Era un pomeriggio abbastanza noioso. Stavo sul mio divano stravaccata a contemplare il soffitto.
Mio fratello era uscito con alcuni suoi amici della squadra di football per allenarsi in occasione della prima partita del campionato che si sarebbe svolta questo sabato.
La serratura della porta scattò e immediatamente balzai in piedi, pensando si trattasse dei miei genitori.
Se mi avessero vista stesa nel divano a far niente se la sarebbero presa tantissimo.
Sull'uscio della porta però apparve Rider. Si era cambiato, indossava dei pantaloni di tuta a vita bassa beige e una maglietta bianca.
"Mi aspettavi con impazienza, eh?" Ghignò.
Sollevata, mi ristesi nel divano.
Lui avanzò fino a raggiungermi.
"Dov'è finito Travis? Non mi risponde al telefono." Mi chiese, poi.
"È uscito con alcuni ragazzi della squadra per allenarsi. Non l'avrà sentito." Risposi, raggirandomi una matita fra le mani.
"Uhm okay, non mi ha detto niente." Mormorò.
"Rider..." dissi. Lasciai la frase in sospeso,
chiedendomi se fosse il caso.
Lui mi guardò in attesa che continuassi.
"Mi aiuteresti ancora con i compiti di chimica?" Trovai il coraggio di domandargli.
Il suo sguardo si illuminò. I suoi occhi grigi diventavano di una tonalità più vicina al celeste ogni volta che era sereno.
"Ti aiuterei volentieri Camomilla, ma tra dieci minuti ho un appuntamento e non posso mancare." Mi disse.
Ci rimasi male, lo ammetto.
"Oh okay." Dissi, pacata.
"Ora vado, devo guidare per un po'." Mi avvisò. Si voltò e come era entrato se ne uscii.
Mi sentii una stupida e rimpiansi di averglielo chiesto.
Probabilmente stava raggiungendo Shannon per rintanarsi in casa e fare sesso per il resto della giornata.
Aveva fatto intendere che era piuttosto attivo.
Nervosa e delusa decisi di schiacciare un pisolino. Dormire era l'unico modo per non pensare, magari mi sarei svegliata meglio.
Mi coprii con una coperta che tenevamo sempre nel cassetto del divano, appoggiai la testa sul cuscino e caddi in un sonno profondo.Mi svegliai sentendo uno strano solletico ai piedi, li tirai su, accovacciandomi, inspirai e tornai a dormire.
In seguito mi parve di sentire una risatina famigliare.
Aprii un occhio e vidi Rider davanti a me. La sua figura era ancora un po' sfocata poiché i miei occhi non si erano abituati alla luce, anche se il tempo si era scurito rispetto a quando mi ero messa a dormire.
Guardai l'orologio da parete, segnavano le sei. Erano passate tre ore da quando se n'era andato.
"Che ci fai qui?" Borbottai, mettendomi seduta.
Non aveva affatto l'aria di uno che aveva appena fatto sesso, ma probabilmente si era solo sistemato.
"Non essere così felice di vedermi, però." Ridacchiò, strizzandomi una guancia.
"Non avevi un appuntamento?" Gli chiesi, lanciandogli un'occhiataccia.
"Si, ero dal tatuatore."
Sbattei le palpebre.
"Dal tatuatore?" Sbottai, sentendomi ancora più stupida di prima. "Ti sei fatto un tatuaggio?"
"Si! Mi dispiace averti lasciata così, ma l'avevo prenotato da un mese ed è difficilissimo trovare un buco nella sua agenda."
"Posso... vederlo?" Chiesi, curiosa.
Lui annuì. Afferrò i lembi della sua maglietta e se la sfilò dalla testa. Il suo fisico abbronzato e ben scolpito mi lasciò un attimo di stucco.
Una medicazione gli occupava praticamente tutto il petto. Con cautela se la staccò e me lo mostrò.
Si trattava di una scritta larga più o meno cinque centimetri, leggermente incurvata, lunga da un'estremità all'altra. Nera.
Attorno alle linee, la pelle era arrossata.
C'era scritto: 'even angels fall. (Persino gli angeli cadono.)
Esteriormente avevo uno stile piuttosto trasgressivo, da maschio. Si addiceva proprio alla sua personalità.
Ma il significato delle parole erano tutt'altro.
Allungai un dito e lo sfiorai. Lui trattenne il respiro.
"Ti piace?" Mi chiese.
"Molto." Risposi sincera. "Mi ha colpito il contrasto fra il messaggio che da lo stile della frase e il messaggio che la frase vuole far intendere."
Lui sorrise.
Per qualche strano motivo mi parve che Rider volesse trasmettere anche un altro messaggio. Come se quel tatuaggio fosse una rappresentazione di se stesso.
All'apparenza anche lui era selvaggio, un duro. Sembrava tanto sicuro di se da sentirsi l'universo sotto ai piedi.
Era un'idea comune pensare che quelli come lui fossero imbattibili. Forti colonne che resistevano al tempo.
Dentro di se però era un mondo da scoprire.
"Ti ha fatto male?" Gli domandai, alzando gli occhi suoi suoi.
"Non tanto, il primo che ho fatto è stato più doloroso." Ridacchiò.
"Ne hai un altro? Dove ce l'hai?" Mi raddrizzai.
"Non puoi vederlo." Disse.
Io mi rabbuiai.
"Non perché sei tu, ma perché ce l'ho in un posto intimo."
Istintivamente abbassai lo sguardo sul suo inguine.
"Non ti sarai mica fatto un tatuaggio... lì." Chiesi, indicandogli il cavallo dei pantaloni, perplessa.
Lui si grattò la testa e ridacchiò.
"Quanto eri ubriaco?" Domandai.
Scosse la testa. "Ero sobrissimo. È solo che non tutti possono vederlo." Mi confidò. Per un istante il suo sguardo si fece profondo.
Non riuscii a coglierne il significato.
"Non è giusto." Protestai.
"Chissà, magari un giorno lo vedrai." Mi fece l'occhiolino.
Alzai gli occhi al cielo. Eccolo tornato quello di sempre.
"Comunque ti ho riportato il libro." Mi disse. Si spostò e da dietro alla sua schiena prese il mio romanzo, quello con cui l'avevo sfidato.
"Ah! Sapevo che non ci saresti riuscito a leggerlo!" Battei le mani.
"In realtà l'ho finito ieri."
"Cosa? È impossibile!" Esclamai.
"Invece è possibile eccome!" Si vantò. "La protagonista è stata una stronza ad averlo lasciato quando lui le ha chiesto di rimanere." Mi disse.
Accidenti, l'aveva letto per davvero.
"Ma non poteva rimanere, aveva bisogno di sbrigare i suoi problemi da sola, senza il suo aiuto." Obiettai.
"Se n'è andata via ed è stata con altri uomini, senza pensare a lui, nonostante sapesse quello che lui provava per lei. E ovviamente, quando l'ha visto con un'altra, si è anche arrabbiata."
Non potevo dargli torto.
"Però alla fine si sono ritrovati."
"Non so se io l'avrei fatto."
"Cosa?"
"Aspettarla per tutto quel tempo, sapendo che si divertiva alle mie spalle con altri e faceva con loro alcune cose che faceva anche con me. Questioni importanti a parte."
"Neanche se ti avesse promesso che sarebbe tornata per te e sapevi che lei ti amava? Rinunceresti a lei dopo averla adorata tanto?"
Lui mi guardò. "No." Sospirò. "Probabilmente l'aspetterei." Ammise. "Ma solo perché sarei sicuro che una come lei non la troverei mai più e rimarrei infelice per il resto della vita."
"In conclusione, ora non potrai più mettere in dubbio la mia intelligenza."
Ero stata proprio io a dirglielo quando l'avevo sfidato a leggere il mio libro. Sapevo che non bastava saper leggere un romanzo per essere intelligenti, ero solo un modo per infastidirlo.
Lui si rimise la medicazione e si infilò di nuovo la maglietta.
Io andai a prendere il libro di chimica e glielo porsi.
Si ricordava ancora le pagine perché andò dritto sul segno.
In quei giorni avevo notato alcuni particolari di Rider a cui non avevo mai fatto caso, come per esempio la serietà che ci metteva a scuola. Fuori si comportava come un buffone, ma quando si trattava dello studio era molto responsabile. Oppure il fatto che non sopportasse i capelli ordinati, infatti li teneva sempre scompigliati, come se si fosse appena svegliato.
Aveva un braccialetto al polso, d'oro, che non toglieva mai.
"Chi te l'ha regalato quel braccialetto?" Gli chiesi, indicandolo.
Lui spostò lo sguardo sul suo polso.
"Mio... padre." Rispose. "Ti ho sottolineato i concetti più importanti." Cambiò argomento.
Conoscevo i suoi genitori, cenavamo spesso assieme ed erano colleghi dei miei, ma niente di più.
Non sapevo che rapporto aveva con loro.
Decisi di non essere invadente.
"Devi ricordarti che questo numero qui viene sempre associato a questa lettera, come quest'altra con questo e..."
Io lo guardai confusa. Quando notò la mia espressione, scoppiò a ridere.
Lui si sistemò meglio accanto a me, prese il libro sulle ginocchia e mi disse di ascoltarlo bene che me lo avrebbe spiegato meglio, con più precisione.
La sua voce era rilassante. Ogni qualvolta aggrottavo la fronte perché non capivo lui lo ripeteva senza stancarsi.
Riuscii a completare tutti gli esercizi assegnati senza fatica.

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The boy who stole my heart
RomanceRider Smith è uno degli studenti più belli e popolari del liceo che frequenta. Bei voti, un ruolo fondamentale nella squadra di football, una bella famiglia e tante ragazze ai suoi piedi, non potrebbe chiedere di meglio. Le sue giornate cambiano qu...