capitolo ventottesimo

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Ayatollah. Ci rimuginò sopra per tutto il tempo, mentre il gruppo continuava a discutere. Arrivò alla conclusione che il significato più vicino a quello che voleva dargli Slash, così le sembrava si chiamasse, doveva essere dittatore. Faceva quasi ridere. Axl non aveva una figura imponente come quella di Matt, non era alto come Duff o dall'aria selvaggia come Slash, eppure sovrastava tutti lasciando aleggiare tensione e sì, anche un briciolo di paura.

Stava instaurando il suo piccolo regno del terrore e lei faceva scrocchiare le giunture delle dita, ancora indecisa su tutta la situazione. Le venne naturale pensare che il lato dolce che aveva visto lei fosse solo la punta di un iceberg infinitamente grande, pieno di sfaccettature ed estremamente vario. Axl era si il ragazzo dolce e divertente che aveva conosciuto, ma anche il bambino di cinque anni che ora stava battendo i piedi per terra. E per un attimo, per un breve attimo, si spaventò.

[In che guaio si era appena ficcata?]

Poi il rifiuto totale.

Non c'era nessun guaio e di questo voleva essere certa.

Axl non era un iceberg e lei lo conosceva bene. Era dolce, gentile, spiritoso. Era perfetto, non un dittatore. Era premuroso, non un Ayatollah.
Ma allora perchè faceva i capricci in quel modo?
Spinse via a viva forza tutti i pensieri e svuotò la mente. Quando non voleva restare incastrata in un groviglio di pensieri proiettava nella sua testa il David di Michelangelo.

Era puro, bianco, perfetto. L'immagine della statua le faceva dimenticare per un po' tutto quello che le passava per la mente ed era quello di cui aveva bisogno in quel preciso istante. Venne riscossa dai suoi pensieri solo dopo un bel po'. Avevano probabilmente finito di discutere ed ora, tutti di malumore, si alzavano e vagavano per la stanza a recuperare pacchetti di sigarette e bottiglie di superalcolici.

Axl era rimasto seduto e con lo sguardo fisso al muro faceva ancora scivolare la mano sulla sua gamba, spingendosi ora anche sotto il vestito. Sembrava perso nei suoi pensieri e lei dovette chiamarlo un paio di volte prima di avere risposta. Le parve un po' giù di corda e pensò in fretta a qualcosa che avrebbe potuto farlo sentire meglio. "Che ne dici di andare al MoMA? Non staremo qui molto credo e mi piacerebbe andarci con te" Lui le sorrise, annuendo e fermando finalmente la mano. "Sicuro"
In onore ai vecchi tempi, andare nei musei era rimasta, per entrambi, l'attività preferita da fare insieme.

A lui veniva sempre in mente la prima volta che l'aveva vista, di fianco a quel grasso uomo d'affari pelato. Contro ogni probabilità, la prima cosa che gli venne in mente quando la vide fu che doveva essere un piacere abbracciarla, era così piccolina!
Poi pensò che era bella, bella davvero e ora, quando la vedeva, non poteva far altro che pensare che finalmente era sua.

Lei invece ripensava sempre a Roma, quella volta che andarono da soli al museo. 'Axl sarà pure un maiale, ma è un maiale divertente'
Sentiva sempre l'irrefrenabile impulso di sbattersi una mano contro la fronte, era un caso disperato. Ma nonostante tutto lei si era perdutamente innamorata.

Era diventato il suo maiale divertente e non poteva esserne più felice.

Le probabilità che quei due finissero insieme erano una su un milione: il famosissimo cantante dei Guns N' Roses e la guida turistica di un museo. Sembrava l'inizio di una barzelletta eppure entrambi si sentivano stranamente completi.

Si appuntò mentalmente di chiamare il direttore degli Uffizi per ringraziarlo, se non l'avesse fatta partire lei sarebbe ancora a Firenze. La sua Firenze. Era passato quanto? Un mese? Eppure già le mancava la sua dolce città natale e la sua secolare bellezza. Chissà quando ci sarebbe tornata, ora come ora non era sicura di nulla.

Axl continuava a starsene per le sue e Greta decise di lasciarlo in pace, lasciando cadere la testa all'indietro sul divano. La stanza ormai era completamente vuota ed il silenzio stava diventando pesante. Lei chiuse gli occhi, e tastò il divano cercando la mano di Axl. Incrociò le dita con le sue e lui apprezzò il gesto in silenzio. Aveva, come sempre, mille pensieri per la testa che ronzavano fastidiosi come mosche ed una gran voglia di sbattere la testa contro il muro. "Micetta?"

Greta aprì piano gli occhi e li posò su di lui. "Ma te li studi di notte tutti sti nomignoli?"
Axl le sorrise, facendo girare l'anello che le aveva lasciato sul medio. "Che ne dici se al museo ci andiamo domani? Ora voglio solo andare a casa e stare insieme" Lo guardò con occhi dolci ed annuì. "Certo, mi va più che bene"

Sapeva essere così maledettamente dolce quello stronzo patentato e lei non sapeva assolutamente resistergli. Lui si alzò e lei lo seguì, uscendo in fretta da quella stanza che iniziava a farsi stretta.

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