b/n

16 4 1
                                    

Alice scese dalla metro ed entrò in un caffè.

- Un espresso per piacere!

Aspettava impaziente, tamburellando le dita sul bancone.

- 'Giorno Gino! A domani!

La voce squillante di un cliente abituale la fece voltare, infastidita, e gli occhi caddero su un foglio gualcito, scivolato sul pavimento di linoleum. Una locandina, con caratteri antiquati, sembrava strillarle: "Arsenico e vecchi merletti, pellicola restaurata! Venite al Piccolo Cinema del Cappellaio! "

Le parve uno spiraglio, in quella giornata catastrofica. Volse lentamente i suoi passi verso il cinema, con la locandina spiegazzata in una mano a farle da guida. Era stata una brutta serata e il cielo pieno di nubi sembrava lo specchio del suo umore. Aveva lasciato il tavolo senza una parola, piena di rabbia. Amici. Bah, forse. A lei sembrava un nido di serpi, tutti pronti a cogliere ogni debolezza per trarne divertimento, tutti intenti a giocare al gioco delle tre carte con la verità. Si sentiva ribollire il sangue nelle vene e aveva l'unico desiderio di non pensare. Avrebbe potuto sedersi al buio e lasciarsi cullare dalle immagini, spegnere il cervello per un'ora e sognare a occhi aperti.

Il Piccolo Cinema del Cappellaio le apparve, barocco e caotico, girato l'angolo di una stradina. Alla cassa, una donna molto anziana e distinta, occhialetti a mezzaluna affacciati sul naso adunco.

- Uno, prego!
I suoi occhi erano d'un azzurro così chiaro da sembrare bianchi. Alice prese il biglietto e se lo rigirò tra le mani: non ne aveva mai visto uno così: grande, rifinito di ghirigori dorati, stampato con caratteri corsivi svolazzanti. Una maschera, vestita di una divisa scarlatta, le fece un mezzo inchino e la guidò dentro. Erano scarlatte anche le tende a coprire lo schermo e le poltroncine di velluto; poteva sentire l'odore della polvere che impregnava la sala, eppure nulla le parve sporco o sciatto. Sedette. La sala cadde nel buio e la storia cominciò, surreale e divertente come la ricordava. Sì, ricordava ogni scena e il sorriso cominciò a distenderle lentamente le labbra.

Ma proprio mentre Cary Grant esprimeva una comica disperazione, sentì lo squillo del suo cellulare. Sussultò; come aveva potuto dimenticare di togliere la suoneria! E fosse stata almeno una sobria leggera musichetta! Le note violente di Celebrity Skin riempirono la piccola sala, facendole affluire tutto il sangue al viso. Freneticamente cercò nella borsetta troppo piccola e stipata, per annullare quel frastuono imbarazzante. Con un sospiro di sollievo la sua mano trovò il sottile spessore del cellulare e il silenzio tornò, rotto solo dalle voci degli attori. In quel momento, si rese conto che nessuno, nessuno aveva protestato per il disturbo, eppure la sala era gremita. Proprio in quel momento, sullo schermo, in caratteri antichi, comparve la scritta intervallo e si accesero le luci.

Alice alzò gli occhi, li spalancò, poi li chiuse, strizzandoli forte, quindi li spalancò nuovamente. Allungò la mano sull'altro braccio e si diede un leggero pizzico. Il dolore la colse di sorpresa, avrebbe giurato d'essersi addormentata! perché quello che vedeva non poteva essere reale! Tutto - la sala, le persone, lei stessa - aveva perso il suo colore. Tutto in bianco e nero, con così tante sfumature di grigio quante non ne avrebbe mai sapute nominare. Aveva sentito dire che gli eschimesi hanno circa cinquanta parole per definire la neve; probabilmente un vampiro ne avrebbe altrettante per definire i differenti tipi di sangue! Ma lei non ci teneva affatto a diventare esperta delle tonalità di grigio! No, lei rivoleva indietro il turchese, il porpora, il vermiglione e il glicine! Il panico cominciò a montare nel suo animo, mentre si voltava e vedeva facce grigie e immobili fissare lo schermo muto. In quel momento, sentì dei passi. Si voltò: un uomo. Alto, dalla figura sottile ed elegante, abiti stravaganti sul corpo ben formato. In testa, un cappello a cilindro troppo grosso per la sua testa. Si avvicinò e le fece un inchino e un sorriso sornione.

- Posso sedermi, Alice?

Alice avvertì il suo capo fare su e giù in un gesto di assenso, prima ancora di rendersi pienamente conto di aver acconsentito.

- Posso chiederti, se non ti è di disturbo, perché sei così turbata? Non credo sia la prima volta che tu entri a contatto con l'umana superficialità!

Alice capì che l'uomo non si riferiva alla bizzarra visione in bianco e nero, ma alla sua disastrosa serata, alla sua rabbia selvaggia e al suo disgusto.

- Sono arrabbiata con me stessa - gli rispose, sorpresa dalle sue stesse parole - Ho tollerato la loro ipocrisia troppo a lungo!

- Oh, non è ipocrisia, mia cara! Si tratta di un banalissimo caso di mancanza di fantasia. L'immaginazione, Alice, è come la tavolozza di un pittore talentuoso: dipinge la vita di meraviglia! - Mentre l'uomo parlava, Alice si accorse che il suo cappello era di un rilucente verde bottiglia. Aveva una fascia arancione. La giacca, giallo dorato, riluceva nella penombra. - Ricorda, cara, che puoi scegliere, ogni giorno, sempre! Usa la tua mente e fanne un capolavoro!

L'uomo si alzò, si inchinò galantemente e le prese la mano con delicatezza. Quando le sfiorò la pelle, Alice si accorse che le sue dita erano nuovamente rosee, con le unghie corte laccate di rosso. Le labbra dell'uomo sfiorarono appena il dorso della sua mano; lo vide sorridere e allontanarsi, toccandosi il cappello in gesto di saluto.

- Ti lascio al tuo film, cara, rilassati e divertiti! E non dimenticare, Alice, è nella tua unicità, la speranza della felicità!

Sul grande schermo le immagini ripresero, con le voci degli attori che riempirono la sala di risate e rumori. Le lettere THE END baluginarono qualche secondo e poi le luci si riaccesero.

Alice si alzò e uscì piano dalla sala. Era ancora confusa e turbata, un turbamento lieto e folle che non aveva mai provato.

La Libraia del turno di notteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora