𝐘𝐨𝐮.

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Christopher si chiuse la porta alle spalle, appoggiando le borse piene di libri a terra, di fianco l'attaccapanni ed infilandosi le chiavi in tasca

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Christopher si chiuse la porta alle spalle, appoggiando le borse piene di libri a terra, di fianco l'attaccapanni ed infilandosi le chiavi in tasca. «C'è nessuno?» chiamò.
«Ci sono solo io» rispose Jeongin, uscendo dalla camera da letto con il libro di inglese in mano.
Il più grande sorrise, osservando come gli occhiali da vista così grandi e così tondi facessero sembrare Jeongin ancora più piccolo di quanto non lo fosse già – rispetto a lui, ovviamente.
«Scusa se ti ho distratto dallo studio – disse, afferrando le tre borse ed avanzando verso la sua stanza – Ero solo curioso di sapere se fossi solo a casa o ci fosse qualcuno a farmi compagnia».
Il minore alzò le spalle. «Non importa, tanto ero ad un punto morto lo stesso – si fermò per un secondo, a pensare – Mi dispiace per ieri, se ho rifiutato il tuo aiuto. Ero arrabbiato con Seungmin per aver lavato Klaus... ci tengo molto a quell'orsacchiotto».
Fu il turno di Chan ad alzare le spalle. «Non fa nulla. Capita a tutti di avere momenti in cui ci si arrabbia per un nonnulla, no? Se hai bisogno di una mano puoi chiedere tranquillamente, non farti problemi» disse, inciampando su una borsa.
Il più piccolo si precipitò verso di lui. «Ti aiuto io» disse, afferrando una borsa con entrambe le mani e trascinandola in camera.
«Grazie».
«Prego».
Tornarono in salotto, dove Christopher si sedette sul divano, un libro in mano e Jeongin lo affiancò con il libro d'inglese.
«Come mai sei tornato con tutti quei libri?» domandò il minore.
«Il CEO dell'agenzia mi ha detto che dovrò leggermeli tutti, prima di essere assunto a contratto indeterminato. Anche se ha intenzione di assumermi lo stesso – spiegò – Per me non è un problema: adoro leggere e adoro imparare cose nuove».
D'altronde, per un ragazzo che era andato a scuola per soli sette anni, imparare cose nuove e leggere sembravano essere la cosa più speciale del mondo.
«Anche a me piace moltissimo leggere – disse Jeongin – E anche studiare. A scuola ero bravo in tutte le materie, tranne inglese. Ecco perché sto frequentando un corso serale di lingua assieme a Hyunjin».
«Sei fortunato ad avere un madrelingua inglese in casa! Anzi, addirittura due!» scherzò l'altro.
Ritornarono alla loro lettura e rimasero lì per un po', facendosi compagnia l'un l'altro senza dire una parola.
Jeongin si voltò verso Chan. «Hyung... mi potresti aiutare con il concetto di be going to e will? Non ho esattamente capito la differenza...» disse.
L'altro annuì, mettendo il segnalibro sul suo testo ed avvicinandosi a lui. La prima cosa che Jeongin notò di lui fu che, a differenza di tutti gli altri ragazzi della compagnia, Christopher era freddo. Era freddo come la neve, e ciò si distingueva da tutto il resto dei maschi di questa Terra. La seconda cosa che notò di lui fu la sua gentilezza: sia nei modi di fare che nelle toccatine che gli dava per sbaglio – vista la vicinanza – Chan era gentile e dolce, sfiorandolo e trattandolo come se fosse stato fatto in vetro.
Si perse lentamente a guardarlo, ad assaporare il tono della sua voce ed a gustare il suo accento australiano, che lo rendeva ancora più affascinante.
«Spero tu abbia capito, ora» disse il maggiore, guardandolo con grandi aspettative.
Jeongin annuì: in effetti ora tutto gli era più chiaro. «Grazie mille» rispose, riprendendo in mano il libro e mettendosi a fare degli esercizi.
Ritornarono ai loro interessi, scambiandosi qualche parola ogni tanto, quando il silenzio diventava troppo pesante. Ad un certo punto Christopher chiuse il libro.
«Jeongin, cosa mi sai dire esattamente di tuo fratello?» domandò.
Il minore rimase spiazzato dalla domanda: perché gli interessava suo fratello? Ma, soprattutto, perché lo domandava a lui? Forse gli piaceva?
«Non saprei... – cominciò, grattandosi la nuca con fare nervoso – I miei genitori lo hanno adottato quando lui aveva nove anni perciò siamo cresciuti assieme per relativamente poco tempo... Siamo sempre andati d'accordo, essendo nati a solo un anno di distanza. Quando lo abbiamo preso con noi non sapeva parlare, né in coreano né in nessun'altra lingua, perciò abbiamo fatto fatica a comunicare all'inizio. Ma è dolce ed educato e non potrei chiedere fratello migliore. Certe volte è un po' troppo testardo, ma ci passi sopra facilmente dopo aver visto la sua faccia. Perché questa domanda? Ti piace?».
Chan si mise subito sulla difensiva, agitando le mani davanti a sé, rosso in volto. «No, no... avevo semplicemente voglia di conoscerlo di più. Con tutti gli altri ragazzi ho già fatto amicizia, tranne che con lui» rispose.
Il minore alzò le spalle. «Da un anno a questa parte, da quando Changbin ha scoperto di piacergli viene trattato come un fazzoletto usa e getta da lui, perciò è un po' restio a fare nuove amicizie...» disse.
L'altro annuì. Perciò, Hwang Hyunjin era arrivato in quel mondo e si era semplicemente adattato, senza avere nemmeno il pensiero di poter aiutare i Ribelli di Deneb ad acclamare un nuovo Re. Avrebbe fatto amicizia con lui e con tutto il resto della compagnia, prima di andargli a chiedere direttamente da dove provenisse.
«E tu? Te e Felix?» chiese Jeongin, curioso.
Chris sorrise. «Felix ed io siamo rimasti orfani quando avevo dieci anni – spiegò – Mi sono sempre preso cura di lui, fin quando non siamo diventati maggiorenni. Io, avendo vissuto in Corea fino alla morte dei nostri genitori conosco il coreano abbastanza bene, avendolo anche continuato a studiare negli anni; mentre Felix lo sa solo perché ogni tanto insistevo a farglielo ripassare. Siamo tornati in Australia poiché avevamo parenti lì e poi siamo venuti qui una settimana fa. Siamo stati fortunati a trovare subito Changbin, con il quale sono amico da una vita, e a trovare voi».
Ci fu una pausa tra i due, per assumere tutte le informazioni ricevute. Poi Jeongin si alzò, porgendo una mano all'altro. «Forza! Io ho fame! E ho proprio intenzione di prepararmi del ramen! Non so se anche tu hai fame, ma se vuoi ti insegno a farlo!» esclamò entusiasta.
Chris sorrise, afferrando la mano dell'altro. «Ho fame anche io e vorrei proprio imparare a fare il ramen!» disse, stando al gioco.
Il sorriso di Jeongin si aprì ancora di più.

«Felix, mi rifiuto di comprarti quella felpa. È un insulto all'intera umanità».
Felix guardò di nuovo la sua felpa rosa con un gattino stilizzato disegnato sopra, non capendo cosa ci fosse di tanto male in quella felpa. Era così carina!
«Non fare quella faccia – lo ammonì Changbin, facendogli togliere la felpa – Pago io e decido io. Non voglio quella cosa in casa».
Inutile dire che, dopo aver sfoggiato uno dei più adorabili bronci mai messi, Felix convinse il più grande a prendergli quella felpa, sfoggiando un sorriso mai visto prima.
Avevano passato il pomeriggio a comprare vestiti, sia per Christopher che per il fratello minore e a comprare materiale scolastico per le lezioni che quest'ultimo avrebbe frequentato a partire dalla sera successiva.
Alle sei e mezza precise arrivò il loro bus, nella fermata davanti al centro commerciale. Riuscirono a prenderlo per un pelo – colpa di Changbin, il quale si era fermato a chiacchierare con il commesso di un negozio musicale per acquistare un nuovo microfono.
«Cosa vorresti mangiare, una volta a casa?» chiese il maggiore, improvvisamente gentile.
Felix ci pensò un po' su. «Mh... Gnocchi di riso? Piccanti?» propose – dopotutto era l'unico cibo che sapesse dire in coreano, avendolo sentito da Seungmin due giorni prima.
L'altro annuì. «Ottima idea» rispose, per poi tirare fuori le cuffie e passandone una al biondo.
Il più piccolo ne prese una, osservandola: a cosa serviva, esattamente?
«Devi metterla nell'orecchio, sai, serve per ascoltare la musica» disse Changbin, ironico.
Felix sorrise, ringraziandolo mentalmente per la spiegazione e lo infilò in un orecchio. La musica che stava ascoltando Changbin era calma e dolce, completamente differente dall'animo dark del più grande.
«La conosco questa! – esclamò improvvisamente Felix, accennando qualche movimento della coreografia della canzone – You gave me reasons why I should love myself».
«Okay campione».
Il viaggio proseguì così, tra il biondo che ballava e canticchiava le canzoni in coreano ed il maggiore che muoveva la testa a ritmo. Poi, improvvisamente, Changbin afferrò un quadernino dallo zaino e si mise a scriverci sopra velocemente.
«È una canzone?» domandò Felix, incuriosito.
Il moro annuì. «Ci sto abbozzando qualche frase sopra, questa notte la finisco» rispose, posandolo di nuovo nella borsa una volta finito di scriverci sopra.
Dovettero aspettare solo altri due minuti prima di scendere nella fermata davanti al loro palazzo. Entrarono poi nell'ascensore, Changbin trascinando i piedi a forza e Felix saltellando dietro di lui.
Il più grande afferrò violentemente il polso del biondo, facendolo smettere. «Muoviti» ringhiò, correndo verso le porte dell'ascensore che stavano per chiudersi.
Lo presero per un pelo, rimanendo incastrati in mezzo ad un gruppo di persone. A spintoni riuscirono infine a farsi spazio fino all'angolo dell'aggeggio, dove Felix si appoggiò al muro, la faccia stravolta.
Il più grande si sentì tirare per una manica e, solo allora notò quanto fosse bianco il volto del ragazzo. «Che succede?» sussurrò, allarmato.
«Sono leggermente claustrofobico» sorrise Felix, ingoiando della saliva e concentrandosi sul volto del maggiore per non pensare alla loro situazione.
E Changbin, abituato ad avere a che fare con Jisung, anche lui claustrofobico, gli prese delicatamente la mano. Il biondo rispose stringendola con forza ed appoggiando la fronte sulla sua spalla, immaginando fosse la spalla del suo amato fratello Christopher.
«Se ne sono andati Felix, siamo solo noi due» disse Changbin, dopo cinque minuti.
Il biondo si staccò dall'altro, come scottato. «Grazie» disse, senza fiato.
Il moro strinse le spalle. «Sono abituato con Jisung, non c'è problema» minimizzò la cosa.
Ci vollero altri cinque minuti buoni prima che i due raggiungessero l'attico. Entrarono in casa, trascinando tutte le borse piene di vestiti dentro l'appartamento. Hyunjin, vedendo tutti quei capi si fiondò su Felix, insistendo per vedere cosa avesse comprato.
«Ma... Changbin, il suo guardaroba è completamente nero!» lo rimproverò con una smorfia di disgusto.
«Non che il tuo sia particolarmente colorato, ti ricordo» ribatté l'altro, mettendosi ai fornelli.
«Sì, ma almeno ho stile. Questi vestiti sembrano usciti fuori dal mercatino tarocco qui di fianco» disse, afferrando con una mano le borse e con l'altra la mano di Felix.
«Fermo! Mi deve aiutare a fare gli gnocchi!» protestò Changbin.
Hyunjin gli fece una pernacchia. «Ora serve a me: devo sperimentare uno nuovo trucco per una signora che si sposerà tra meno di due settimane e Caren mi ha detto di provare a realizzarlo a casa. Inoltre, voglio vedere cosa si può fare per modificare questi vestiti» strillò, trascinandolo in camera con lui.
Felix, essendo stato sballottato da una parte all'altra dell'universo da più di tre giorni, non poté fare altro che lasciarsi andare, seguendo il maggiore nella camerata dei Nati-Dopo-Il-2000.
In meno di due secondi si ritrovò sul letto del ragazzo, Hyunjin sopra le sue gambe ed una marea di trucchi a fianco.
«Vedrai – disse Hyunjin mettendogli del fondotinta – alla fine sarai talmente bello che Gucci verrà a bussare alla nostra porta per assumerti come modello».
Il biondo rise nervosamente, sperando che qualcuno venisse a salvarlo. In fretta.

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ʀᴏᴀᴅ ɴᴏᴛ ᴛᴀᴋᴇɴ | ᴄʜᴀɴɢʟɪx/ʜʏᴜɴʟɪx (ɪɴ ʀᴇᴠɪꜱɪᴏɴᴇ)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora