Incubo

27 11 15
                                    

Siamo chiusi da ore nel mio studio, io e la piccola modella, Melissa. Posa per me senza un lamento, ferma come una statua di cera. Non sono scortese, ma nemmeno gentile con lei: mi comporto come se neppure fosse una persona, ma un oggetto poggiato negligentemente su una sedia. Natura morta di donna, mentre una sola goccia di sudore si forma all'attaccatura dei suoi capelli ricci. Muovo la mano senza pensare, guardo solo le linee davanti a me. Il volto di Melissa è frantumato, come un vecchio specchio in una soffitta. Non sono Picasso, so mettere le linee una dietro l'altra perché le vedo con gli occhi. Non vedo nulla con gli occhi della mente, non credo nemmeno di averlo questo sguardo interiore, mentale, geniale!

Nella mente c'è il vuoto. Mi chiamano artista e non lo sono, sono un falsario provetto, non d'arte ma di vita. Sono paranoie, paranoie continue le mie opere, le vivo ogni giorno e non le ho mai messe su carta o su tela. 

Mi sembra assurdo continuare così, non sarò mai soddisfatto di questa sua espressione vacua, bloccata a stento sulla carta. Lancio il carboncino in un angolo e la saluto, che vada dove vuole, purché sparisca dai miei occhi. Voglio spazio, attorno a me. Spazio vuoto, in cui i miei passi facciano eco e non ci siano ombre. Forse, se pulisco la mia vista, anche la mia mente sembrerà tersa e riuscirò a ottenere ciò che voglio. 

Mi stendo, sul pavimento. Me ne pentirò al risveglio, quando la schiena dolorante mi ricorderà che l'epoca degli artisti bohemién è felicemente conclusa da secoli, ma adesso ne ho voglia e lo faccio. Faccio sempre quello che voglio, diritto d'artista, secondo secoli di stereotipi e letteratura. Io, le assi di legno sul soffitto e la moquette polverosa sotto la mia testa. 

Non so quando chiudo gli occhi; sono così stanco che potrei aver tracciato le ultime linee già dormendo, senza saperlo davvero!

Chiudo le palpebre e dietro ritrovo lei. Melissa. Il suo volto che si sfoglia come un libro, si divide, si dissolve in maschere leggere come veli. L'espressione è immota, come quando era seduta sulla sedia di legno nel mio studio. Mi avvicino a lei, passi così lenti che mi sembra di allontanarmi. Ma lei cambia, è sempre più grande, più solenne, più astratta, mentre io non sono che un verme che striscia ai suoi piedi, alla base del suo enorme piedistallo. Il vento mi sballotta, mi spinge, mi allontana e fa inciampare i miei passi. Urlo la mia frustrazione, mentre corro disperato per raggiungerla. Sempre più piccolo, sempre più lento, anche se mi muovo con tutta la velocità che le gambe mi consentono.

Non siamo più nel mio studio squallido. La moquette è sbocciata in arbusti possenti; Melissa, al centro di tutto. Striscio. Ho avanti due strade, poi tre, si ramificano in un labirinto ridondante. Respiro a fatica, il cuore in petto batte le ali come un uccello in gabbia. Vorrei poter volare sopra tutto questo, raggiungerla nuotando nell'aria, leggero come il suo respiro mentre posa per me.

Una musica si diffonde, potente. Una sinfonia che conosco, ma di cui non ricordo l'autore, mi fa tremare le ginocchia e si riverbera nel mio stomaco, vibrando allo stesso tempo della mia ansia umida di sudore e lacrime.  

Riapro gli occhi, di soprassalto. Le travi di legno del soffitto mi accolgono. La moquette, intrisa di polvere, mi deride, mentre a fatica mi metto a sedere. Sudato, più stanco di prima, affannato. Poi mi guardo intorno e vedo un labirinto di fogli. Il volto di Melissa duplicato dieci, venti, cento volte. Immoto, astratto. Non so più qual è il sogno e quali i miei ricordi.

Mi alzo e faccio un fascio con tutti i fogli, poi li spingo con decisione nel focolare del camino. È quasi spento, ci sono solo braci che mormorano, ma basterà. Mi spoglio e senza badare ad altro mi lascio schiaffeggiare dal getto della doccia. Vestirmi, uscire e gettare le chiavi di questo posto in un tombino saranno i miei prossimi passi. 

Basta falsi, paranoie e incubi. Da domani dipingo al sole.

p.s. Ringrazio @melianta e @RomBones che, con la solita dolcezza e pazienza, hanno acconsentito che io usassi questo disegno per questa mia strana storia, oltre che per il caffè!

La Libraia del turno di notteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora