Si rigirò tra le mani il foglio per l'ennesima volta, rompendo il silenzio che regnava nel salotto ed in tutta la casa. Non sapeva nemmeno più da quanto tempo fosse seduto, immobile, sul divano, aveva perso la cognizione del tempo a causa di quell'unico pensiero che gli rimbombava in testa, mentre la speranza cercava di metterlo a tacere come si fa con rumore fastidioso. "Non ti muovere da qui, vado a prenderlo." gli aveva detto sicura Michela prima di uscire. Non aveva nemmeno aspettato una sua risposta, bloccando la sua gelosia ed il suo orgoglio ferito sul nascere, "Lo sai anche tu che è giusto così, non fare il bambino." lo aveva rimproverato la sua coscenza mentre si abituava a quella che per lui era una novità. Pian piano la vergogna era arrivata, facendogli prendere la testa tra le mani, "Stupido, stupido, stupido egoista." aveva sussurrato a se stesso con rabbia, mentre con un sospiro accettò il fatto che sua sorella aveva bisogno di un'ancora e che questa volta aveva un volto e un nome diverso dal suo.
Quando si era ritrovato Michela davanti la sua porta non aveva fatto domande, nemmeno quando era salito nella sua macchina e neache durante il breve tragitto. Sapeva che qualcosa in Elisa si era rotto, lo aveva capito quando con gli occhi pieni di lacrime non gli aveva risposto, scappando da lui, anzi, da loro; nonostante una parte di lui avrebbe voluto rincorrerla per dirle che lei non lo avrebbe mai perso, aveva preferito darle i suoi spazi ed il suo tempo. Ora invece si pentiva di non averlo fatto perchè le cose erano precipitate, bastava vedere gli occhi rossi, gonfi ed il viso pallido della ragazza al suo fianco; e quella visione gli fece stringere lo stomaco mentre i sensi di colpa diventavano insopportabili. Michela lo lasciò entrare prima di lei mentre si chiudeva la porta alle spalle, "Siete arrivati." li accolse Cristian alzando lo sguardo su di loro, "Mario accomodati pure, vuoi qualcosa da bere? Caffè?" lo invitò il ragazzo allargando il braccio verso il posto vuoto sul divano, "Non serve sto bene così, grazie." declinò educatamente sedendosi al suo fianco mentre il suo stomaco si chiuse ancor di più: il più piccolo aveva gli occhi gonfi e rossi come due pomodori, segno che aveva pianto per ore, i quali spiccavano ancora di più sul suo viso pallido e tirato. I sensi di colpa aumentarono come un masso nel petto tranciandogli il respiro, "Scusaci se non ti abbiamo avvisato." disse la ragazza posizionandosi di fronte a loro, "Ma abbiamo bisogno di te." continuò incrociando il suo sguardo confuso, Cristian sospirò "Lei ha bisogno di te." corresse mentre gli porgeva la lettera.
I suoi occhi si spostarono verso l'alto del foglio mentre ricominciava a rileggerla in silenzio, per la quinta volta. La prima lo aveva fatto a voce alta fermandosi quando trovava una parola che non riusciva a comprendere, per via della lingua e della calligrafia disordinata; le altre erano avvenute automaticamente, senza che lui potesse fermarsi, perchè non riusciva a riconoscerla in quelle parole che non sembravano sue. "Sappiamo che sei confuso." lo rassicurò Cristian facendolo sospirare, "Decisamente." mormorò posando lo sguardo sul ragazzo al suo fianco, "Non sei tu la causa..." iniziò venendo subito interrotto, "Però sono quello che ha scatenato tutto." affermò il croato, "Mario tu non c'entri nulla, sei stato tu come potevamo essere io o Michela." lo confortò il più piccolo prima di prendere un profondo respiro. "Sarebbe meglio se lo sapessi da lei ma non è giusto che tu viva nel dubbio." affermò mentre gli occhi tornavano ad essere lucidi, "Cri posso farlo io..." cercò di fermarlo Michela ma il ragazzo si oppose, "Posso farcela, devo." disse sicuro tornando a guardarlo, "Alcuni anni fa ho fatto un'incidente col motorino, diluviava e per colpa dell'acqua sono scivolato finendo in un fosso." si fermò per schiarirsi la gola, i medici gli avevano detto che normalmente in seguito al trauma che aveva subito la maggior parte dei pazienti dimenticava i fatti avvenuti prima, lui però era stata un'eccezzione ma non pensava fosse una grande cosa. "Una pietra che sporgeva mi ha tranciato il laccio del casco levandomelo, poi ho sbattuto la testa, o almeno è quello che mi hanno detto." "Sono stato in coma una settimana, per sette giorni ho lottato per poter tornare dalla mia famiglia, lottando contro me stesso. Mentre ero disteso su quel lettino, che fosse mattina o notte fonda, dall'altra parte c'era Elisa a tenermi la mano; c'era lei a tenere la mano a tutti, per evitare che cadessero." la voce gli si incrinò ma non si fermò, "Un mese dopo il mio risveglio mia sorella è caduta in depressione, lo ha ammesso dopo tre mesi e n'è uscita due anni dopo, ma la malattia ha fatto sì che diventasse meno sicura verso gli estranei, per questo non ha mai avuto nessuno al suo fianco oltre a noi due.", Mario si asciugò le lacrime che gli erano cadute sul viso "Perchè io?" domandò guardando entrambi, Michela gli sorrise "Perchè sei l'unico di cui non ha mai avuto paura."
Fin da piccola era stato il suo luogo preferito, il posto in cui venire per far tacere il casino che aveva in testa e per calmare il mostro che aveva dentro. Prese un'altro sasso e lo lanciò, guardandolo finire tra le acque del piccolo lago, mentre si strigeva le gambe al petto come una bambina. Il rumore della portiera chiudersi la fece sobbalzare, riconobbe di chi fossero quei passi ma non si voltò rimanendo rannicchiata tra le sue braccia mentre lui si sedeva al suo fianco. Rimasero in silenzio uno accanto all'altra, le mani che si sfioravano come se nessuno dei due non avesse il coraggio ne di allontanarle, ne di stringerle; lei intenta a scegliere le parole adatte, come se ce ne fossero, e lui ad aspettarla come aveva e avrebbe sempre fatto, senza mai stancarsi. "Una volta mi vergognavo, dire quella parola mi costava ogni volta fatica e non lo facevo volenteri." disse guardando lo specchio d'acqua davanti a lei, "Col tempo però avevo creduto di sbagliarmi perchè era parte di me, parte della mia storia; ho iniziato ad accettarlo pensando lo facessero anche gli altri ma mi sbagliavo. Bastava dire "Sono stata in depressione, ma col tempo ne sono uscita." per ricevere da tutti lo stesso fastidioso sguardo, "Oh mi dispiace.", "Dio che debole." dicevano quegli occhi, facendomi diventare pazza di rabbia. Ho deciso di non guardarli più, limitandomi a quelli che non mi avrebbero ferita.", si voltò verso di lui, verso il suo viso, "Poi sei arrivato tu, con i tuoi occhi, in cui ho visto l'anima più bella di tutte.", Mario le sorrise con gli occhi lucidi, "Ho rovinato tutto, come sempre." mormorò Elisa cercando di trattenere le lacrime, "Non hai rovinato niente." la rassicurò asciugandole una lacrima, "Mario sono solo una sofferenza." sussurò guardandolo negli occhi, che per lei erano i più belli di tutti. Il ragazzo le prese il viso tra le mani "Tu non sei una sofferenza, sei la goia più grande della mia vita, sei quella che mi ha insegnato a non addossarmi tutto, grazie a te ho ricominciato a ridere. Le tue fragilità e le tue debolezze non le voglio giudicare, ma aiutarti a superarle, perchè amarsi è sostenere il peso della vita insieme, spalla contro spalla e non mi interessa se mi allontanerai una, due o trecento volte, io tornerò sempre da te.". Avvicinò il viso al suo "Tu sei e sarai per sempre la mia guerriera." le sussurò prima che le labbra di lei si posassero sulle sue, "L'uno di fianco all'altra." sussurò lei appogiando la fronte contro la sua guardandolo negli occhi, "Sempre." sussurò accarezzandole il viso.
ANGOLO AUTRICE
La buona notizia è che sono tornata, la brutta è che questo è la penultima parte della storia (Vi voglio bene anch'io, quindi non linciatemi.). Ho pensato molto a come gestire gli ultimi capitoli, capendo che tirare questa situazione alla lunga sarebbe stato troppo pesante e noioso. Vi confido che mi sono emozionata a scrivere questo capitolo e spero sia lo stesso per voi. A presto, Manu.
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We Could Be Warriors
ФанфикCosa faresti se i sogni che fai ogni giorno mentre dormi o ad occhi aperti diventassero realtà? Questo è ciò che è successo ad Elisa Rimani quando dopo una semplice partita della sua Vecchia Signora la sua vita cambiò.