Rider strinse la mano di Shannon. Eravamo tutti attorno al suo letto, a farle visita. Travis non se n'era ancora andato da quando si era svegliata, era uscito soltanto per consentire ai medici di visitarla.
Rider le sfregò le mani con le sue mentre la guardava compassionevole. "Perché l'hai fatto?" Le chiese. "È per quel che ti stava succedendo? Camille ci ha raccontato ogni cosa, perché non me l'hai detto? Tu hai idea di quando io mia sia spaventato?"
Shannon voltò lentamente la testa nella sua direzione. "Mi dispiace." Sussurrò con voce rauca.
"Pensavo che fossi morta, Shannon! Credevo che tu sapessi che se avessi avuto bisogno, mi avresti cercato, me ne avresti parlato, nonostante le nostre ultime divergenze. Sei la mia migliore amica... non avrei esitato ad aiutarti."
Shannon strinse le labbra.
"Lo so cosa volevi fare. Pensavi di poter risolvere tutto da sola, ma non ci sei riuscita e perciò hai pensato che... quello... fosse la soluzione migliore. Purtroppo per te però non sei sola, ci siamo anche noi. Il tuo gesto non ha avuto cause solo su te stessa, ma su tutti noi. Non sarebbe finita soltanto la tua vita, ma anche parte della nostra. Quindi la prossima volta, prima di agire stupidamente, rifletti su ciò che fai!" Sbottò.
"Rider..." gracchiò Shannon quando lui si allontanò nervoso dal suo letto.
"No, Shannon! Non voglio ascoltarti ora! In questo posto, qualche mese fa, mio padre se n'è andato. Senza che lo volesse, senza salutarmi neanche, nel modo più terribile che esista e non riesco ad accettarlo, non riesco ad accettare che tu abbia pensato di finire la tua vita per liberarti dei tuoi problemi!"
Nessuno di noi ebbe il coraggio di fiatare o di alzare lo sguardo dal pavimento.
Shannon lo guardò andare via con le lacrime agli occhi.
Quando Rider fu lontano, Travis si avvicinò a Shannon e le posò le labbra sulla fronte, accarezzandole dolcemente una guancia.
Lei mi guardò. Con lo sguardo mi parlò, comunicandomi di andare da lui. "Puoi lasciarci soli?" Mi chiese con voce debole.
Annuii. Arretrai lentamente ed uscii dalla stanza. Chiusi la porta della stanza, attorno a me non c'era traccia di Rider.
Scesi le scale. Lo trovai fuori, seduto sul bordo del marciapiede, accovacciato su se stesso.
Il suo viso era coperto in parte dalle sue braccia.
Mi sedetti accanto a lui e circondai il suo corpo con le mie braccia, appoggiando la mia testa contro la sua.
"Vuoi che me ne vada?" Gli domandai.
"No." Scosse la testa.
Mi sporsi su di lui e gli baciai una guancia bagnata. Non era la prima volta che lo vedevo così fragile, eppure mi faceva ancora male come se lo fosse.
"Non l'avrei fatto comunque." Gli dissi.
Infilai la testa sotto al suo braccio, intrufolandomi tra il suo corpo. Riuscii a strappargli un sorriso. Un sorriso vero e splendido che mi scaldò il cuore.
"Ho fatto una cosa per te." Mi disse, schiarendosi la gola. Si grattò la testa e sorrise lievemente. "Ora che ci penso è piuttosto imbarazzante." Ammise.
"Di che cosa si tratta?" Gli chiesi curiosa.
Lui alzò il busto e tirò fuori quella che sembrava una lettera in carta bianca, dalla tasca posteriore dei suoi jeans. Era un po' stropicciata.
Rider la spiegò con cura.
"Ti ricordi quella letterina che avevi trovato quando sei tornata qui a Manhattan, mentre sistemavi la tua stanza?" Mi chiese.
"Quella che mi hai strappato dalle mani perché dicevi che ci fossero delle brutte parole?" Domandai.
"Si." Annuì. "Te ne ho scritto una per ogni tuo compleanno, anche se non c'eri. Avrei voluto spedirtele ma non ho mai avuto il coraggio." Disse, arrossendo. "Vorrei che tu le leggessi. Quando sei sola." Me le porse.
Poi si alzò. Si asciugò il viso con il bordo della felpa. Si chinò su di me e mi lasciò un tenero bacio.
"Spero di vederti domani."
Lo guardai interdetta mentre si allontanava verso alla sua macchina. Passo dopo passo, scomparve.
Impaziente e ansiosa aprii la busta bianca, come mi aveva detto Rider, al suo interno c'è n'erano tante.
Estrassi la prima e istintivamente sorrisi. La scritta: "Buon non compleanno Camomilla." A caratteri cubitali e di mille colori mi fece ridere.
Pensai a quel momento. Al Rider bambino. Così vispo, bello e dispettoso.
La aprii.(Camille 11, Rider 12)
"Ciao Camomilla, mi piace tanto giocare con te quando tuo fratello è addormentato. Ma poi si sveglia e devo farti qualche dispetto perché Travis altrimenti si ingelosisce se ci vede andare d'accordo e non mi fa più andare a casa vostra e io non voglio. Buon compleanno, spero tanto che il cappellino rosa che ti ho regalato ti piaccia!"
Non avrei mai pensato che Rider, a quell'età, pensasse ciò di me.

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The boy who stole my heart
RomanceRider Smith è uno degli studenti più belli e popolari del liceo che frequenta. Bei voti, un ruolo fondamentale nella squadra di football, una bella famiglia e tante ragazze ai suoi piedi, non potrebbe chiedere di meglio. Le sue giornate cambiano qu...