Pudore

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La notte era il mio momento felice: avevo tempo per me e per nessun altro. Il silenzio avvolgeva le stanze, in cui mi muovevo silenziosa come un fantasma, godendomi la tranquillità. Ogni notte era uno spazio ritagliato per una mia passione. Ma ero così stanca, quella sera! Così maledettamente stanca! Era stata una giornata infernale. Mi preparai una fumante tisana, profumata di miele ed erbe aromatiche e mi acciambellai sul divano, tirandomi addosso un plaid. Non avevo letto neanche due righe del nuovo giallo che mi ero regalata, quando i sogni presero il posto delle parole.

Mi svegliarono le voci chiassose dei figli dei vicini, pronti per andare a scuola. Mi schiarii la gola, rumorosamente, tirandomi a sedere. Il plaid scivolò giù dalle mie gambe e mi resi conto di essere completamente nuda. Accidenti! Ma che avevo fatto? Quanto potevo essere stanca per essermi spogliata completamente senza rendermene conto... e soprattutto senza rivestirmi? Certo, l'aria in casa non era particolarmente fredda, ma era comunque inverno. Sentii il letto cigolare e corsi in bagno: non avevo voglia di vedere la faccia arricciata in una smorfia di divertito rimprovero del mio compagno, quando mi avesse vista così. Mi infilai nella doccia, lasciando che le gocce tiepide scacciassero via il sonno e poi feci la mia comparsa in cucina, avvolta in un morbido accappatoio.

- Che ci fai ancora così? Non è tardi? 

Alzai lo sguardo. Il mio compagno era evidentemente pronto per uscire, con calze nere e scarpe, il giubbotto negligentemente appoggiato alla sedia. E niente altro. Ma proprio niente. La voce si bloccò in gola, per un attimo, poi mi riscossi: doveva essere ammattito.

- Ma che fai? Non dovresti vestirti? 

Lo sguardo che mi rivolse era il ritratto palese della perplessità.

- Non capisco, Chicca! Le calze le ho messe, non vedi? Il giubbotto no, ma in casa fa ovviamente caldo e poi ne abbiamo già parlato. Lo so che dipingersi è moda ma non fa per me, ci vuole troppo tempo, in settimana non ce la faccio. Magari nel weekend, ok? 

Mi depose un bacio sulla fronte e si mise il giubbotto in spalla. L'immagine dei suoi glutei, sodi e nudi come mamma li aveva fatti, che uscivano dalla porta d'ingresso con disinvoltura, fu capace di spezzare la mia paralisi. Corsi alla porta e mi affacciai, nel panico, con il pensiero di richiamarlo e là mi paralizzai nuovamente. La signora Amaro, del terzo piano, stava scendendo le scale. Era nuda, il corpo abbondante dipinto con una vernice fluorescente. Unico indumento visibile, una sciarpa intorno alla gola. Ricordai, scoppiando in una risata isterica, la frase che mi aveva rivolto la sera prima:

- Se non ho la gola ben coperta, mia cara, non mi sento a mio agio! Sarà l'età! 

La vidi guardarmi, perplessa e preoccupata. Tirai frettolosamente la porta, ma non prima di vedere il geometra Di Blasi con i suoi figli, che uscivano come ogni mattina per andare a scuola. Una differenza in questo caso c'era: oltre a infiniti centimetri di pelle nuda, i ragazzi portavano il loro immancabile chiodo di pelle nera.

Una follia collettiva?

Mi sedetti sul divano, avvolgendomi così stretta nel plaid da non riuscire quasi a respirare. Eppure la cosa sembrò aiutare a calmarmi. Dopo infiniti minuti, mi decisi ad alzarmi. Feci per versarmi un caffè, poi pensai che sarebbe stato meglio versarmi un calice di vino. Mi sarei vestita e poi sarei scesa per cercare di capire che follia era mai accaduta; per fortuna oggi era la mia giornata libera al lavoro!

Andai in camera e aprii l'armadio.

I miei occhi si spalancarono. Sentivo letteralmente la pelle del viso tirare. Nell'armadio non c'era nulla di quello che credevo. Due o tre cappotti, qualche giacca. E alcuni spray, di vernice per il corpo. Oddio. Vernice, insomma! Neanche una minuscola mutandina, una canotta, nulla! In un cassetto, trovai dei calzini: forse quelli si dovevano usare per forza, per non aver fastidi nelle scarpe.

Decisi che avrei fatto di tutto per coprirmi il più possibile: presi uno spray di vernice blu notte, pensando che fosse un colore più coprente e, ferma davanti allo specchio, cercai di spruzzare quanta più pelle possibile. Poi misi un paio di stivali alti fino al ginocchio e mi strinsi in un lungo cappotto, abbottonandolo con cura maniacale.

Mi aggirai per le strade, confusa e spaventata. Non capivo cosa fosse successo in quella assurda notte sul divano! Da lontano vidi mia madre, infagottata in un cappotto di montone. Mi precipitai verso di lei, correndo e l'abbracciai. Una donna anziana accanto a lei sbottò:

- Signorina, ma che modi! Un po' di pudore! Ma così si mostrano i sentimenti in giro?! 

La Libraia del turno di notteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora