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«Colpisci più forte, Astraea!» mi urlò contro Vanya mentre manteneva fermo il sacco in cuoio con cui mi stavo allenando

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«Colpisci più forte, Astraea!» mi urlò contro Vanya mentre manteneva fermo il sacco in cuoio con cui mi stavo allenando.

Avevo la fronte completamente imperlata di sudore per tutti gli sforzi che stavo facendo durante quel duro allenamento mattutino.

Sentivo di avere un disperato bisogno di una bella doccia rigenerante, tuttavia, sapevo perfettamente che dovevo tenermi in forma se volevo continuare ad essere degna della posizione reale che ricoprivo su questa Stella Pianeta.

Essere la principessa Eterna di Aracieli implicava che io fossi abbastanza forte da poter sopportare un combattimento, nel caso ce ne fosse stato il bisogno. Inoltre, non potevo certamente essere l'anello debole della famiglia.

I miei genitori ed io e mio fratello Zaedyn eravamo gli unici della nostra specie, gli unici in grado di controllare tutti gli abitanti di questa Stella Pianeta.

Dovevamo essere forti.

Insieme.

La nonna me lo ripeteva spesso e sapevo che anche mia madre e mio padre la pensavano così anche se non mi avevano mai fatto pesare il fatto che io fossi l'unica a non saper utilizzare i miei poteri eterni e distruttivi.

Tra l'altro, ancora non capivo il perché tardassero a manifestarsi.

Tutto ciò, mi stava facendo perdere le speranze che io possa essere una loro pari e che potessi sempre cavarmela da sola nel caso chiunque - Semidei e Divinità - volesse attaccarmi con i loro poteri divini.

Mi sentivo con i nervi a fior di pelle.

Caricai il braccio con la mia mano stretta saldamente in un pugno e colpii, con tutta la forza che avevo, quel stramaledetto ammasso di paglia rivestita dal tessuto duro in cuoio nero.

Quando lo colpii, Vanya arretrò leggermente con il sacco, grugnendo per il leggero dolore che le aveva causato l'impatto del sacco con il suo stomaco.

La Semidea arricciò le labbra e mi guardò con la classica espressione che voleva dirmi: "ti ho detto di colpire più forte, non di farmi delle carezze".

Alzai gli occhi al cielo e sbuffai.

Non ne potevo davvero più.

Basta.

«Non voglio più continuare» affermai, andandomi a sedere sulla panchina situata ad un angolo del muro bianco di quella grande sala allenamenti.

«Non puoi attenderti così, Astraea!» disse Vanya, venendo a piazzarsi proprio dinanzi a me mentre mi slegavo le fasciature che mi ero fatta alle mani per non procurarmi alcuna lesione mentre colpivo il sacco.

Feci finta di non ascoltarla e continuai nella mia impresa che, tutta d'un tratto, mi sembrava decisamente molto più interessante che stare a sentire le lamentele di chi era presente in quella stanza da allenamento.

ASTRAEA "Il sangue degli Eterni"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora