Quando tornammo a casa, al termine delle lezioni, Rider, prima di scendere dalla macchina di mio fratello per tornare a casa sua, mi lasciò un bigliettino in cui c'era scritta l'ora in cui ci saremo dovuti vedere nel caso io avessi accettato.
Una volta sceso, infilai il bigliettino in tasca e mi voltai verso mio fratello.
"Che c'è?" Mi chiese, sentendosi osservato con una certa insistenza.
"Come è andata la festa di compleanno di Cindy?" Gli domandai.
Lui sbatté le palpebre, preso alla sprovvista.
"Perché me lo chiedi?" Si mise immediatamente sulla difensiva.
"Perché non ti ho visto niente. Sei sparito. Ti sei divertito?" Inarcai le sopracciglia.
"Si..." annuì.
"Non mi sembri molto convinto." Notai.
Lui picchiettò le dita sul volante e tenne lo sguardo fisso davanti a se per qualche secondo, poi si girò verso di me e sospirò.
"Lo sai, non è così?"
"So cosa?" Feci finta di non sapere.
"Di me e Cindy."
"Di te e Cindy che cosa?" Insistetti.
"Di me e Cindy che facciamo... si insomma... quelle roba lì." Balbettò. Fu divertente vederlo arrossire per l'imbarazzo.
"Per caso volevi dire sesso? Non ho più sei anni."
"Mi dispiace." Mormorò.
"Per cosa ti dispiace? Per esser stato con lei e averla lasciata sola subito dopo? Per non averle dato una spiegazione? Per averla ignorata? O per esser uscito con un'altra ragazza prima di infilarti dentro di lei, o di aver flirtato con la stessa questa mattina? Spero ti dispiaccia per aver fatto il doppio gioco." Sbottai, irritata.
"Cosa?" Si fermò di colpo.
Ci eravamo parcheggiati davanti a casa.
"Non sei arrabbiata perché sono andato a letto con lei?" Mi chiese.
"Eh? No! Cioè... potete fare tutto quello che volete, a me importa che tu non la faccia soffrire!"
"Io... non volevo lasciarla così, di punto in bianco. E nemmeno ignorarla. È solo che mentre stavo con lei... mi sei venuta tu in mente e ho pensato che se l'avessi scoperto ti saresti infuriata tantissimo con me, e ho pensato che se tu e Rider faceste sesso, o usciste insieme, io mi arrabbierei a morte, perciò mi sono sentito in dovere di allontanarmi." Mi spiegò.
Quasi mi andò di traverso la saliva quando nominò me e Rider.
"A te piace Cindy?" Gli chiesi.
Lui rimase un po' interdetto davanti alla mia schiettezza.
Lui arrossì di nuovo.
Era buffo come mio fratello passasse da fare lo sbruffone con mezza scuola ad imbarazzarsi come un ragazzino.
"Beh si... è diventata molto carina ultimamente." Ridacchiò.
"Io non ho problemi se tu hai intenzione di frequentarla. Voglio solo che tu sia corretto nei suoi confronti. Che non la illuda."
Lui si mosse un po' a disagio.
"Sei sicura che non ti da fastidio?" Si assicurò.
"Si, sono sicura."
"E che dovrei fare?" Bisbigliò.
"Prima di tutto dovresti... non so, come minimo chiederle scusa? Dopodiché chiarire con lei. E se hai intenzione di fare sul serio, chiudere con qualsiasi altra ragazza."
"Okay, ci rifletterò sopra. Scusa." Mi disse. "Comunque... che ci facevi sta mattina con Jack?!" Cambiò tono.
Era ritornato nelle vesti da fratello maggiore protettivo.
"Mi sono fatta accompagnare a lezione." Scrollai le spalle.
Aprii la portiera e uscii dalla sua auto.
"Si, ma perché da lui? Potevi aspettare me." Protestò.
"Eri impaginato con quella Emily, mi stavi infastidendo per quel motivo che ti ho appena detto e allora ti ho voluto fare un dispetto, vedo che ha funzionato." Risi.
"Non osare mai più, adesso va a vantarsi in giro che tu e lui avete una storia."
"Ma non è così. Non è per niente il mio tipo." Lo rassicurai.
Entrai in casa e mi precipitai di sopra. Aprii la mano e fissai la calligrafia di Rider, sul bigliettino.
Non sapevo bene come comportarmi. Non volevo che mio fratello scoprisse di Mason. Lo odiava terribilmente. Mi aveva pregata affinché gli stessi lontana. E se venisse a scoprirlo si arrabbierebbe tanto da non rivolgermi più la parola probabilmente.
Mi sentii costretta ad accettare.
Attaccai il bigliettino alla mia bacheca.
Mi spogliai dal pigiama e mi vestii con degli abiti semplici.
Un pantalone di tuta nero, una maglietta a maniche lunghe bianca e le converse bianche ai piedi.
"Trav, io esco." Lo avvisai.
Erano più o meno le tre meno dieci minuti.
"Dove vai?" Chiese, corrugando la fronte.
"In biblioteca, devo cercare un libro per un saggio di letteratura." Mentii.
"Oh, okay." Ci cascò.
In realtà dovevo veramente cercare quel libro per il saggio che avrei dovuto consegnare la settimana che seguiva. L'avrei fatto l'indomani.
Attraversai la strada e scesi giù per la via, dietro casa mia. Rider aveva parcheggiato abbastanza lontano da non farsi vedere da Travis.
Aprii la portiera e mi sedetti affianco a lui senza fiatare.
Ce l'avevo ancora con lui per avermi ricattata.
"Non fare il broncio." Cantilenò.
Anche lui si era cambiato dai vestiti di sta mattina. Si era messo un paio di jeans neri e una maglietta grigia che si intonava con i suoi occhi.
Si notavano più del solito. Talmente splendenti da non passare inosservato.
"Cosa hai intenzione di fare?" Gli domandai.
"Non ho programmi, troveremo il modo di divertirci." Rispose con una scrollata di spalle.
Mise in moto e partimmo.
Mentre lui era concentrato sulla guida io controllai i messaggi sul mio telefono.
"Ancora lui." Bisbigliai, infastidita, quando notai la chat di Theo in cima.
Presi un respiro profondo prima di aprire la foto che mi aveva mandato.
Ritraeva sempre me, ma quella volta ero in camera mia ed ero mezzo nuda. Indossavo solo il mio reggiseno nero.
Era stata scattata probabilmente mentre mi spogliavo dal pigiama.
Al pensiero che fosse stato così vicino a me e non me ne fossi accorta rabbrividii.
"Mi mancava vederti in questo modo." Scrisse.
Il telefono mi cadde di mano.
"Tutto okay Camomilla?" Mi domandò Rider, guardandomi confuso.
"...si." Risposi con un sospiro.
Arrivammo in centro città e Rider spense la macchina.
Riposi il telefono in tasca e mi costrinsi a non pensarci. Avevo assolutamente bisogno di distrarmi.
Scesi dall'auto e seguii Rider all'interno del centro commerciale. Era immenso. Come qualsiasi cosa a New York, del resto.
Le pareti erano costituite interamente di vetrate alla quale si poteva vedere da dentro verso fuori. Era da tanto che non ci entravo.
Mi ricordo che quando ero più piccola adoravo entrarci. Il mio posto preferito era la sala giochi, grande quanto casa mia. La grande insegna a neon era larga almeno cinque metri.
Rider colse il mio sguardo e rise. Mi prese per un braccio e mi trascinò all'interno.
"Guarda!" Esclamai estasiata. Mi affacciai al vetro di una di quelle cabine trasparenti che contenevano peluches di ogni tipo.
Sembravano tutti terribilmente soffici che gli avrei voluti sul mio letto.
Mi fermai all'improvviso e mi resi conto che dovevo sembrare proprio una bambina. Sicuramente non era abituato ad uscire con ragazze che perdevano la testa per dei pupazzi.
Mi scostai e mi voltai verso di lui.
Rider tuttavia tirò fuori il suo portafoglio, prese una moneta e la inserì nell'apposito spazio.
"Che fai...?" Gli chiesi.
"Gioco." Rispose in tono ovvio. "Quale proviamo a prendere?" Mi domandò.
"Il Leone!" Strillai.
"Vedrai che lo prendo al primo colpo! Sono un professionista!" Si vantò.
Schiacciò play e mosse la manovella.
Strinse gli occhi e si morse il labbro inferiore, determinato a prendere il peluche.
Purtroppo la pinza non lo tenne a lungo e la partita terminò.
"Accidenti!" Sbottò.
"Non eri un professionista?" Risi.
"È questa macchina che imbroglia!" Borbottò. Con quel cipiglio in viso era adorabile.
Tirò fuori un'altra moneta e le infilò, imperterrito.
Impugnò con rabbia la manovella e rapidamente la spostò nella direzione del buco d'uscita. Il peluche si era incastrato abbastanza bene alla pinza e con la partita precedente l'aveva spostato abbastanza vicino da provare a prenderlo prima che il tempo scadesse.
Lasciò andare il peluche che cadde sul buco e scivolò giù.
"Si!" Gridai.
Lui raccolse il leone di peluche e me lo porse.
Io lo guardai perplessa.
"Tu non lo vuoi?" Gli chiesi.
"No, non me faccio niente. Te lo regalo." Mi disse, allegro, allontanandosi per raggiungere il tavolo da air hockey.
"Pronta ad essere umiliata?" Ghignò, prendendo in mano un piattino.
Io camminai fingendomi spavalda, presi il mio piattino e lo guardai con sufficienza. In realtà non me la cavavo benissimo. Lui apparì divertito.
"Siccome sono un gentiluomo faccio cominciare a te." Mi disse, porgendomi il disco.
Mi misi in posizione e lanciai il disco diretto verso la sua porta, lui ovviamente la fermò agilmente e la rimandola nel mio campo.
Riuscii a placcarla e ribattei, facendola entrare nella sua porta.
"Goal!" Urlai, alzando le braccia in aria, lungo la testa. Saltellai felice.
Rider non si scoraggiò affatto, la prese come un incoraggiamento per fare del suo meglio. Dopo il mio primo goal non mi diede più tregua.
Iniziò a fare un goal dopo l'altro, sconfiggendomi brutalmente.
"Questo gioco è noioso." Protestai.
Lui rise. "Certo."
"Adesso decido io." Esclamai. Lui acconsentì. Mi guardai attorno scrutando ogni gioco a portata di vista.
"Quello!" Decisi, indicando la battle dance.
Quando eravamo piccoli ci divertivamo un mondo. Era il mio gioco preferito fra tutti. Mi ricordo che dovevano minacciarmi per farmi scendere di lì.
Rider digitò la partita per due e inserì le monete. Ci mettemmo al centro. Nello schermo comparì un countdown di tre secondi, dopodiché partimmo con la musica.
Era difficile riuscir a seguire passo per passo e concentrarsi allo stesso tempo sul colore, ma era proprio quello il bello del gioco.
Rider lanciò imprecazioni una dietro l'altra.
Scoppiai a ridere quando ad un certo punto si doveva saltare mentre ci si girava e incrociare contemporaneamente le gambe e lui cadde.
Mi piegai per terra, tenendomi la pancia mentre i miei occhi lacrimavano per quanto stavo ridendo.
"Credo di star per morire." Mormorò, chiudendo gli occhi. "Ho bisogno della respirazione bocca a bocca."
"Va bene." Dissi.
Silenziosamente presi il leone di peluche che avevo lasciato ai piedi del gioco e mi avvicinai al suo viso.
Presi il peluche con entrambe le mani e posai il suo muso sulle labbra di Rider.
"Non pensavo che le tue labbra sarebbero state così pelose." Rise.
Quando si rimise in piedi si stiracchiò come un gattino.
"Tutto questo movimento mi ha messo fame." Commentò toccandosi lo stomaco con la mano destra.
Uscimmo dalla sala giochi e ci recammo nel McDonald's del centro commerciale. Rider ordinò due menù completi più tre contorni.
Ci sedemmo su un tavolo in disparte.
Aprì il suo panino con l'hamburger, l'insalata il formaggio e il bacon e ci mise dentro le patatine fritte e la salsa maionese.
Lo guardai stranita mentre con un morso se ne mangiò un quarto.
Il mio panino in confronto sembrava una briciola.
Lo mangiai con calma, gustandomelo a pieno.
"Assaggia." Mi disse, porgendomene un pezzo.
Non fui molto convinta.
"Vedrai che ti piacerà." Deglutì. Bevve un sorso della sua Coca-Cola.
Lo afferrai e ne mangiai un boccone. Aveva ragione: era piuttosto buono tutto l'insieme.
Decidemmo di scambiarci i panini.
"Rider... forse è meglio che mio fratello non sappia che siamo usciti insieme oggi." Gli dissi.
Appoggiò i gomiti al tavolo e si sporse verso di me. Avevo il suo viso terribilmente vicino. Tanto che potei osservare le sfumature azzurre nei suoi occhi grigi.
L'odore del suo dopobarba mi invase le narici.
"Mi stai chiedendo di mantenerlo segreto?" Ghignò.
"Non converrebbe neanche a te. Anche se non abbiamo fatto niente di male, sai che ti prenderebbe a calci comunque." Obiettai.
"Posso accettarlo." Convenne.
Lasciai andare un piccolo sospiro. Ero partita arrabbiata con lui, ma l'irritazione che avevo provato nei suoi confronti era sparita nel momento stesso in cui ero entrata nella sua macchina.
Dovevo ammettere che avevo passato una bella serata. Non avevamo fatto niente di particolare stravagante, ma mi ero divertita tanto.
Mi ero persino dimenticata dei messaggi che mi mandava Theo per tutto il tempo.
Inclinò la testa e mi scrutò.
"A cosa stai pensando?" Gli chiesi.
Lui non rispose, si limitò a farmi un sorrisetto.

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The boy who stole my heart
RomanceRider Smith è uno degli studenti più belli e popolari del liceo che frequenta. Bei voti, un ruolo fondamentale nella squadra di football, una bella famiglia e tante ragazze ai suoi piedi, non potrebbe chiedere di meglio. Le sue giornate cambiano qu...