, "è un Occult."
"Ma si può sapere chi ti ha interpellato?"
"Non ti azzardare a parlarmi così!"
"Io sono il più cattivo, bla bla, tutti mi temono, bla bla. Metti il tuo ego smisurato in angolino per un secondo ed aiutami a sollevare Evan, non ci riesce da solo!"
Il volto del principe degli Occult diventò di una durezza spaventosa.
"Abigail, va bene, mi aiutano loro" disse il biondo, poco prima che la discussione degenerasse.
"Sicuro?"
"Si, vai" ribadì, questa volta con un sorriso rassicurante.
"Va bene, ma farai maglio a darmi tue notizie!" disse Abigail incerta.
Poi uscì dall'aula, ricambiando lo sguardo furioso di Blake.

"Evan?"
"Si, Percy?"
"Da quando vi chiamate per nome?"

Abigail e l'ombra del donoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora