Capitolo 20

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Gavriel

29 giugno, Saint Cross Hospital.

Odio sentirmi impotente.
Vedere Alex che tiene bloccato a terra l'esile corpo di Pandora senza poter fare niente mi sta uccidendo.

Non voglio che le faccia del male.

Io ho bisogno di poterla proteggere.

La voce gelida di Alex rimbomba nella stanza come succede nei teatri durante uno spettacolo, quando il protagonista pronuncia la frase finale dell'opera.
"Sei una povera illusa. La morte è solo la morte, non ha alcun senso né motivazione. Ed io giuro che ti farò capire cosa significa"

Il tutto avviene ad una velocità sconvolgente, in un attimo il vampiro aveva affondato i propri canini nel petto candido di Pandora.
Il mio urlo di rabbia di mescola con quello suo di dolore, una forza oscura si impadronisce del mio corpo.

Questa volta però non la ricaccio indietro, decido di abbandonarmi totalmente a quel senso di collera e odio che mi porto dentro dal momento in cui Lucifero mi ha raccontato la verità.
La mie ormai familiari ali nere mi compaiono sulla schiena stracciando il tessuto della maglietta, stringo i pugni con talmente tanta forza da sentire le unghia incidere la carne dei miei palmi.

Mi slancio in avanti e scaglio il corpo di Alex contro il muro, il vampiro si accascia inerme sul pavimento rovinando la parte di vernice su cui è atterrato.

Raggiungo il centro della stanza e giro la testa all'indietro per controllare se gli altri stiano bene.
Il petto di Pandora, coperto unicamente dal reggiseno scuro, è macchiato da schizzi di sangue vermiglio che spiccano sulla sua pelle bianca; mi guarda a sua volta, le sue iridi divenute cremisi la rendono bella e terribile al tempo stesso, come un'amazzone sterminatrice.

Scatto in avanti ad una velocità che non credevo di possedere fino a sovrastare interamente il corpo di Alex che lentamente riapre gli occhi; la sua espressione spaventata produce in me un senso soddisfazione mista ad estasi.
"Tu chi sei?" Domanda con voce spezzata.
"Gavriel, il figlio di Lucifero"
È la prima volta che non esito a dire il mio nome, sono il figlio del diavolo, ormai è inutile negarlo.
Accetterò quel che sono ed userò la mia forza solo per ciò che ritengo giusto.

Fisso il mio sguardo aureo nei suoi occhi demoniaci.
"E sono qui per distruggerti"

Lo afferro nuovamente per la maglietta rimettendolo in piedi a forza, senza dargli in tempo di rendersi conto di quello che stava succedendo lo colpisco in pieno viso con un gancio destro, sento le mie nocche scricchiolare: è come colpire una statua di marmo.
Alex si sbilancia sulla sinistra appoggiandosi con la schiena sul muro ed io ne approfitto per colpirlo con una ginocchiata dritta allo stomaco, lui si accartoccia in avanti tossendo convulsamente.

Pian piano la tosse si trasforma in una risata, una risata simile a quella che si sente provenire dalle celle dei manicomi.
Alex si alza di scatto scagliandosi verso di me per artigliarmi la gola con entrambe le mani, sento l'aria mancarmi dai polmoni e mi ritrovo schiacciato con la schiena sul pavimento; non una goccia di sangue o un livido rovina il suo volto scultoreo, solo il sangue di Pandora gli sporca le labbra rosee.

Sollevo le braccia afferrandolo per il mento, pur usando tutta la mia forza non riesco a spingerlo via; una delle mie mani trova il suo bulbo sinistro e senza esitare conficco con rabbia il pollice all'interno della sua sclera.
Alex urla di dolore, un liquido caldo mi cola lungo la mano e poi sull'avambraccio, è nero come il petrolio.

Inspiro profondamente quando il vampiro lascia la presa sul mio collo per premersi le mani sull'occhio ferito, ci metto qualche secondo per recuperare l'ossigeno perso.

Becoming Death, non sfidare la morteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora