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Vanya mi guardava come se faticasse a riconoscermi

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Vanya mi guardava come se faticasse a riconoscermi.

Era vero, avevo mangiato poco e niente di tutto ciò che era nel mio piatto, tuttavia, non era un evento così tanto raro il mio scarso appetito a tavola.

A volte, capitava, anche se davvero di rado.

«Sei sicura di star bene, Astraea?» mi chiese, continuando a spostare freneticamente lo sguardo dal mio viso alla forchetta in argento che stavo impugnando e che stavo usando per inforchettare il vuoto.

Lasciai che la testa venisse sorretta dalla braccio libero che avevo adagiato sul tavolo imbandito per la colazione e puntai i miei occhi violacei in quei suoi verde chiaro. «Certo che sto bene» le rispose un po' seccata. Era la terza volta che me lo domandava da quando mi era stato servito il primo pasto della giornata.

Il suo sguardo divenne preoccupato. «Io temo proprio di no... non hai mangiato nulla.»

«Vanya ha ragione, Astraea» iniziò col dire mia nonna Crysalide con la stessa preoccupazione negli occhi ocra che avevo visto in quelli della mia amica. «Il contenuto del tuo piatto non è di tuo gradimento? Vuoi che ti faccio servire qualcos'altro?» continuò a domandarmi con un tono di voce quasi agitato.

Sbuffai e scossi la testa. «No, nonna. Il cibo è delizioso ma non ho molto apetito. In questo momento, l'unica cosa che vorrei è andare ad allenarmi in palestra.»

Zaedyn, posizionato accanto alla figura di Vanya di fronte a me, quasi si strozzò con ciò che aveva in bocca per una risata che gli era sfuggita nel sentire quella mia ultima frase. «Vuoi andarti ad allenare? Questa si che è una novità che merita la vostra preoccupazione, Nonna» disse, burlandosi di me.

Lo fulminai con lo sguardo. Quasi provavo dispiacere nel fatto che non si fosse strozzato con il cibo che aveva in bocca, poco prima. «Taci» ringhiai quasi.

I suoi occhi azzurro chiaro si fissarono nei miei. «L'unica che deve tacere e mangiare qui sei tu.»

Strinsi con più forza la forchetta tra le mani e smisi di adagiare la mia guancia sul palmo della mano, lasciandomi sorreggere dal braccio libero, anche se, ancora per poco. Se non fosse stato zitto, nel mio piatto si sarebbero ritrovati gli occhi quasi incolore di mio fratello. «Tu non mi dici ciò che devo fare» affermai, puntandogli contro la forchetta in argento.

Lui mi guardò con un'aria assassina. «Se non metti immediatamente giù quella forchetta, finirà molto male per te, sorellina

«Sto tremando di paura.»

Assottigliò lo sguardo. «Mi stai sfidando, per caso?»

«Adesso smettetela!» urlò mio padre, sovrastando la voce di mio fratello.

Mi voltai a guardarlo, comodamente seduto a capo tavola, dove, al suo fianco, c'era seduta mia madre mentre sorseggiava una tisana calda alle erbe, non curante di ciò che stesse accadendo intorno a lei. Ormai, era abituata ai battibecchi continui che vi erano tra me e mio fratello maggiore.

ASTRAEA "Il sangue degli Eterni"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora