Capitolo 17

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27 giugno, Greenhouse Park.

È strano sentire di nuovo la sensazione del sole sulla pelle; quel lieve tepore simile ad una carezza leggera, quella luce accecante che cancella ogni altra cosa, quei colori talmente saturi da sembrare un dipinto.

Le foglie degli alberi risplendono come piccoli smeraldi e l'erba verde luccica a causa della rugiada, il vento produce una lieve melodia scuotendo rami e cespugli e gli uccellini appena nati pigolano in cerca di cibo o magari perché sentono la mancanza della loro madre.

Non venivo in questo posto da tempo: da quando erano appena cominciate le lezioni ed io passavo il mio tempo qui a studiare seduta contro il tronco di un albero. Almeno fino a che non ho conosciuto Owen; da allora abbiamo sempre studiato nella sua stanza del college o nella biblioteca della scuola.

Stiamo andando proprio in quella direzione.
La moto di Gavriel è rimasta parcheggiata là dalla mattina in cui è stato 'rapito' da Will; i due ragazzi, infatti, avevano usato la macchina di Owen per raggiungere la villa sul mare.
Inoltre la seconda macchina del mio migliore amico - quella aggiustata dopo il nostro incidente - posteggia nel garage dell'istituto.

Il piano è quello di prendere i due veicoli, visto che siamo in tre, e raggiungere Owen che presupponiamo sia ritornato nel posto in cui è stato compiuto il rituale di trasporto per il Limbo.

"Non capisco perché stiamo facendo questa strada... ce n'è una più breve che passa tra le case" commenta Gavriel qualche passo più indietro.
"Ho soltanto approfittato della situazione per tornare in un posto che credevo di aver dimenticato" rispondo con un lieve sorriso sul viso rivolto verso le macchie di cielo azzurro che sbucano tra le fronde verdeggianti.

Non tutti i ricordi che il parco rievoca sono felici: il periodo che mi legava a questo posto è lo stesso in cui ho deciso di lasciarmi alle spalle la mia vita, la mia famiglia, di tagliare i ponti con quel passato che mi era stato cucito addosso con la forza.
Ci ho messo tempo ad abituarmi alla mia nuova vita - la presenza di Owen di certo è stata fondamentale - e da allora ho voluto dimenticare anche questo piccolo paradiso terrestre.

Non ho ancora capito perché ho deciso di ritornarci proprio oggi, forse per ricordare quei giorni in cui i miei problemi erano grandi neanche la metà di quelli attuali o forse per dire addio a quella ragazza insicura che ero un tempo. Quella ragazza che aveva imparato a costruire intorno a sé una corazza impermeabile ai sentimenti e alle persone, che ora però stava crollando completamente.

Sto percorrendo la stessa strada che facevo mesi fa, la stessa che portava a quell'albero un po' più distante dal sentiero principale, nascosto da cespugli alti e tronchi aggrovigliati, lontano dagli sguardi delle altre persone.

Imbocco la stessa deviazione che ormai conosco a memoria, quella segnata da un tronco spezzato, giro intorno all'arbusto senza vita e scivolo tra due siepi di rose rosse.

Ed eccolo là: il mio albero.

Una pianta dal tronco basso e levigato di un marrone scurissimo e dalle foglie di un viola intenso.
Mi avvicino e mi inginocchio sfiorandone la corteccia rigida, le mie labbra si incurvano in un sorriso quando scorgo l'incisione che avevo fatto durante uno dei pomeriggi passati a studiare.
'Owned by Pandora.
Will be cursed he who dares to sit under it' leggo nella mente.

Di proprietà di Pandora.
Sia maledetto chi osa sedersi qui sotto.

"Mirin, non voglio essere scortese, ma non abbiamo tempo"
Mi alzo da terra e sposto il mio sguardo su Mizu, ha le sopracciglia aggrottate e un'espressione quasi addolorata: mi fa tenerezza nel suo aspetto umano.

Becoming Death, non sfidare la morteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora