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Travis' pov

Nonostante fossi arrabbiato con mia sorella, sentirla piangere dall'altra parte del muro era straziante. Erano ore che continuava, tutto d'un passo, senza prender neanche un respiro. Non riuscivo a dormire sapendo che stava in quelle condizioni.
Erano le quattro del mattino quando tacque. Silenziosamente mi alzai ed entrai in camera sua. Mi avvicinai, sentire il suo respiro pesante mi rassicurò.
Aveva un'espressione affranta anche mentre dormiva. Le spostai i capelli che si erano appiccicati al viso da davanti e la coprii meglio.
Le tolsi il telefono da accanto alla testa e lo misi a caricare, spegnendolo.
Uscii dalla sua stanza, socchiudendo la porta e finalmente mi addormentai anche io, sopraffatto da mille pensieri che mi viaggiavano per la mente.
Al mattino successivo, quando la mia sveglia suonò, la buttai giù con un colpo. Era domenica, ma dovevo comunque alzarmi presto per raggiungere Shannon in tempo per l'orario delle visite.
In casa regnava il silenzio. Quando mi affacciai nella stanza di Camille, lei dormiva ancora profondamente. Guardandola, avrei voluto assorbire tutto il suo dolore o guarirlo come quando era più piccola e bastava un piccolo bacio a farla sorridere. Era cresciuta così tanto, così velocemente, senza che neanche me ne accorgessi.
Era passata da essere una bimba che giocava con le bambole ad una giovane donna con il cuore spezzato da mezzi uomini sbagliati. Un cuore troppo grande e speciale per gli altri.
Con un sospiro carico di frustrazione scesi le scale e uscii di casa, dimenticandomi persino di fare la colazione.
Mi ero preoccupato soltanto di recuperare le chiavi della mia macchina.
Mentre la aprivo con il bottone e attraversavo il giardino, chiamai Shannon con il mio telefono. Lei rispose dopo pochi squilli. La sua voce mi alleggerì il cuore per qualche misero secondo.
"Buongiorno piccola, come stai?" La salutai.
Aprii la portiera dell'auto e mi sedetti, agganciandomi goffamente la cintura di sicurezza.
"Più o meno bene, mi hanno visitata da presto. Non vedo l'ora di vederti." Rispose.
"A proposito di questo, oggi arriverò un po' più tardi del solito. Devo passare a fare una cosa importante, ma ti prometto che farò a tempo. Non vedo l'ora di vederti anche io." Dissi.
"Cosa devi fare di tanto importante la domenica mattina?" Chiese.
"Ti spiegherò più tardi." Rimasi vago.
"Okay... a dopo."
Chiusa la chiamata e misi in moto, partendo a tutto gas.
Avevo sempre amato stare tanto vicini, raggiungerci era una questione di secondi, ma quel giorno, per Rider, era tutto fuorché un pregio vivere a meno di cinque minuti di distanza da casa mia.
Bussai alla porta di casa sua, Anne venne ad aprirmi con un dolce sorriso. "Travis! Che sorpresa vederti, non ci beccavamo da tanto tempo!" Esclamò con allegria.  "Scommetto che stai cercando Rider, quel pignone dorme ancora come un sasso. Va pure a svegliarlo." Mi concesse.
"Oh, sarà un piacere Anne." Le sorrisi.
Avanzai per l'ampio soggiorno e imboccai le scale a chiocciola, salendo al piano superiore.
La stanza di Rider era chiusa. Aprendo la porta, come aveva previsto la mamma, stava ancora dormendo steso a pancia in giù sul suo letto.
Mentre lo guardavo, così apparentemente sereno, la rabbia ammontò in me.
Con soli tre passi lo raggiunsi, afferrai la bottiglia d'acqua che aveva sul comodino e gliene buttai qualche goccia sul viso, sufficiente a svegliarlo.
Strabuzzò gli occhi, guardandosi attorno confuso.
Incrociai le braccia al petto.
Si alzò su un gomito asciugandosi il viso. "Travis." Brontolò. "Che cavolo fai?"
Lo agguantai per il collo e lo feci alzare dal letto. Mise le mani sulle mie braccia, cercando di allontanarmi. Le immagini di mia sorella in lacrime mi ritornarono in mente. Il suo viso rosso è gonfio per il pianto, la sua espressione devastata.
Con furia lo sbattei al muro. Non gli diedi il tempo di reagire. Non se lo meritava. Con un pugno lo colpii in pieno viso, con forza e rabbia.
"Questo è per averla fatta soffrire." Gli dissi, guardandolo con disprezzo. "Ti avevo avvertito, se mai l'avessi vista versare una sola lacrima a causa tua l'avresti pagata cara." 
Quando pensava che avessi finito, gliene sferrai un altro dall'altra parte del viso. Per fortuna sua, lo colpii con la mano sinistra, il livido non sarebbe rimasto per troppo tempo, ma per un tempo sufficiente affinché si ricordasse di me.
"Questo invece era per avermi mentito, stupido bastardo." Aggiunsi. "Pensavi che mi avrebbe fermato il fatto che sei un fottuto armadio?"
"Non te l'ho mai detto proprio per questo motivo! Perché quando si tratta di tua sorella non ragioni!" Sbottò, tenendomi lontano.
"Mia sorella eh? Adesso che non ne hai più bisogno, è soltanto questo per te!?" Alzai la voce.
"Non è così semplice come credi." Distolse lo sguardo.
"Invece credo che era semplice finché te la facevi soltanto. Scommetto che te la sei scopato!"
Lo colpii nel petto, facendolo sbattere contro al muro.
"Finché si trattava solo di quello, era semplice. È quando c'è voluto il cervello, quando c'era bisogno di sederti e parlarle, che è diventato difficile. Immagino sia stata una situazione scomoda!"
"Non è così, Travis. Tu non sai niente di noi due..."
"E non voglio neanche! Risparmiami le cazzate che pensavi di rifilarmi, per il momento voglio solo che stai alla larga da me e da Camille!" Gli puntai un dito contro.
Arretrai con i passi, finché non fui fuori dalla sua stanza. Scesi rapidamente le scale e uscii fuori da casa sua. Anne rimase a guardarmi, confusa.
Salii nella mia macchina con il sangue che mi ribolliva nelle vene. Strinsi le mani attorno al volante, gridai a pieni polmoni.

The boy who stole my heart Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora