La Musa

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Vlad lanciò la bottiglia vuota nell'angolo, con aria ostentatamente disgustata. Con i pantaloni di tela, macchiati di pittura, sembrava il ritratto dell'artista bohémien: era uno stereotipo e gli piaceva. I capelli lunghi, scuri come la notte, contornavano il volto pallido, scolpito dalla barba e dalle occhiaie. Sapeva di aver talento, ma era anche consapevole che la sua immagine, così vicina all'ideale dell'artista romantico, era indispensabile al successo.

La mostra che stava ideando si basava sul gotico, ma non sarebbe stato un semplice omaggio all'oscura epoca! Voleva che avesse la cupa leggerezza del gotico e l'opulenza sfacciata del barocco. Un connubio contro natura, ardito, nell'incontro di due tradizioni che sembravano divorarsi a vicenda. Come avrebbe potuto trovare equilibrio?

Aveva completato una quantità di tele di edifici e paesaggi, aveva inserito un paio di furbi autoritratti e ora serviva lei. Una Musa. Una figura femminile iconica che incarnasse entrambe le anime artistiche della sua mostra. Le ultime due modelle mandate dall'agenzia erano state un insulto: la prima, procace e volgare; la seconda, invece, così scialba da non riuscire a trasmettere emozione. Si era fatto sentire, però, dal suo agente, aveva urlato, inveito e imprecato.

Gli aveva promesso la donna ideale; avrebbe visto presto quanto valeva la sua parola.

Il sapore del vino rosso aveva impastato piacevolmente la lingua, lasciandolo appena intorpidito. Si lasciò cadere sul divano e sollevò lo sguardo al soffitto.

- Buongiorno.

Una voce flautata, incerta. Un'altra creatura insulsa? Si voltò e sentì il mondo fermarsi, dopo una vertigine violenta. Era lei, la Musa! L'ovale del volto era perfetto, una delicatissima porcellana, priva di leziosità. Pallida, come una mandorla, con gote appena rosate e ricamate dall'ombra scurissima delle ciglia. Gli occhi erano neri, caldi come il velluto, i capelli avevano riflessi ramati, come un fuoco sopito sotto le braci.

Vlad si impose di riprendere il controllo; le girò intorno, conscio di metterla in imbarazzo. Le sollevò il mento con un dito e le spostò la testa di lato, per studiarle il profilo: incantevole. Si smarrì di nuovo: gli ricordava un sogno, un sogno di secoli addietro. Le rivolse un cenno del capo, per indicarle lo spogliatoio.

- Di là. Cominciamo con l'abito color rubino. Solleva i capelli.

Non dovette attendere molto, per vedersela comparire innanzi, visione del suo inconscio.

Dipinse con foga, come un folle, come non faceva ormai da tempo, per ore. Si interruppe quando la vide vacillare.

- Siediti. Riposati, abbiamo fatto un buon lavoro.

Si allontanò, per andare sul fondo della stanza, dove c'era un mobile bar: era un artista, non un barbaro. Sapeva cosa cercare: una bottiglia di vetro, lavorata come una scultura, ricolma di liquido verde. Lo versò in due bicchierini e li prese, assieme a una ciotola colma di zollette.

- Come ti chiami?

- Mina.

- Bevi, Mina. È assenzio, un dolce afrodisiaco... non hai da temere...

Mina lo guardò, gli occhi da cerbiatta spauriti ma le labbra già piegate in un sorriso seducente: una Musa incomprensibile e affascinante. Avrebbe voluto vederla priva di quelle vesti fin troppo castigate, i capelli sciolti su una camicia candida, virginale. E di nuovo dipingerla, come il sogno proibito di un poeta romantico.

La vide porre con voluttà una zolletta tra le labbra, rosse da dargli una stretta allo stomaco, poi la osservò bere.

- Siete straniero. È vero che siete un principe? Parlatemi della vostra terra...

Vlad iniziò a parlare, lo sguardo appannato dal ricordo. La voce di Mina sembrava provenire dai recessi della sua stessa mente, familiare; allo stesso tempo non dava conforto, ma una febbrile eccitazione. Bramava di ascoltarla ancora. E mentre lui illustrava la sua terra, con disarmata sincerità, lei sembrò vedere le immagini che descriveva, nelle sue pupille grigie come la nebbia, e prese a parlare.

Vlad si pietrificò, i muscoli delle spalle contratti come nodi, sentendo il fiato caldo uscire dalle sue labbra, vedendo le lunghe ciglia abbassarsi, creando ombra sui suoi pensieri, prima ancora che sulle sue guance. Avrebbe voluto afferrarla, scuoterla e chiederle chi fosse. Non capiva cosa stesse accadendo per turbarlo tanto. Si riscosse; sì, l'avrebbe avuta come modella, l'avrebbe avuta nel suo letto e avrebbe riempito tele su tele della sua carne pallida e soda. Avrebbe mostrato il suo volto e il suo culo a un pubblico di mediocri benestanti, rendendola ancora più abbagliante, l'avrebbe resa immortale.

Lui era Vlad di Valacchia! Erede di una dinastia che vedeva la sua origine nell'alba dei secoli!

Mina si alzò, un fruscio del vestito rosso rubino. Il pendente argenteo che aveva alla gola baluginò, mentre si voltava.

- E una principessa? Dovreste dipingere la vostra principessa, magnifica, in vesti bianche.

Vlad la raggiunse.

- Lasciamelo fare – sussurrò, cercando con dita maldestre di slacciarle l'abito. Il corpetto, laccio dopo laccio, si allentò e Vlad, con uno strattone, lo tirò giù, in un mucchietto scomposto. Una candida sottoveste la copriva appena.

– Lascia che ti dipinga così! - le mormorò, così vicino che poteva ascoltarne il respiro. La fece adagiare sul divano, seguito dal suo sguardo lucido.

- I tuoi occhi scintillano come vi dimorassero diamanti – le sussurrò ancora, prendendo un blocco da disegno e un carboncino.

Si inginocchiò ai suoi piedi, tracciando linee febbrili finché Mina non gli porse la mano, tirandoselo accanto.

- Ho attraversato gli oceani del tempo, per trovarti.

Le parole, mormorate contro la pelle calda del collo, fecero venire i brividi a Vlad. La piccola mano di Mina percorreva il suo corpo. Vlad non si accorse di quando le labbra, terminata la frase, si riaprirono per appoggiarsi frementi sulla pelle. Non si accorse di quando Mina affondò i suoi canini nelle sue vene, succhiando voracemente.

La figura sottile ed elegante adesso era sporca di sangue, ma non aveva perso nulla della sua perfetta bellezza. Mina chinò il volto di lato, un pallido ovale di bambola.

- Gli oceani del tempo. Per trovare chi mi ha maledetta.

Poi si distese al suo fianco, abbracciando il corpo scomposto, con un lieve sorriso sul volto.

La Libraia del turno di notteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora